Nazione: Francia
Anno: 1963
Durata: 80'


Due contadini, Ulysse e Michel-Ange vivono con due donne (madre e moglie-sorella) in una baracca isolata. Arrivano i carabinieri con una lettera, essi dicono, che il Re ha scritto direttamente a loro, per chiedergli un favore personale. Si tratta di andare alla guerra. I due uomini, pur fieri della cosa, non sono molto soddisfatti ma apprendono dai carabinieri che ci sono molti vantaggi, a fare la guerra. In guerra si può fare di tutto, saccheggiare appartamenti, rompere le braccia ai bambini, andarsene senza pagare il conto, bruciare la gente nelle chiese, rompere gli occhiali ai vecchi. Così partono per una guerra di cui non si vedono i grandi teatri (le battaglie ? le conquiste) ma solo gli episodi minori e "insignificanti". (…)
Ritornano feriti prima che la guerra sia finita. In una valigetta portano tutti i tesori del mondo, che hanno personalmente conquistato e che saranno loro bottino a guerra finita. In una sequenza lunghissima e straordinaria, Ulysse e Michel-Ange dispongono sul tavolo, in decine di cartoline illustrate, le immagini della civilt` dell'uomo: le piramidi e la torre di Pisa, l'Alfa Romeo e la Rolls-Royce, un aeroporto, un lago, una locomotiva, i magazzini Lafayette, una stazione del métro…
Un giorno sentono grida e spari: pensano che siano i petardi che annunciano la fine della guerra e vanno in citt`, ostentando le loro medaglie. Ma qui succedono cose strane, si odono parole nuove "mercenari", "traditori". Gruppi di partigiani sono in azione. I carabinieri spiegano che la guerra è perduta. Il Re ha fatto la pace, ma garantendo l'esecuzione di tutti i traditori. Ulysse e Michel-Ange, prima ancora di capire, vengono fucilati.

A. Farassino
(Jean-Luc Godard, La Nuova Italia, Firenze 1974)


Questo film è una favola, un apologo dove il realismo serve soltanto ad aiutare, a rafforzare l'immaginario. È per questo che l'azione e gli avvenimenti descritti possono benissimo essere situati dove si vuole, a sinistra, a destra, di fronte, ovunque e insieme in nessun luogo. C'è semplicemente una casa, o qualcosa che somiglia a una casa, mezzo distrutta, molto semplice, isolata dal mondo civile, e un villaggio, non molto lontano, dall'altra parte della foresta, o al di l` delle montagne, o al di qua del fiume.
Analogamente, i pochi personaggi non sono definiti né psicologicamente, né moralmente e, ancor meno, sociologicamente. Tutto accade al livello animale, non solo, ma questo animale è filmato da un punto di vista vegetale, se non addirittura minerale, vale a dire brechtiano.
In altre parole, i nostri poveri eroi, secondo il posto in cui il film verr` girato, potranno essere sia dei Papuasi indonesiani, sia dei braccianti di Lozère, degli indiani della Bolivia o dei mujiks ucraini; poco importa, dato che si tratta di personaggi teatrali.
(…) Si tratta di Lucrezia (la figlia), Messalina (la madre), Michelangelo e Machiavelli (i due figli). Essi hanno in comune selvatichezza e rapacit` allo stato bruto, e ignorano del tutto le forme più sottili che queste hanno preso nel mondo moderno, da cui vivono completamente separati. La stupidit` e l'abbrutimento sono superati, in loro, solo dalla cattiveria.
Insomma, tutto, ambiente, personaggi, azioni, paesaggi, avventure, dialoghi, tutte queste cose non sono che idee e perciò saranno filmate nella maniera più semplice, e la macchina da presa sar`, per così dire, messa a nudo, in omaggio a Louis Lumière. Non bisogna infatti dimenticare che il cinema deve oggi più che mai osservare come regola di condotta questo pensiero di Bertolt Brecht: "Il realismo non consiste in come sono le cose vere, ma in come sono veramente le cose".
Il film sar` quindi diviso in quattro atti, che segneranno tanto meglio il suo carattere d'universalit` in quanto si intitoleranno di volta in volta la natura, la guerra, il paradiso, il mondo.

