Nazione: Francia
Anno: 1962
Durata: 85'


La vicenda è quella di una giovane commessa di un negozio di dischi. Vorrebbe - anche lei - fare del cinema, ma il problema più assillante è quello del denaro. Nessuno è disposto a concederle un prestito, finisce per essere messa alla porta dalla sua affittacamere. Comincia ad essere compiacente con chi le fa delle promesse, e quasi senza accorgersi si trover` dedita alla prostituzione, nelle camere a ore di certi alberghi. Incontra Raoul, un protettore, che fornisce con voce distaccata, come in un'inchiesta giornalistica, dati ed informazioni sul mondo della prostituzione. Una delle leggi di questo mondo è che la ragazza debba "lavorare" per qualcuno, e Nana diventer` propriet` di Raoul. Fra i molti clienti incontrer` anche un giovane che le piace, ma Raoul non ammette altro rapporto che quello di lavoro. Alla fine decide di "cederla" ad un'altra organizzazione, ma al momento del passaggio al nuovo protettore fra i due uomini sorge una disputa sul prezzo. Vi è uno scambio di colpi d'arma da fuoco: l'unica a restare colpita è Nana, che rimane a terra, stesa sull'acciottolato, mentre gli uomini si allontanano sulle loro auto.

A. Farassino
(Jean-Luc Godard, La Nuova Italia, Firenze 1974)


Al momento di fare Vivre sa vie da che cosa partiva?
Non sapevo esattamente quel che avrei fatto. Preferisco cercare qualcosa che non conosco piuttosto che fare meglio qualcosa che gi` conosco. In realt`, il film è stato realizzato al primo colpo, come se fossi trasportato, come un articolo scritto di getto. Vivre sa vie ha rappresentato per me l'equilibrio che d'un tratto ci fa sentir bene nella vita, per un'ora, un giorno o una settimana: Anna, a cui va un sessanta per cento del merito del film, era un po' scontenta, perché non sapeva esattamente ciò che avrebbe fatto. Ma è stata talmente sincera nella sua volont` di recitare una parte che alla fine è stata questa sincerit` a fare la parte. Quanto a me, senza sapere esattamente quel che avrei fatto, ero talmente sincero nel mio desiderio di fare il film che, fra tutti e due. ci siamo riusciti. Abbiamo ritrovato alla fine quel che avevamo messo all'inizio. Mi piace molto cambiare attori; ma con lei lavorare insieme è qualcosa di diverso. Credo che per la prima volta essa sia stata assolutamente cosciente dei propri mezzi e li abbia utilizzati. La scena dell'interrogatorio in Le petit soldat, per esempio, è fatta alla Jean Rouch: lei non sapeva quali domande le sarebbero state fatte. Qui invece ha recitato un testo come se non conoscesse le domande. Alla fine, si ottiene altrettanta spontaneit` e naturalezza.
È una sorta di "stato secondo", ad aver fatto il film, e Anna non è la sola ad aver dato il meglio di sé. Coutard ha fatto la sua migliore fotografia. Quel che mi sorprende, rivedendo il film, è che sembra il mio film più composito, mentre per me non lo era affatto. Ho preso un materiale bruto, dei ciottoli perfettamente levigati che ho messo gli uni accanto agli altri, e questo materiale si è organizzato. E poi - cosa che mi colpisce solo ora - generalmente facevo attenzione al colore delle cose, anche nel bianco e nero. Qui no. Quel che era nero era nero, quel che era bianco era bianco. Tutti hanno lavorato con i vestiti che indossavano abitualmente, salvo Anna, che si è comprata una gonna e un maglione.

Perché la divisione in dodici quadri?
In dodici non so, ma in quadri, sì: per accentuare l'aspetto teatrale, l'aspetto brechtiano del film. Volevo mostrare qualcosa come "le avventure della signorina Nana Taldeitali". Anche il finale è molto teatrale: era necessario che l'ultimo quadro lo fosse più di tutti gli altri. Inoltre, questa divisione corrisponde all'aspetto esteriore delle cose che mi avrebbe permesso di rendere meglio la sensazione dell'interiore, al contrario di Pickpocket, dove tutto è visto dal di dentro. Come rendere l'interno? Be', appunto restando prudentemente all'esterno.
I più grandi quadri sono dei ritratti. Prendete Velázquez. Il pittore che vuol rendere un volto rende unicamente l'esterno della persona; eppure c'è qualcos'altro che si trasmette. È molto misterioso. È un'avventura. Il film era un'avventura intellettuale: ho cercato di filmare un pensiero in movimento; ma come riuscirci? Non sempre si sa.

