2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

Le grand escorc (in Les plus belles escroqueries du monde)

The Great Swindle (in The World Most Beautiful Swindlers)
di Jean-Luc Godard
Nazione: Francia
Anno: 1963
Durata: 20'


La storia è quella di una giornalista televisiva che si mette sulle tracce di un arabo (siamo a Marrakesh) che distribuisce denaro ai poveri in gran quantit`: ma sono tutti biglietti falsi. Patricia lo trova e lo convince a lasciarsi filmare per il suo programma, che è promosso dal "Reader's Digest", che si chiama L'uomo più straordinario che ho mai incontrato. Il personaggio è in effetti molto strano, parla da visionario, non sembra - come Patricia e gli altri - credere nell'univocit` dei fatti e delle parole. Quando la giornalista, filmandolo, lo accusa di ingannare i poveri con soldi falsi, lui risponde che lei non agisce molto diversamente, poiché gli ruba qualcosa, la sua immagine, per venderla agli altri.

A. Farassino
(Jean-Luc Godard, La Nuova Italia, Firenze 1974)


È uno sketch che mi piace molto anche se non è uscito. Si tratta di un film puramente teorico ed è per questo forse che ai distributori non è piaciuto. È la storia di una reporter di cinema-verit` che intervista un tale che è un truffatore, ma un truffatore originale perché d` dei soldi ai poveri ma soldi falsi, e in definitiva i due sono quasi identici perché sia lui che la cineasta sono dei ladri. L'ho fatto perché il pubblico riflettesse sul cinema, sulla verit`: qualcosa più vicino a delle riflessioni filosofiche: spesso la filosofia vuole provare certe cose, poi ci sono dei momenti in cui essa non vuole provare nulla, vuole semplicemente parlare delle cose. È come la musica che non vuole provare nulla, ciò nonostante d` delle idee e dei sentimenti ben precisi.

J.-L. Godard
("Filmcritica ", n. 150, 1964)


È una storia vera; Chaplin a un certo momento aveva pensato di farne un film. Accadeva in Israele, un tizio che la polizia ci aveva messo un sacco di tempo a trovare; scriveva molto semplicemente che lui fabbricava banconote false e le distribuiva ai mendicanti, e a me sembrava che fosse davvero una delle più belle truffe (perché era il titolo del film), dando alla parola bella, alla parola bello, il suo senso più grande e, semplicemente, ho pensato di immaginare un personaggio e intervistarlo, e poi cercare di sapere perché l'aveva fatto. Ma alla fine ho pensato che fosse meglio farne veramente una finzione, prendere un attore e poi cercare di discernere dov'è la finzione, dov'è la verit` e quello che è il terreno del cinema; è per questo che Seberg lì dentro rappresenta il cinema. Tutti del resto sono alla ricerca della verit` e della menzogna, come l'ispettore di polizia che gli dice: Io faccio lo stesso suo mestiere", e come Denner che alla fine dice: "Lei fa la stessa cosa che faccio io; prende delle cose alla gente con la sua cinepresa e poi le d` agli altri; m'ha rubato qualcosa e la va a dare alla gente". La morale, alla fine, è che Seberg continua a filmare senza saper bene dove stia esattamente la morale, ma bisogna continuare a filmare… È la mia morale personale. Forse è un film difficile da capire perché è puramente didattico, e poi non e sull'immagine. La gente, i distributori sono rimasti molto delusi: si aspettavano degli inseguimenti a Marrakesh o cose così, allora volevano vedere quel tizio che fabbricava le banconote false… Non è neppure che non gli sia piaciuto: ci sono passati sopra e sotto al film… Non so.

J.-L. Godard
("Cinéma", n. 94, 1965)


Le grand escroc doveva far parte di un film ad episodi intitolato Les plus belles escroqueries du monde, ma per ragioni non ben chiare, non fu inserito. Invece qualche anno dopo fu proiettato insieme ad un revival di King Vidor Nostro pane quotidiano in molti locali di Parigi. Le grand escroc è il titolo francese di The condence man di Herman Melville e l'eroina del film si chiama Patricia Leacock: Patricia perché l'attrice è Jean Seberg che si chiamava così in A bout de souffle; Leacock perché anche lei è una giornalista televisiva vagabonda. Il luogo è Marrakesh, e l'imbroglione è uno strano arabo (interpretato da Charles Denner) che va in giro per la Medina distribuendo soldi ai poveri - ma le banconote sono false. Patricia alla fine lo rintraccia e lo convince a lasciarsi riprendere: "Faccio cinema-verit` come Rouch", spiega. Il mio programma si chiama "l'uomo più straordinario che ho mai incontrato" ed è finanziato dal "Reader's Digest". Quando lei lo rimprovera durante la ripresa perché prende in giro i poveri dandogli dei soldi falsi,
lui risponde che, dato che lei fa un film su di lui per venderlo ad altri, non è migliore di lui.
Ne discende, naturalmente, che il cinéma vérité non ci d` la verit`. È anch'esso una sorta di falso smerciato come vero: come l'episodio che Patricia racconta di un amico che comprò delle foto di Karl Marx dal governo polacco, ci disegnò sopra una barba diversa, e le vendette a dei pii contadini come ritratti di Cristo. O come l'opinione di Godard su Richard Leacock: "È inutile avere immagini rigorose se si hanno idee confuse. La mancanza di soggettivit` di Leacock lo porta alla fine ad una mancanza di oggettivit`. Non sa neppure di essere un metteuren scène e che la descrizione pura non esiste".