J.-L. Godard
(Il cinema è il cinema, Garzanti, Milano 1981)


In Les carabiniers, come in tutte le grandi opere d'ispirazione, il cinema diviene atonale. Non indica più gli eventi ma gli atti, non i sentimenti ma i moventi.
Non bisogna cercare chi ama chi, né chi rimpiange che cosa, ma guardar vivere dei personaggi, subirne il fascino e gustare tutte le ricchezze del mondo in una valigia. Le fasi essenziali dell'intreccio si situano nelle ellissi.
Si poteva concepire di fare un film senza processo interiore né vera presenza fisica? Certamente no, poiché resta qui qualche allusione al corpo e all'anima, come i cric-crac dello zucchero e il saluto all'artista. Ma, al di fuori di queste scarne indicazioni, niente è tangibile, niente è razionale, eppure niente è astratto perché, se nulla è verosimile, tutto è vero.
Il tempo di quattro o cinque zoom in omaggio a Rossellini, lo spazio di due o tre merdre in un contesto alla Feuillade (ma resta ancora da dimostrare che Jarry più Feuillade faccia Vigo), ed eccoci riportati a terra da un calembour più che denso. La situazione si ripete abbastanza da evitare di non afferrare qualcosa e da superare la stanchezza. E sono persuaso che, se Les carabiniers non possedesse questa sorta di peso, questa apparente grevit`, sarebbe un film senza umanit`, quindi un film contrario alle sue ambizioni, invece di essere semplicemente ciò che è: un film contrario alla sua forma. (E per questo lo preferisco al bel film di Papatakis, Les abysses, troppo intelligente e misurato persino nella mancanza di misura).
Tutto ciò che il film nasconde, con maggiore o minore opacit`: che la stupidit`, l'invidia, la rapacit`, l'orgoglio sono sentimenti generati o moltiplicati dalla guerra, non è la cosa più importante; neppure l'assurdit` dei partiti politici; neppure che comunismo e cristianesimo sono cose d'altri tempi, superate; neppure, ancora, che solo l'artista ha diritto al rispetto; l'importante di questo film è l'immenso amore per la vita, ancora una volta dimostrato per assurdo. L'importante è quello sguardo da Venere, il suo tranquillo desiderio di bellezza, che ci fa apparire le mostruosit` meno mostruose, gli errori meno gravi i criminali meno responsabili, le vittime meno innocenti. L'importante di questo film è dunque di farci accedere a una morale più giusta, più lucida, quella totale bont`: una morale dell'indulgenza.
Non mi perdonerei di concludere su questa nota grave. Ho descritto ciò che ho sentito davanti a una noce chiusa… Ma una volta aperta, come dice pressapoco Trénet in una canzone che deve piacere a Godard, una volta aperta non si ha il tempo di guardarvi dentro; si sgranocchia e tanti saluti.

Paul Vecchiali,
("Cahiers du Cinéma", n. 145, 1963)


(…) È un film girato da un enfant terrible, cioè un film scucito, pieno di alti e bassi, smollato, inerte e inatteso nello stesso tempo, un film che si gingilla. Fermandosi troppo a lungo qui, filando come una gazzella l`, obbedisce agli sbalzi d'umore dell'autore, e quest'umore non è dei più confortevoli.
Più inquietante: non è un umore serio. È probabilmente ciò che più difficilmente si perdoner` a Godard: ha trattato senza gravit` un soggetto grave, un soggetto terribile. In un secolo in cui domina il pedante, in cui il cinema, il teatro e la letteratura vanno saggiamente alle elementari, un simile atteggiamento ripugner`. Ormai si sa prendere sul serio solo ciò che è detto gravemente. Un po' d'humour equivale a una condanna a morte. Bisogna dare delle lezioni. Godard non ne M. Se la ride.
Eppure, a guardare Les carabiniers con attenzione, ci si accorger` che nella derisione le immagini della sua guerra parodistica sono spesso più vere, più angosciose, Più profondamente realiste di quelle delle grandi macchine storiche. Con tre uomini, una vecchia jeep e un paesaggio invernale Godard la dice più lunga di Darryl F. Zanuck con centomila comparse.
Semplicemente perché sono immagini stupidamente semplici, perché una fucilata, un'esecuzione, della gente che spara a casaccio è stupidamente semplice, è spaventosamente semplice. Ed è proprio questa semplicit` nell'atroce a sorprenderci, questa indifferenza di fronte all'atroce: viene il momento in cui s'ammassano cadaveri come sacchi di crusca. E sono momenti così che Godard ha mirabilmente colto. I momenti in cui la guerra diventa normale, non stupisce più.
E ho paura che, qui, il malinteso possa ancora crescere: siccome Godard non cerca l'effetto, fa del cinema quasi impassibile, del cinema che non fa sfoggio di sé, si parler` di impotenza, di anticinema e altre idiozie. In verit`, seguendo in questo Rossellini, fa del cinema ascetico. E se alcuni confondono ascetismo e povert`, non è colpa di Godard. È questione di sensibilit` e di gusto.
Si può rifiutare il partito preso, si può preferire un cinema più morbido, che "parli meglio", che lusinghi di più; ciò non toglie che Les carabiniers offra qualcosa di molto raro: l'insolenza e la libert` dello sguardo.

