Nazione: Kazakhistan
Anno: 1967
Durata: 78'


Il dramma dei cinque personaggi dell'ultimo film di Jerzy Skolimowski, Rece do góry, si svolge nei pochi metri quadrati di un vagone merci carico di sacchi di gesso. Il regista ha realizzato questo lavoro in forma definitiva dopo non poche esitazioni. Di uno spessore drammatico quasi insostenibile, insolita e nello stesso tempo realistica, bizzarra e patetica, piena di sarcasmo e di tenerezza, questa visione pare essere l'opera più matura e più importante del giovane regista polacco. Probabilmente si tratta anche del più bel film polacco dopo Ceneri e diamanti, al quale somiglia per il tono passionale e per la dimensione morale conferita a una vicenda pressoché banale.
In occasione dell'anniversario di laurea, alcuni medici quarantenni si ritrovano per festeggiare la loro felice carriera. Ma tra loro c'è un guastafeste, Andrzej, interpretato dallo stesso Skolimowski (che in questo modo continua a dar vita al personaggio dei suoi precedenti film, Rysopis, Walkover, Barriera); giocando d'astuzia, egli fa salire su un vagone quattro amici, tra cui una donna, ed invita i suoi ex compagni, in preda all'alcool e all'euforia della festa, a un impossibile viaggio non ben definito, in campagna, alla ricerca di un altro vecchio amico, che, diventato medico di uno sperduto villaggio, non ha potuto andare alla festa. Questo viaggio materialmente non avverr` (del resto questo misterioso amico non esiste proprio) ed essi resteranno chiusi nel vagone merci fino al mattino dopo. Ma quel che accadr` sar` un viaggio allucinante che li condurr` al fondo delle loro aspirazioni e delle loro esistenze. In apparenza sono tutti medici di successo, persone che ispirano fiducia, naturalmente non prive di debolezze, ma di poco conto. Tuttavia, nel corso di quel viaggio immaginario, saranno messi a nudo da una serie di buffi e tragici incidenti. Verranno accusati di egoismo, conformismo, vilt`, cinismo, di "aver messo su pancia". Con alcuni flashback di commovente semplicit` sar` evocato anche il loro passato di studenti; in un momento difficile, quello degli anni '50, erano come sono ora, anche se il loro aspetto esteriore è molto cambiato: vili, conformisti e cinici.
Levato l'atto di accusa, fornite le prove di colpevolezza, ecco la sentenza: la paura cui sono eternamente condannati. La paura di perdere i privilegi, per quanto piccoli possano essere; la paura quasi biologica di veder svanire il proprio equilibrio; la paura di sapere la verit` su loro stessi. Questa paura fa si che prendano sul serio l'incredibile paradosso del loro accusatore. Con delle associazioni di idee e delle frasi provocatorie, questo vagone sbarrato inizia improvvisamente a identificarsi con i vagoni su cui i loro fratelli maggiori e i loro padri hanno fatto l'ultimo viaggio verso i forni crematori. Fino al terribile colpo di scena, il momento più violento e più significativo del film. Poi viene il mattino, un ferroviere apre lo sportello, loro si rimettono a posto gli abiti sporchi di gesso, si lavano, risalgono sulle automobili. "Non sono stato troppo patetico?", chiede Andrzej alla sua vecchia amica, ora moglie del medico arrivista. Un film duro, violento, aggressivo, di rara bellezza di immagini, di un simbolismo ricco, ma mai gratuito. Una testimonianza sulla disperazione? O forse piuttosto un grido d'allarme, un appello vibrante a rispettare i più elementari valori morali, sociali e spirituali. Nonostante sia il risultato della riflessione su alcuni casi specifici di un'epoca ben precisa, è evidente che il film assume un significato universale. Conformisti, vili, arrivisti di tutto il mondo: Mani in alto!

