Nazione: Francia
Anno: 1961
Durata: 90'


Il film narra due ore della vita di una cantante, prima di ricevere le analisi cliniche che confermano la sua imminente morte per cancro. Alle cinque del pomeriggio Cléo entra da una cartomante e le carte parlano di morte. Esce inquieta, ha paura. Attraversa lentamente Parigi: le vetrine che rispecchiano il suo giovane corpo e la riconciliano con la sua femminilit`; il caffè con i soliti personaggi disperati; il taxi; la strada; le notizie di guerra alla radio. A casa Cléo si distende un po'. Arriva l'amante, un signore ricco che va di fretta e non ha tempo di ascoltare le sue angosce; e subito dopo un'altra visita: il compositore e il paroliere, una coppia allegra che viene a presentarle la nuova canzone: "senza te". E improvvisamente la canzonetta diventa tragica, mentre l'orchestra si inarca e Cléo afferra la sua parrucca e se ne va. Sono le sei. (…)
Cléo cammina per strade familiari: Montparnasse, il Dôme. Ma Montparnasse le propone solo immagini mostruose e il Dôme è abitato dai tristi pittoreschi personaggi di sempre, chiusi nelle loro discussioni. Allora Cléo va a trovare una sua amica, modella in un atelier di moda. (…)
Agli alberi e alle acque del parco Montsouris la giovane donna affida il terzo tempo di questa sua ricerca. Qui incontra un giovane soldato che deve ripartire per l'Algeria (per la guerra) la sera stessa: un ragazzo aperto agli altri, alle loro pene, alla loro infelicit`: un fratello. Insieme a lui viene a sapere dall'ospedale che è veramente malata di cancro. Ma adesso Cléo quasi sorride: è come la fine dell'incertezza e della solitudine, l'inizio della vita. Sono le sette del 21 giugno 1961.

G.D. Curi
(Il cinema francese della Nouvelle Vague, Ed. Studium, Roma 1977)


(…) Be', è una ragazza che aspetta il risultato d'una analisi. Ha paura, va da una cartomante, questa le fa paura, quindi ha paura per tutto il tempo, senza dubbio fino al risultato dell'analisi, che deve sapere telefonando al medico la sera. La paura la decondiziona; oscilla continuamente tra la sua civetteria naturale, la sua femminilit`, la sua bellezza, che sono cose rassicuranti, e la paura che la turba, che in un certo senso la "sconnette"… Sta un po' in casa, dove trova un universo rassicurante, dove si recupera proprio tramite la sua civetteria, la sua femminilit`, poi prova una canzone con i musicisti e, nel corso del lavoro, una serie di eventi la reinnesta sulla sua paura. Si ritrova sola in strada: qui c'è una specie di documentario per met` su di lei e per met` su ciò che vede. Va al Dôme - documentario sul Dôme - mette un disco che ha registrato lei stessa, la gente non ascolta, e allora si mette a guardare questa gente. Avendo paura, vede in modo diverso, e vedendo in modo diverso, inizia a interessarsi. Diventa curiosa, se volete. All'inizio c'era della passivit` in lei. guardava in se stessa; ora diventa una sorta di sguardo attivo, ficca il naso dappertutto e, a seconda di quello che vede, la paura la riprende o no. Impara a prendere le distanze, Tutto ciò è poco sensibile, c'è appena un lieve scarto, bisognerebbe uscire da lei per arrivare a delle nozioni precise. Ora, il gioco è di non barare. Noi non sappiamo mai ciò che lei sa.

