Nazione: URSS
Anno: 1969
Durata: 205'


Un prologo, otto episodi e un epilogo sulla vita del pittore di icone Rublëv (13701430 ca.). Nel prologo si assiste a un fallito tentativo di volo umano. Nel primo episodio, Andrej Rublëv va a Mosca insieme ad altri due monaci (Kirill e Danil il nero). Durante il viaggio assistono a una festa popolare. Il secondo episodio mostra la discussione fra Kirill e il famoso pittore di icone Teofane il greco. Vi sono pareri discordanti sul modo di giudicare l'uomo; Teofane considera l'uomo come avversario di Dio, mentre gli altri vedono Dio e l'uomo uniti nell'armonia del mondo. Teofane alla fine sceglie non Kirill ma Rublëv come suo collaboratore. Il terzo episodio si impernia su una discussione fra Teofane e Rublëv in un bosco, sulla maniera di dipingere la Passione di Cristo. Il quarto episodio è una festa notturna che si svolge sulle rive di un fiume per celebrare l'arrivo della primavera. Rublëv, che assiste di nascosto al rito pagano, è scoperto e legato a un paio: una ragazza nuda gli si avvicina per tentarlo. Il quinto episodio vede Rublëv e Danil lavorare a un Giudizio Universale in una chiesa. Il metropolita gli d` indicazioni ch'egli rifiuta, mentre fuori barbari armati fanno stragi. Una giovane sordomuta entra in chiesa. Nel sesto episodio i tartari conquistano la citt` e massacrano gli abitanti. Ad essi si sono alleati i russi ribelli. Nella cattedrale Rublëv sta dipingendo. Entrano gli invasori. Per salvare la sordomuta, Rublëv è costretto a uccidere un russo. Più tardi sogna il maestro Teofane e gli dice che, per espiare il delitto, non dipinger` e non parler` più. Il settimo episodio, quattro anni dopo, vede Rublëv nel convento, dove la sordomuta lo ha seguito. L'arrivo dei tartari li costringe a fuggire. L'ottavo episodio si svolge dopo undici anni, durante i quali Rublëv ha vagato senza far nulla. Il principe cerca qualcuno che sappia fondere campane. Si presenta un ragazzo. Boriska, che, sotto gli occhi stupefatti di Rublëv, fonde la sua prima campana, in maniera perfetta. Per Rublëv è come una rivelazione: comprende che deve riprendere a dipingere, per recare conforto al popolo che soffre (così come la campana di Boris ha fatto). Riparte con il ragazzo. L'epilogo, a colori, passa in rassegna gli affreschi e le icone del grande pittore. Si ode un tuono. Alcuni cavalli pascolano sotto la pioggia.

Fernaldo Di Giammatteo, Dizionario universale del cinema, Ed. Riuniti, Roma 1984, p. 39