Boleslaw Michalek, Haut les mains!, "Cinéma" n. 122, gennaio 1968


Reputo il film che ho fatto nel 1967, Rece do góry il migliore e quello più "mio".
Ritiene di lavorare in conflitto con la societ`?
Dopo "Rece do góry", sì.
Per via delle reazioni del governo polacco o per la concezione stessa del film?
Per come l'ho fatto e per come è stato accolto. Il film è una pesante provocazione che io, in quanto regista, ho voluto buttare in faccia alla societ`. E non solo a quella polacca, ma a quelle di tutto il mondo. Lo sento come un'accusa che lancio con violenza alla mia generazione, quella dei trentenni che, pur essendo ormai adulti, si ritrovano con un pugno di mosche in mano. È questa la generazione che ha alzato le mani, perché inerme e priva di spirito di iniziativa. E anche inattiva in un certo senso.
Pensa che una generazione così esista in tutto il mondo?
Sì. È un problema molto delicato. Se sapessi dare fondamento teorico a questo discorso, scriverei un saggio, un libro, un intervento politico. Ma non ne sono capace e così faccio film. Questo in particolare rappresenta un concentrato di problemi della generazione di cui stiamo parlando, sia,nei rapporti che i singoli hanno con se stessi che con l'esterno. È la generazione che ha inventato l'happening come forma di spettacolo. E nel mio film, faccio vedere un happening, ma non come manifestazione esteriore bensì come qualcosa di molto profondo, un happening psicologico. Vorrei parlare di una scena in particolare. C'è un gruppo di persone completamente ubriache che saltano su un treno, una carrozza merci. Il vagone è pieno di gesso. Loro sono tutti in frac perché vengono da un grande ballo. Si rotolano nel gesso. Uno di loro ne rimane coperto dalla testa ai piedi. Sono tutti medici. Si potrebbe pensare a una scena sadica, ma non lo è, perché quello che interpretano è il loro passato. L'uomo ricoperto di gesso è quello che durante lo Stalinismo era succube di quelle idee e probabilmente aveva quel minimo di potere politico che gli consentiva di fare soprusi […].
In "Rece do góry" non pensa di aver sviluppato alcune delle idee gi` espresse con Goldberg e Polanski in "Il coltello nell'acqua", in cui critica la borghesia compiacente?
La fermo subito. Rece do góry non è paragonabile a nessun altro film. Mi spiace, ma è la mia creatura, il mio figlio prediletto e non può assomigliare a nessun altro bambino al mondo.
Ha qualcosa da dire sul fatto che il film sia stato ritirato da Venezia?
Credo che in parte la responsabilit` sia anche mia, perché ho avuto una grande dimostrazione di fiducia da parte dello Stato. Non ho mai fatto leggere la sceneggiatura a nessuno, avevo dato soltanto un'idea generale di come sarebbe stato il film. Avrei dovuto capire da solo che certe cose non sarebbero mai potute passare. Non l'ho fatto e adesso ne pago le conseguenze.
Quali sono le scene poco gradite al governo polacco?
Non ci sono scene in particolare, si tratta di tutta la temperatura del film. È la temperatura bollente di cui è pervaso dall'inizio alla fine. Spero di poter ridiscutere la cosa con i censori e forse chiss`. Alcuni personaggi di potere in Polonia mi hanno detto che un grande film è sempre un grande problema. […].

Jerzy Skolimowski, A Conversation with the Young Polish Director, "Film Comment", autunno 1968


Il 31 dicembre 1966 mi ricordai all'improvviso di aver firmato un contratto per una sceneggiatura televisiva, per cui avevo ricevuto un anticipo. Se non l'avessi spedita entro quel giorno, avrei dovuto restituire la somma. Andrzej Kostenko mi dette una mano: la sera buttammo giù una prima versione. Non vinsi il concorso, a non dovetti rendere i soldi. Qualche mese dopo vennero fuori milioni di zloty per fare un film, il mio progetto rientrava appunto in quei margini. Mi misi d'accordo con Witold Sobocinski e Kostenko: in ventidue o ventitré giorni girammo il film, completando la bozza di sceneggiatura con l'improvvisazione, tirando fuori quello che avevamo in testa, nel cuore, quello a cui allora pensavamo.
Allora, nel 1967, non mi fu detto perché il film non andava bene, perché era stato bloccato dalla censura. Io cercai di bussare a varie porte, ma venivo regolarmente ricevuto solo dalle segretarie. Alla fine mi si attaccarono alle calcagna certi figuri, ebbi dei problemi: così dovetti rinunciare a combattere. Nel cercare di sbloccare il film giocai la carta più grossa, dissi che fino a quando non sarebbe stata risolta la faccenda di Rece do góry, io non avrei più girato un film in Polonia. Non pensavo allora che sarebbe finita come poi davvero è finita.
Certo il film è stato ripescato di nuovo dopo la telefonata del ministro della cultura alla mia galleria d'arte a Londra. È stata una sorpresa notevole, il film non l'avevo visto da molto tempo. Così sono tornato a Varsavia: molti momenti del film non mi piacevano più, ho tolto così vari episodi ma vi garantisco che non ho lasciato da parte nulla di importante.
Il motivo per cui ho aggiunto delle scene è semplice. Non volevo subire passivamente il fatto che a qualcuno un giorno era venuto in mente di battermi sulla spalla. La forma attuale del film l'ho scelta pensando ad un diario, dove ci fossero le annotazioni sia del passato, sia di quello che accadeva vicino a me nell'aprile 1981. Mi sembrava che solo la forma del diario avrebbe potuto dare qualcosa.
È il film più sincero della mia vita.
Ne ricorderò le prime parole: "il mio mestiere è fare del film". Questo film ha aspettato a lungo prima di essere proiettato, il tempo ha compiuto molte manipolazioni. Ora tocca a noi. […]