Agnès Varda
("Cinéma", n. 60, 1961)


Ha provato molta tenerezza per il personaggio?
No, direi della piet`, perché penso che sia terribile pensare alla morte, per una persona che non vi è preparata. Cléo è il tipo di personaggio per cui il pensiero della morte è una cosa così sorprendente che la spiazza del tutto; si sente allora portata a mettere in dubbio tutta la sua esistenza, i musicisti, Angèle, il suo amante, ed anche il suo mestiere di cantante. Cléo si trova sempre più abbandonata, fino al momento in cui incontra il soldato, che è davvero il tipo anodino per eccellenza; non si tratta affatto dell'incontro di due esseri eccezionali, né di fatalit`, né l'eravamo fatti per incontrarci". Chiunque lei avesse incontrato in quel momento l'avrebbe messa nel medesimo stato di comprensione, e capita proprio che si imbatta in un individuo che, per tutt'altri motivi, è altrettanto spiazzato (credo che un soldato, per la sua condizione, trovi difficile affrontare certi problemi). Tutti e due parlano dell'amore, egli le dice come vede le cose; il problema di Cléo è questo: realizza di non essersi mai data, non è mai esistita nella sua nudit`. Ed è per questo motivo che, in modo un più allegorico, egli ne parla e che l'amica di Cléo è una modella. L'idea della nudit` è richiamata visivamente per mezzo dell'amica, intellettualmente con il soldato e fisicamente per quello che le succede un'ora dopo. La malattia è come se la spogliasse, perché la malattia aggredisce il corpo.

A. Varda
("Positif", n. 44, 1962)


Questo lungo riassunto rende bene, credo, la ricchezza di umanit`, la profondit` psicologica di Cléo de 5 ` 7. Resta da segnalare la padronanza artistica con cui Agnès Varda ha trattato questo soggetto. Qui, nulla è lasciato al caso. Agnès Varda non conosce la spontaneit`. In lei tutto è voluto e mirabilmente concertato. Tutte le qualit` che i film precedenti lasciavano presagire sono qui in atto, ma a un livello di perfetta padronanza. Come sempre, in lei la fotografia e la qualit` plastica dell'immagine sono letteralmente affascinanti. Ma la stessa regia propriamente detta rivela una grande inventiva. La scena della prova, per esempio, è realizzata con campi molto ravvicinati (o, quando sono più lunghi, con la cinepresa sempre in movimento), che danno un ritmo stupendo a questa scena: veniamo così a scoprire la personalit` scherzosa dei due compositori, Cléo come cantante, e poi, con poche inquadrature e battute sferzanti come colpi di frusta, tutto il tenebroso retroscena dei rapporti tra Cléo e Michel Legrand, finché non esplode il dramma di Cléo, con un ritmo straordinario, pieno al tempo stesso di grazia e di efficacia drammatica. Più avanti, e particolarmente al Parc Montsouris, la macchina da presa, come se fosse stregata dall'ambiente, armonizza i suoi movimenti con il rilassarsi di Cléo, e si fa tenera, languida, mentre il ritmo del film assume un respiro pacato. Il magico ambiente della casa di Cléo, il fascino malizioso e tragico delle sue canzoni (le parole sono di Agnès Varda), il brio dell'interpretazione ci indicano che il talento di Agnès Varda è giunto rapidamente a una piena maturit`. Ancora un elemento notevole e raro: Agnès Varda non tenta di provare un messaggio, né di dimostrarlo, né di trasmetterlo, ma porta con sé un universo che si impone, suo malgrado, in tutte le sue immagini. (…)
In Cléo, realismo e ricercatezza si intrecciano sapientemente con finalit` molto consapevoli. Tutto quanto ruota attorno a Cléo, al suo viso, alla sua andatura, al suo modo di vestirsi, il suo appartamento è studiato e stilizzato al massimo, con alcune finezze poetiche, ma gli è di contrappeso un estremo rigore nell'esattezza dei più piccoli particolari, una rigorosa minuzia nella verit` dell'insieme. L'azione dura esattamente quanto il film. I percorsi seguiti sono sempre corrispondenti al vero. Le notizie alla radio sono proprio quelle del 21 giugno 1961. Un'intensa stilizzazione si sposa, al secondo grado, con il "cinéma-vérité": l'arte trae giovamento da questa sbrigliata poesia, edificata sulle solide fondamenta di un realismo intransigente.