Prima che comincino sullo schermo le avventure di Rublëv, monaco e pittore d'icone, la sequenza iniziale, folle, affannata, ci mostra un monaco che inventa una mongolfiera, "Volo! Volo!", esclama. Si crede angelo e gli altri lo credono diavolo, ed ecco che cade giù sfracellandosi al suolo fra la sua gente mentre un cavallo, libero, meravigliosamente nudo, si rotola nell'erba, e l'immagine, rallentata, mette in evidenza il gioco dei muscoli, lo trasforma in un grido cantato, in un sospiro disteso. Allora può cominciare la storia di Rublëv: è, sublimamente contratto, il destino di ogni artista, uomo fra gli uomini, che se si stacca dalla terra e dai suoi liberandosi dalla schiavitù della pesantezza, non lo fa per dimenticarli ma per meglio cantarli. Questa idea non ci abbandona un attimo fino all'apoteosi dell'ultima inquadratura, perfetta nella sua limpidezza [...]. L'artista, in Andrej Rublëv, interpreta fino in fondo il proprio ruolo di testimone e anche questo fa parte del discorso di Tarkovskij. Per quanto l'artista possa sperare di essere svincolato dal suo tempo, egli non potr` mai fare a meno di essere per la propria epoca il testimone delle speranze o dei terrori del proprio tempo. Rublëv dipinge delle icone, ma il modo in cui le dipinge esprime il suo giudizio sui suoi contemporanei e quel che lui si aspetta dagli uomini. È in questa dimensione che Rublëv agisce, che l'artista agisce; ed è in questa dimensione che può o non può raggiungere la "santit`", e il martirio.
Ed è a questo punto che Tarkovskij si stacca da quel realismo storico che rischia di relegare l'educazione spirituale di Rublëv in un passato ormai compiuto. La biografia di un pittore di icone nella Russia del quindicesimo secolo diventa la storia dei rapporti di ogni artista con il suo mondo; e i vari episodi del film acquistano una collocazione e un senso in funzione di questa educazione spirituale di ogni artista di qualsiasi epoca, e naturalmente di conseguenza di un artista sovietico nel 1969.
Incontro di Rublëv con l'arbitrariet` e la violenza del potere. Incontro di Rublëv con i peggiori orrori della guerra, con la tortura, io stupro, il saccheggio, il massacro. Incontro di Rublëv con la fame e la miseria. Incontro di Rublëv con la rivalit` fra artisti, la gelosia, l'odio di chi non ha talento per chi ne ha. Incontro con il pessimismo di alcuni artisti e il loro disprezzo per un popolo barbaro che su questa terra non merita altro che terrore e punizione. Incontro con l'amore nella sua forma più pagana, più carnale (straordinarie sono le sequenze di una festa notturna, dove dei corpi nudi si bagnano e si amano in assoluta libert`). Incontro di Rublëv con la sofferenza degli umili (è il popolo che viene crocefisso, crocifissione di ogni istante, immaginata da Rublëv e interpretata da Tarkovskij come una prodigiosa "passione" che si svolge nella neve). Incontro con l'innocenza ingannata, con l'ingiustizia, con l'amicizia. Attraverso lutti, massacri, miserie ma anche attraverso il calore umano e le stagioni della terra, Rublëv rafforza la propria fede. Una fede scaturita dalla scoperta che l'uomo (l'artista) non è un pezzo unico, isolato, ma la maglia di una catena che, da maestro a discepolo, si snoda attraverso le et`, non tanto per trasmettere tradizioni e parole d'ordine, quanto per passare da uno all'atro il fuoco, questa stessa fede.
Sorprendente di forza e di bellezza è l'ultimo episodio con il quale Tarkovskij raccoglie, riassume il suo film, e nello stesso tempo rende chiara la certezza (la "santit`") alla quale Rublëv, invecchiato, è giunto giungendo alla fine del suo itinerario interiore e delle sue tribolazioni "storiche". Quest'ultimo episodio si chiama "La campana". Si tratta di fondere una campana il cui suono sveglier` la Russia occupata dalle orde dell'Asia. Ma la peste, i Tartari, la fuga hanno fatto scomparire i fonditori di campane. Resta un ragazzo, figlio di un fonditore morto. Poiché lui possiede il fuoco (se non i segreti di fabbricazione del padre) e questo fuoco lo aiuta a rendere gli altri partecipi della sua convinzione, poiché il genio individuale non serve a niente senza lo sforzo di tutti e tutti finiscono per concorrere all'opera, la campana del piccolo fonditore dar` un suono puro, sveglier` la Russia dal suo incubo. Meglio: strapper` Rublëv al silenzio e all'inazione a cui si era condannato vinto dall'orrore per la sua epoca e dal disgusto verso l'uomo, insieme belva e maiale. [...]
A tre riprese il movimento rallentato ci avverte di guardare oltre le apparenze. È l'unica indicazione che ci fornisce Tarkovskij. Resta a noi scoprire come Tarkovskij, per trascendere la storia, sfrutta fino in fondo quel teatro della pelle che è il viso e che non appartiene a nessuna epoca dal momento che lo è di tutte; sia che abbandoni il primo piano (come per il monaco volante della sequenza iniziale): piano generale ripreso dall'alto che non d` tanto la distanza quanto la presa di un paesaggio che comprende la terra e gli uomini in un movimento sia negativo (la paura, la violenza) che positivo (la festa, il lavoro); sia che con il montaggio insista su un'intima interpretazione dell'uomo e della natura, bestie, alberi, stagioni, arrivando fino a far scendere una nevicata di semi di pioppo nella chiesa in segno d'armonia, e nello stesso tempo in segno premonitorio della catastrofe quando, nella chiesa saccheggiata, la vera neve cadr` sui cadaveri e sulle rovine. Di un film simile si dovrebbe parlarne inquadratura per inquadratura: quando il cinema arriva a tanto, è bello quanto la Nona o la Sepoltura del conte d'Orgaz.
Andrej Rublëv è in bianco e nero; ed è giusto perché il suo è un faticoso progredire interiore; di Rublëv, all'inizio, conosciamo solo il lavoro, il sogno e l'attesa, ed è un'idea geniale mostrarci al posto di una cattedrale illuminata come un libro d'ore quale noi ci aspettavamo, una bianca chiesa come la pagina vergine con la quale il poeta dovr` battersi.
È al termine della strada, alla fine del film, che il colore esplode. Finalmente le contempliamo queste icone. Ma senza catalogo. Senza commento. Restiamo a contatto della materia con il naso sulla pasta e sul segno del pennello, su questo rosso, questo oro divenuti noi stessi, artisti in preda al lavoro e al "fuoco". E quando alla fine indietreggiamo, lo facciamo per guardare un viso. Il viso di Dio, senza dubbio, ma fatto uomo. La musica tace. Il coro degli angeli ha fine. Ora tocca al temporale, al suo boato e al fresco scrosciare della pioggia verso la quale Tarkovskij gira il nostro ultimo sguardo: pioggia che feconda la terra sotto gli zoccoli dei cavalli nudi che si scrollano e dei quali l'acqua del cielo bagna i muscoli liberi.