Pierre Marcabru
("Arts", 12 giugno 1963)

Biografia

regista

Jean-Luc Godard

Jean-Luc Godard (Parigi, 1930) è tra i protagonisti assoluti della nouvelle vague, prima come critico militante dei «Cahiers du Cinéma» negli anni ’50, poi come regista fin dall’esordio con Fino all’ultimo respiro (1960). Godard si è imposto in quasi 50 anni di carriera come uno dei più radicali e rigorosi innovatori del linguaggio cinematografico. 

FILMOGRAFIA

À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro, 1960), Une Femme est une femme (La donna è donna, 1961), Vivre sa vie (Questa è la mia vita, 1962), Le Mépris (Il disprezzo, 1963), Une Femme mariée (Una donna sposata, 1964), Pierrot le fou (Il bandito delle undici, 1965), Made in USA (Una storia americana, 1966), La Chinoise (La cinese, 1967), Lotte in Italia (1971), Tout va bien (Crepa padrone, tutto va bene, 1972), Numéro deux (1975), Ici et ailleurs (1976), Comment ça va? (1978), Sauve qui peut (la vie) (Si salvi chi può-La vita, 1980), Passion (id., 1982), Prénom Carmen (id., 1983), Je vous salue, Marie (id., 1985), Soigne ta droite (Cura la tua destra, 1987), Histoire(s) du cinéma (TV, 1989-1998), Nouvelle vague (id., 1990), Hélas pour moi (1993), For Ever Mozart (1996), Éloge de l’amour (2001), Notre Musique (2004), Prières pour Refusniks I-II (2004) , Film socialisme (2010), Adieu au langage (Addio al linguaggio, 2014).

Cast

& Credits

Regia: Jean-Luc Godard.
Sceneggiatura: Jean-Luc Godard, Jean Gruault, Roberto Rossellini.
Soggetto: dalla commedia I carabinieri" di Beniamino Joppolo.
Aiuto-regia: Charles Bitsch, Jean-Paul Savignac.
Fotografia: Raoul Coutard.
Montaggio: Agnès Guillemot, Lila Lakshmanan.
Musica: Philippe Arthuys.
Suono: Jacques Maumont, Hortion.
Interpreti e personaggi: Marino Masè (Ulysse), Albert Juross (Michel-Ange), Geneviève Galéa (Vénus), Catherine Ribeiro (Cléopâtre), Geerard Poirot (primo carabiniere), Jean Brassat (secondo carabiniere), Alvaro Gheri (terzo carabiniere), Barbet Schroeder (commerciante d'auto), Odile Geoffroy (la giovane comunista), Roger Coggio e Pascale Audret (la coppia nell'auto), Catherine Durante (attrice del film), Jean Gruault (il padre di "Bebé"), Jean-Luis Comolli (il soldato col pesce), Wladimir Servien (soldato).
Produzione: Georges de Beauregard e Carlo Ponti per Rome-Paris Films, Parigi/Laetitia, Roma.
Distribuzione: Cocinor.
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