J.-L. Godard
(Il cinema è il cinema, Garzanti, Milano 1981)


Che ciascuno viva la sua vita purché gli vada sempre meglio. La Nouvelle Vague? Pierre dice bene di Georges che delira per Julien che fa il supervisore di Popaul che fa una coproduzione con Marcel di cui Claude ha fatto l'elogio.
Ebbene, e di Jean-Luc che oggi canto le lodi, Godard che gira pellicole, esattamente come me, ma con una frequenza doppia.
Quando facevo il critico cinematografico, volevo a tutti i costi convincere, probabilmente perché ignoravo i veri problemi che si pongono al cineasta e cercavo istintivamente di convincere anzitutto me stesso che quel film era buono e quell'altro non lo era.
La gioia fisica e il dolore fisico che procurano certi momenti di A bout de souffle e di Vivre sa vie, non mi proverò nemmeno a comunicarli con la scrittura a chi non li prova.
L'irrealt` totale, voluta o meno, di certi stili cinematografici è seducente, ma determina un certo malessere. La realt` più cruda ci seduce per un momento ma può alla fin fine lasciarci insoddisfatti. Un film come Vivre sa vie ci intrattiene costantemente ai limiti dell'astratto, poi ai limiti del concreto ed è senza dubbio questa oscillazione che crea l'emozione.
Il cinema eccitante, ecco ciò che interessa, che appassiona, sia che questa emozione venga creata scientificamente, come in Hitchcock e Bresson, o che nasca semplicemente dalla capacit` dell'artista di comunicare le sue emozioni come in Rossellini o in Godard.
Ci sono dei film che ammiriamo e che ci scoraggiano: a che scopo continuare dopo di lui? ecc. Non sono i migliori, perché i migliori danno l'impressione di aprire nuove strade e che il cinema cominci o ricominci con loro. Vivre sa vie è di questi.

F. Truffaut
(I film della mia vita, Marsilio, Venezia 1978)


Vivre sa vie di Jean-Luc Godard si eleva al di sopra di molte teste, molti occhi, molto cuori. È un puro capolavoro, il primo film assolutamente senza falle di Godard.
(…) L'aspetto esteriore, o vivere la vita. Come Nana si alieni, rifiutandosi come soggetto per meglio vendersi come oggetto. Una progressione in dodici tappe regola il meccanismo della scissione d'un essere, la separazione dell'apparenza dall'anima. Quest'anima che, al terzo capitolo, palpita sullo schermo, rappresentata dalla Giovanna di Dreyer nella quale Nana gi` si perde totalmente. Ma incapace, per debolezza di carattere, di vincere il corpo a favore dell'anima. Nana percorre il cammino inverso, malgrado i reiterati avvertimenti che incontra casualmente lungo la sua strada. Prima cerca di preservare il corpo con un piccolo furto (quarto capitolo), che le vale il primo avvertimento (il commissario di polizia). Poi si decide a offrirlo al primo cliente (quinto capitolo). Si abitua a venderlo di frodo, pur avendo coscienza della propria responsabilit` e nonostante la fucilata per strada (sesto capitolo). Infine lo propone freddamente come un oggetto (settimo capitolo: la lettera). Ormai non le appartiene più, lo abbandona completamente agli altri (ottavo capitolo). Da qui il lungo commento statistico, clinico, totalmente oggettivo sulla prostituzione, durante il quale vediamo il corpo di Nana trattato da semplice merce, oggetto obbediente a tutti i desideri. La separazione è avvenuta, definitiva.
Comincia allora il risveglio dell'anima, che si manifesta dapprima in una danza solitaria (nono capitolo), poi in una presa di coscienza del suo stato grazie all'intrusione di terzi identici a lei (decimo capitolo: l'incontro a tre, questa volta riuscito, in albergo), infine nell'accedere a una coscienza superiore della vita (undicesimo capitolo: il filosofo). Ormai Nana ha liberato la sua anima e scopre l'amore. Ma come Phortos la prima volta che pensa ne muore, Nana subir` la stessa sorte la prima volta che ama. L'oggetto-corpo non appartiene più al soggetto-essere. "La pollastra è un animale…"
Il volto intimo, o vivere la morte. Da Lubitsch l'idea della farfalla che si concede ad ogni istante e vi si consuma interamente; da Murnau l'onnipresenza della morte e il suo vampirismo. La morte è l`, dalla prima scena, nei titoli di testa, che irrigidisce di faccia e di profilo il volto inquieto e doloroso di Nana. Si trova nelle lente dissolvenze in cui la luce muore, come assorbita poco a poco dal nero. La ritroviamo ancora lungo tutto il viaggio di Nana, al cinema come nella vita. Ma soprattutto, è questo cammino che porta alla morte. Sentita dall'interno, è come un appello irresistibile a cui Nana non può più sottrarsi allo stesso modo dell'eroe di Nosferatu o dell'eroina di Tabou. Infine, sta soprattutto nello stesso atteggiamento del cineasta che, come il pittore del ritratto ovale, coglie totalmente la vita prima di abbandonare Nana a una morte "da cinema" davanti al bar degli studi di posa.
La difficolt` del dialogo tra l'interno e l'esterno, la vita e la morte, l'esistenza e l'essenza diviene, in definitiva, il soggetto stesso del film. E il suo movimento, dunque il suo stile, si fonda sulla comunicazione in quanto ostacolo quasi insormontabile. Gli esseri strappati al mondo tentano disperatamente di attaccarsi di nuovo ad esso. Da qui le scene in cui i personaggi,visti di spalle, sono a volte "distanziati" dagli spettatori, a volte presi ognuno nella propria inquadratura, come se trovarsi insieme, d'accordo, fosse loro impossibile.