JeanLouis Bory, Rublëv e la Santa Russia, "Il dramma", n. 1, gennaio 1970

Biografia

regista

Andrej Tarkovskij


FILMOGRAFIA

Ubijtsy (Gli uccisori, coregia/codirector Alexander Gordon, Marika Beiku, cm, 1958), Segodnja uvolnenija ne budet (Non cadranno foglie stasera, coregia/codirector Alexander Gordon, cm, 1959), Katok i Skripka (Il rullo compressore e il violino, cm, 1960), Ivanovo detstvo (L’infanzia di Ivan, 1962), Andrej Rublëv (id., 1966), Soljaris (Solaris, 1972), Zerkalo (Lo specchio, 1975), Stalker (id., 1979), Tempo di viaggio (coregia/codirector Tonino Guerra, 1983), Nostalghia (id., 1983), Offret (Sacrificio, 1986).

Cast

& Credits

Regia: Andrej Tarkovskij.
Soggetto e sceneggiatura: Andrej Tarkovskij, Andrej MikhalkovKoncalosvkij.
Fotografia: Vadim Jusov.
Musica: Vjaceslav Ovcinnikov.
Scenografia: Evgenij Cernaev.
Montaggio: G. Natanson.
Interpreti e personaggi: Anatol Solonitzyn (Andrej Rublëv), Ivan Lapikov (Kirill), Nikolaj Grinko (Danil, il nero), Nikolaj Sergeev (Teofane, il greco), Irma Raukh Tarkoskaja (la sordomuta), Nikolaj Burljaev (Boriska), Rolan Nykov (il buffone), Nikhail Kononov (Fromka).
Produzione: Mosfil'm.
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