R. Roud
(Jean-Luc Godard, Cinema One, London 1962)


Il tema è dunque quello della contraffazione, come ribadisce l'aneddoto (che si racconta nel film) di quel polacco che comprava dal governo ritratti di Marx, gli ritoccava la barba e li rivendeva nelle campagne come santini di Cristo. Il cinema-verit` ("Filmare cose vere, luoghi, persone", dice Patricia: "Ah! Come Monsieur Rouch", risponde un solerte funzionario di polizia) è anch'esso un esempio di contraffazione: crede di cogliere il reale, ma non fa che produrre un'immagine, cioè un doppio e una falsificazione, della realt` stessa. L'unico modo di essere realistici è allora rendersi consapevoli dei limiti dell'immagine e convincersi che ognuno, gi` nella realt`, recita una parte. Così, nelle inquadrature iniziali del film, fra le immagini di gente "colta sul vivo" dalla cinepresa per le vie di Marrakesh appare lo stesso Godard, con in capo un fez marocchino, che d` ordini alla troupe. Ogni regista, anche il reporter Leacock, è un metteur en scène, che organizza, seleziona, manipola la realt`. Il puro reportage non esiste, si identificherebbe con la delazione: Patricia alla fine del film si rifiuta di rivelare alla polizia l'identit` del truffatore, cioè finisce di fare del cinema-verit`.
Godard, come si vede, ha molto riflettuto dopo la sua fiducia giovanile nell'assoluta trasparenza al vero dell'immagine cinematografica e vuole ora far partecipi gli spettatori di questa sua autocritica e trasformazione teorica. Tuttavia, lo strumento che usa non sono più le pagine dei "Cahiers" ma lo stesso schermo cinematografico.
"Si tratta di un film puramente teorico, ed è per questo forse che ai distributori non è piaciuto. (…) L'ho fatto perché il pubblico riflettesse sul cinema, sulla verit`. È più che altro una riflessione filosofica."
Fare della filosofia col cinema era stato il grande sogno di Astruc, un sogno che si presentava come non utopistico e che lo stesso Ejzenstejn aveva coltivato. Godard è forse uno dei pochi - ma non ancora nel Grand escroc che è solo una prima anticipazione - che vi sia riuscito. Non è forse un caso allora - ma appunto un'altra anticipazione di ciò che accadr` in seguito - che proprio questo film sia stato più "invisibile" per il pubblico di quelli contro cui si era mossa la censura ufficiale.

A. Farassino
(Jean-Luc Godard, op. cit.)

Biografia

regista

Jean-Luc Godard

Jean-Luc Godard (Parigi, 1930) è tra i protagonisti assoluti della nouvelle vague, prima come critico militante dei «Cahiers du Cinéma» negli anni ’50, poi come regista fin dall’esordio con Fino all’ultimo respiro (1960). Godard si è imposto in quasi 50 anni di carriera come uno dei più radicali e rigorosi innovatori del linguaggio cinematografico. 

FILMOGRAFIA

À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro, 1960), Une Femme est une femme (La donna è donna, 1961), Vivre sa vie (Questa è la mia vita, 1962), Le Mépris (Il disprezzo, 1963), Une Femme mariée (Una donna sposata, 1964), Pierrot le fou (Il bandito delle undici, 1965), Made in USA (Una storia americana, 1966), La Chinoise (La cinese, 1967), Lotte in Italia (1971), Tout va bien (Crepa padrone, tutto va bene, 1972), Numéro deux (1975), Ici et ailleurs (1976), Comment ça va? (1978), Sauve qui peut (la vie) (Si salvi chi può-La vita, 1980), Passion (id., 1982), Prénom Carmen (id., 1983), Je vous salue, Marie (id., 1985), Soigne ta droite (Cura la tua destra, 1987), Histoire(s) du cinéma (TV, 1989-1998), Nouvelle vague (id., 1990), Hélas pour moi (1993), For Ever Mozart (1996), Éloge de l’amour (2001), Notre Musique (2004), Prières pour Refusniks I-II (2004) , Film socialisme (2010), Adieu au langage (Addio al linguaggio, 2014).

Cast

& Credits

Regia, soggetto e sceneggiatura: Jean-Luc Godard.
Aiuto-regia: Charles Bitsch.
Fotografia: Raul Coutard.
Montaggio: Agnès Guillemot, Lila Lakshmanan.
Musica: Michel Legrand.
Suono: Hervé.
Speaker: Jean-Luc Godard.
Interpreti e personaggi: Jean Seberg (Patricia Leacock), Charles Denner (il truffatore), Laszlo Szabo (l'ispettore di polizia).
Produzione: Pierre Roustang per Ulysse Productions, Paris 1 Primex Films, Marsiglia / Vides, Roma / Toho, Tokyo Caesar, Amsterdam.
Distribuzione: Lux Films.
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