Nazione: Italia
Anno: 1949
Durata: 90'


Daniele, giovinetto di 16 anni, scappa dal collegio dopo un bombardamento catastrofico, per vedere i suoi. Egli trova la sua casa distrutta ed apprende che i suoi genitori sono morti. Ormai solo al mondo, mentre s'attarda disperato tra le rovine, viene avvicinato da Tullio. Costui è un giovinastro, che vive in una zona abbandonata, dove insieme con certe ragazze, s'è sistemato in un ricovero. Accettando il suo invito, Daniele s'accompagna a lui e impara a conoscere Carla, una ragazza diciottenne, che fa la "segnorina", Giulia, più giovane e malata di petto, e una bambina, Maria. Daniele si rifiuta di seguire Tullio nelle sue imprese ladresche e preferisce aiutare Giulia nelle sue cure di massaia. Giulia gli s'affeziona; ma anche Carla è attratta dalla sua fresca giovinezza. Quando Tullio, nel suo cinismo, lo sprona a lasciare ogni scrupolo, Daniele cede agl'inviti di Carla, procurando un grosso dolore alla povera Giulia. In una spedizione notturna, Tullio viene ucciso dagli agenti. La notizia scuote profondamente Daniele: mentre vaga per la citt` s'imbatte in un amico di famiglia, che gli procura del lavoro. Intanto Giulia, aggravatosi il suo male, muore. Daniele ne è così profondamente addolorato che decide d'uccidersi. Impeditone da Carla, si separa da lei, per seguire nel mondo, la sua via.

Segnalazioni cinematografiche C.C.C., vol. XXVII, 1950


Avevo scritto integralmente una sceneggiatura ambientata durante la guerra. "No, basta con la guerra, la gente non ne può più", dissero i produttori. Allora accettai il consiglio del tizio che si occupava di questa organizzazione il quale mi disse: "Ma perché non fai una cosa che può anche riguardare quel momento ma che comunque è diversa, particolare, dato che trascende la guerra in sé e per sé; mettiamo: perché non fai Il cielo è rosso di Berto?".
Confesso che non avevo letto il romanzo. Appena lo lessi non ebbi dubbio alcuno, dissi: "D'accordo, è splendido".
Ci mettemmo sei mesi a sceneggiarlo e riuscii a ottenere la clausola contrattuale che lo avrei cominciato e ultimato quando avessi ritenuto che davvero era finito, senza limiti di tempo.

Claudio Gora in L'avventurosa storia del cinema italiano, a cura di F. Faldini, G. Fofi, Feltrinelli, Milano 1979


Glaudio Gora ha affrontato uno dei problemi più gravi dell'immediato dopoguerra, senza sapergli dare una risposta. Eppure, non si può dire davvero che l'abbia affrontato con leggerezza.
Appoggiandosi a dialoghi del commediografo "d'avanguardia" Leopoldo Trieste (micidiali per il cinema), e ad un commento musicale che, dal principio alla fine, sembra abbia per scopo di spaventare il povero spettatore, il novello regista ha adoperato la "formula" dei film cosiddetti neorealisti, ambiziosamente mirando a cavare effetti poetici da una realt` che non è tale ed eccedendo nelle ricerche intellettualistiche, insistenti e monotone.
Che cosa non trover` la massa del pubblico nel film italiano Il cielo è rosso? Anzitutto, non trover` il film italiano. Trover` una vicenda ambientata in un paese imprecisato, su cui è passata una guerra devastatrice, della quale non si dice assolutamente nulla. In tal modo, le macerie che riempiono il film sembrano eterne; sembra cioè che su questa terra non esistano altro che macerie, condizione necessaria per fare smaniare alcuni personaggi ai limiti più bassi dell'esistenza umana, ma tuttavia imprecisati quanto il luogo dell'azione.
Il tema del film è di grande importanza: è il problema della gioventù travolta dalla furia della guerra. Purtroppo qui cominciano i guai, perché, non basandosi su elementi di fatto la polemica che ne risulta è astratta e di nessuna utilit`. Non si ha la denuncia delle conseguenze della guerra, ma la descrizione compiaciuta, opprimente e macabra di alcune brutture semipatologiche [...].

U.C. [Ugo Casiraghi], "L'Unit`", 30 giugno 1950


Il film d'esordio nella regia dell'attore Claudio Gora è una fedele trascrizione del romanzo di Berto, corretta e cinematograficamente pregevole, accurata, che dimostra nel suo autore una maturit` di linguaggio gi` raggiunta, ma che si rivela inutile perché esteriore allo spirito del romanzo più ancora che ai fatti narrati. La crisi di una generazione sopravvissuta alla guerra, simboleggiata nella figura di un giovane che decide di ricominciare altrove la propria vita (nel romanzo invece si suicidava), è seguita passo passo da una cinecamera che registra i fatti e, magari, le reazioni dei personaggi, ma che si rivela incapace di giustificarli sul piano dell'espressione artistica, di dar loro una ragione non puramente figurativa. Ed è un peccato, perché la narrazione è corposa, lo stile sciolto, e avrebbe potuto dar luogo a un'opera che, come il romanzo cui si ispira, affonda le sue radici in un'analisi acuta della crisi di valori della societ` uscita dalla guerra.

Gianni Rondolino, Catalogo Bolaffi del Cinema Italiano, vol. 1, Torino 1967

Biografia

regista

Claudio Gora

Cast

& Credits

Regia: Claudio Gora.
Soggetto: dal romanzo omonimo di Giuseppe Berto.
Sceneggiatura: Claudio Gora, Giuseppe Santilli, Leopoldo Trieste, Cesare Zavattini.
Fotografia: Vaclav Vich.
Scenografia: Arrigo Equini.
Musica: Valentino Bucchi.
Montaggio: Giancarlo Cappelli.
Interpreti e personaggi: Marina Berti (Carla), Misha Auer jr. (Daniele), Anna Maria Ferrero (Giulia), Jacques Sernas (Tullio), Lauro Gazzolo (il calzolaio), Liliana Tellini (Nora).
Produzione: Acta Film.
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