Pierre Billard
("Cinéma", n. 66, 1962)


Il film di Agnès Varda si trova agli antipodi de L'anno scorso a Marienbad. L` dove Alain Resnais ci ha offerto un capolavoro d'una bellezza concertatissima e d'un estremo artificio, Agnès Varda ci presenta un capolavoro di libert` tecnica e di leggerezza. Al poema altezzoso di Robbe-Grillet succede il linguaggio quotidiano più banale, più vivo. Tra Marienbad e Cléo c'è tutta la distanza che separa il freddo dal caldo. Mi piace lanciare ponti tra cinema e letteratura: e dirò senza esitare che Cléo de 5 ` 7 mi sembra importante quanto ha potuto esserlo, nell'ordine del romanzo, La signora Dalloway o Gita al faro. Agnès Varda, o la Virginia Woolf del cinema moderno. (…)Clio de 5 ` 7 è un film sulla paura della morte. Paura intermittente, che arriva a ondate, e lascia spazi di noncuranza, d'allegria. Ma l'ossessione del Tempo, rianimata in Cléo dalla vista di un orologio o da un segno qualsiasi, mantenuta nello spettatore attraverso furtive didascalie - 5 e 18, 5 e 23 - ci rigetta nell'angoscia, mentre rigetta Mo nella passeggiata crudele che fa attraverso la citt` per "ammazzare il tempo" fino al risultato, forse mortale, dell'analisi medica. Sotto l'azione di questa paura Cléo diviene teatro di una specie di ascesi. L'impiego del tempo determina una modificazione: Mo era una graziosa bambola di music-hall, capricciosa, civetta, perfettamente egoista - le informazioni recitate dalla radio nel taxi (Algeria, putsch, agitazioni varie, sciagure innumerevoli) si urtano con la sua totale indifferenza. Ecco che l'inquietudine obbliga la ragazza a uscire da se stessa. La modificazione comincia indubbiamente dal momento in cui Cléo si strappa la parrucca di attricetta e scende nella strada. Finalmente vede gli altri perché, forse attenta per la prima volta, li osserva, li capisce. Che incredibile differenza! "Oggi tutto mi sorprende", dice; "l'aspetto della gente, e anche il mio". Nel tradurre il barbaglio, i mille riflessi, le bizzarrie effimere della strada, il dilagare delle conversazioni inutili, tutto quello che il flusso di una folla cittadina si porta appresso, l'arte di Agn6s Varda mi è parsa senza confronti. (…) In mezzo a quella folla. Mo abbandona il suo nome teatrale, e ridiventa Florence. Ragazza finora mantenuta, conoscer` la sincerit` dell'amore? La "verit`" degli alberi e dell'acqua (anche se si tratta d'un parco pubblico), la franchezza semplice del giovane soldato che deve partire per l'Algeria, (è dunque anche lui, forse, atteso dalla morte), trasformano Cléo. E se, alla fine della sua attesa, non ha più paura, non è tanto perché il dottore le ha promesso la guarigione, quanto perché adesso esiste anche per lei un altro.

J.L. Bory
("Arts", 17 aprile 1962)

Biografia

regista

Agnès Varda

FILMOGRAFIA

LA POINTE COURTE (1954-55)

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Agnès Varda.
Fotografia: Jean Rabier.
Scenografia: Bernard Evein.
Montaggio: Janine Verneau.
Musica: Michel Legrand (canzoni di Michel Legrand e Agnès Varda).
Interpreti e personaggi: Corinne Marchand (Cléo), Antoine Bourseiller (Antoine), Dorothée Blarick (Dorothée), Dominique Davray (Angèle), Michel Legrand (Bob), José-Luis de Villalonga (l'amante di Cléo), Robert Postec, Lucienne Marchand.
Produzione: Georges de Beauregard Rome-Paris-Films.
Distribuzione: Athos Films.
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