Jerzy Skolimowski, dichiarazioni raccolte da Anna Koscielecka, "Glos Wybrzeza", n. 186, 1981

Biografia

regista

Jerzy Skolimowski

(Lodz, Polonia, 1938), regista, sceneggiatore, produttore e attore, dopo studi irregolari ed esperienze come pugile e poeta, si avvicina al cinema grazie ad Andrzej Wajda, che lo spinge a iscriversi alla Scuola di cinema di Lodz. Scrive con Polanski la sceneggiatura di Il coltello nell'acqua (1962) ed esordisce nella regia con Rysopis - Segni particolari nessuno (1964), che con il successivo Walkower (1965) lo rivelano come una delle più grandi personalità della Nouvelle Vague internazionale degli anni '60. Nel 1967 con Il vergine vince l'Orso d'oro a Berlino, ma nello stesso anno si vede proibire dalla censura un altro film, Mani in alto (che uscirà solamente nel 1981) spingendolo a non realizzare più film nel suo Paese. Ricca di avventure produttive rischiose e grandi capolavori, la carriera internazionale di Skolimowski si svolge attraverso diversi paesi (Cecoslovacchia, Italia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti): dopo l'insuccesso di Un ospite gradito per mia moglie trascorre tra l’Inghilterra e la Polonia un lungo periodo di inattività, a cui segue il grande successo dei film inglesi L'australiano (1978) e Moonlighting - Cittadini di nessuno (1982). Nel 1985 dirige il suo primo film interamente americano, Lightship - La nave faro, e si trasferisce negli Stati Uniti. Di ritorno nel suo paese, gira nel 1991 il primo film polacco dopo Mani in alto, Thirty Door Key/Ferdydurke, e prosegue poi negli anni a lavorare nel cinema, scrivendo e producendo il film dei due figli Józef e Michal The Hollow Men (1993). Dopo una lunga assenza dal cinema è tornato a dirigere un film nel 2008 con Quattro notti con Anna, presentato alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes, a cui sono seguiti Essential Killing (2010), Premio speciale della giuria a Venezia, 11 minuti (2015) e EO (2022), premio della giuria a Cannes.

FILMOGRAFIA

Rysopis (Rysopis - Segni particolari nessuno, 1964), Walkover (1965), Bariera (Barriera, 1966), Le Départ (Il vergine, 1967), The Adventures of Gerard (Le avventure di Gerard, 1970), Deep End (La ragazza del bagno pubblico, 1970), König, Dame, Bube (Un ospite gradito... per mia moglie, 1972), The Shout (L'australiano, 1978), Ręce do gory (Mani in alto, 1981), Moonlighting (Moonlighting - Cittadini di nessuno, 1982), Success Is the Best Revenge (Il successo ad ogni costo, 1984), The Lightship (Lightship - La nave faro, 1985), Torrents of Spring (Acque di primavera, 1989), Thirty Door Key/Ferdydurke (1991), Cztery noce z Anną (Quattro notti con Anna, 2008), Essential Killing (id. 2010), 11 minut (11 Minutes, 2015), EO (2022).

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Jerzy Skolimowski.
Fotografia: Witold Sobocinski.
Scenografia: Jerzy Skolimowski, Jaroslaw Switoniak.
Musica: Krzysztof KomedaTrwinski.
Montaggio: Zdzislaw Plorecki.
Interpreti e personaggi: Jerzy Skolimowski (Andrzej Leszczyc), Joanna Szczerbic (Alfa), Adam Hanuszkiewicz (Wartburg), Tadeusz Lomnicki (Trabant), Bogumil Kobiela (Rekord).
Produzione: "Syrena".
Nella primavera del 1981 Skolimowski ha aggiunto un prologo girato a Varsavia, Beirut e Londra.
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