J. Douchet,
("Cahiers du Cinéma", n. 136, 1962)

Biografia

regista

Jean-Luc Godard

Jean-Luc Godard (Parigi, 1930) è tra i protagonisti assoluti della nouvelle vague, prima come critico militante dei «Cahiers du Cinéma» negli anni ’50, poi come regista fin dall’esordio con Fino all’ultimo respiro (1960). Godard si è imposto in quasi 50 anni di carriera come uno dei più radicali e rigorosi innovatori del linguaggio cinematografico. 

FILMOGRAFIA

À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro, 1960), Une Femme est une femme (La donna è donna, 1961), Vivre sa vie (Questa è la mia vita, 1962), Le Mépris (Il disprezzo, 1963), Une Femme mariée (Una donna sposata, 1964), Pierrot le fou (Il bandito delle undici, 1965), Made in USA (Una storia americana, 1966), La Chinoise (La cinese, 1967), Lotte in Italia (1971), Tout va bien (Crepa padrone, tutto va bene, 1972), Numéro deux (1975), Ici et ailleurs (1976), Comment ça va? (1978), Sauve qui peut (la vie) (Si salvi chi può-La vita, 1980), Passion (id., 1982), Prénom Carmen (id., 1983), Je vous salue, Marie (id., 1985), Soigne ta droite (Cura la tua destra, 1987), Histoire(s) du cinéma (TV, 1989-1998), Nouvelle vague (id., 1990), Hélas pour moi (1993), For Ever Mozart (1996), Éloge de l’amour (2001), Notre Musique (2004), Prières pour Refusniks I-II (2004) , Film socialisme (2010), Adieu au langage (Addio al linguaggio, 2014).

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Jean-Luc Godard.
Soggetto: Jean-Luc Godard, sulla base dell'inchiesta giornalistica "Où en est avec la prostitution?" di Marcel Sacotte.
Aiuto-regia: Bernard Toublanc-Michel, Jean-Paul Savignac.
Fotografia: Raoul Coutard.
Montaggio: Agnès Guillemot, Lila Lakshmanan.
Musica: Michel Legrand (canzone "Ma môme, elle joue pas les starlettes": Jean Ferrat, Pierre Frachet).
Suono: Guy Villette, Jacques Maumont.
Interpreti e personaggi: Anna Karina (Nana Klein Frankenheim), Sady Rebbot (Raoul), André S. Labarthe (Paul), Guylaine Schlumberger (Yvette), Brice Parain (il filosofo), Peter Kassowitz (il giovane), (voce doppiata da Jean-Luc Godard), Dimitri Dineff (Dimitri), Monique Messine (Elisabeth), Gérard Hoffmann (l'uomo che "compra" Nana), Gilles Quéant (il cliente), Paul Pavel (il fotografo), Eric Schumberger (Luigi), Marcel Charton (poliziotto alla macchina da scrivere), Laszlo Szabo (l'uomo ferito che entra nel bar), Gisèle Hauchercorne (portinaia), Odile Geoffroy (cameriera del bar), Jacques Florency (l'uomo nel cinema), Jean Ferrat (l'uomo al juke-box), Henri Atal (Arthur), Jean-Paul Savignac (giovane soldato al bar), Mario Botti (l'italiano).
Produzione: Pierre Braunberger per Les Films de la Pléiade, Parigi.
Distribuzione italiana: Dear U.A.
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