2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

Brigitte et Brigitte

Brigitte And Brigitte
di Luc Moullet
Nazione: Francia
Anno: 1966
Durata: 70'


Due ragazze di provincia, originarie dei due più sperduti paesini della Francia, quelli di cui si studiano le condizioni di sopravvivenza, a Parigi fanno conoscenza tra di loro, studiando alla Sorbona. Fanno fronte al problema dell'alloggio, alla mancanza di denaro, alla fame, alla cecit` degli ambienti universitari, e a tutte le difficolt` morali che si accompagnano alla condizione dell'essere studenti. Questa condizione contro-natura le spinger`, alla fine dell'anno scolastico, a comportarsi in modo pressoché folle e le trasformer` completamente.

H. A.
("Image et Son", n. 197-198, 1966)


In Brigitte et Brigitte ci sono realmente le impressioni personali di qualcuno che si sente abbastanza estraneo nei confronti della sedicente cultura, qual è quella che si manifesta nell'insegnamento. Ma il film, pur essendo una critica dell'insegnamento, deve anche dare l'impressione della vanit` delle riforme che cambiano soltanto la forma esteriore di questo tipo di insegnamento. In ogni caso, si tratta, credo, di uno sguardo molto schietto, nello stesso tempo lo ritengo abbastanza scevro di qualsiasi intenzione politica legata a motivazioni puramente personali. Detto questo, so bene che, necessariamente, si è condizionati dalla classe in cui si vive, dall'ambiente intellettuale che ci circonda. Non è possibile sfuggirvi. Non esiste l'ingenuit` totale.

L. Moullet
("Cahiers du Cinéma", n. 216, 1969)


"Brigitte et Brigitte, c'est moi", ha dichiarato alla televisione Moullet. Non che ci siano molti echi di "M.me Bovary" in questo film, più vicino a una certa "Educazione" (Nazionale, questa volta) e soprattutto a "Bouvard e Pécuchet". Si tratta del dramma di due brave ragazze, che volevano ingurgitare troppe cose e troppo in fretta, una quantit` enorme di conoscenza, enciclopedica, senza prender flato. Un ingozzarsi senza senso, senza assimilare. Sono diventate perciò un po' più sfasate, assurde, ma anche più lucide, meno ingenue, più ciniche. È il caso di Brigitte, arrivata da uno sperduto villaggio delle Alpi o dei Pirenei per conquistare la fortezza nascosta con il suo tesoro, la Sorbona. Come si fa a parlare di un "film per dieci persone", quando si tratta del primo, dico il primo, film in cui sono rivelate le ridicole, grottesche, abominevoli condizioni in cui vivono gli studenti: appartamenti, iscrizioni, ristoranti, enormi programmi imposti senza discernimento, sgomento e angosce prima degli esami, drammi a fine mese, svaghi penosi, obbligo dell'impegno politico, in una parola (anch'essa svilita): alienazione.
Ecco, Moullet è questo che dice semplicemente, alla buona. Egli rifiuta i segni esteriori dell'arte (la pornografia, come dice bene Straub), della bellezza, del cinema, della politica e dell'impegno. Rifiuta la greve seriosit`, perciò non è ascoltato, non è creduto (e dunque è spacciato, diciamo per la critica benpensante, francese o italiana). Lui non ascolta le sinfonie di Beethoven con la testa tra le mani, come direbbe Cocteau. Inoltre: non legge "l'Humanité" con aria preoccupata, stando sulla terrazza dell'Old Navy. Preferisce la leggerezza profonda, la trovata d'effetto, lo scherzo pesante, la gravit` che non pesa. E l'estrema precisione, sapere ciò di cui parla, e burlarsi del modo in cui lo dice, fare il punto della questione, dire tutto di quel che bisogna dire, e soltanto questo (capace, per fare un esempio, di citare a memoria, sul treno da Parigi a Pesaro, le più piccole borgate italiane, con le modificazioni di orario dovute al "giro d'Italia", o di dividere la geografia italiana in grandi aree geografiche: la valle di Antonioni, i pascoli di Zurlini, la pianura di Baldi, ecc). All'inizio di Brigitte, si vede in versione integrale Terres noires, un cortometraggio a colori su alcuni villaggi diseredati, Mantet e Mariaud. Un quarto d'ora di immagini semplicissime, accompagnato da un commento continuo, che si stende da un capo all'altro, a met` tra il caloroso e il virulento, che alterna giochi di parole e notazioni iper-precise, neologismi, scherzi, e spunti di rivendicazioni, e che compie il miracolo di dire tutto e di far vedere tutto sull'argomento, in un arco così breve di tempo: la geografia, l'economia, la demografia, l'habitat, l'abbandono, l'isolamento. È il più bel documentario francese, con quelli di Rouch. Mai ironico, o demagogico. (…)
Scese dalla disumana piramide da cui, da vent'anni, contemplavano Parigi, vediamo le due montanare diventare brave studentesse (non è mica un male, allora, avere alcuni maestri pazzi). Dopo le Terre nere, Fouchet. Luc Moullet, etnologo, affronta il conflitto natura-cultura (in ciò un po' alla Vidor, quello di Conquering the Woman, soprattutto). Senza cadere nel manicheismo edificante natura-purezza, ecc. Lucido, potente e giusto: Le Anime Buone di Saint- Michel. Moullet non ignora i continui transfert, gli scambi tra natura e cultura, le reciproche deformazioni, le mutue assimilazioni. È uno sguardo falsamente ingenuo quello che le due Brigitte posano su Parigi, falsamente puro, pieno com'6 di reminescenze, di influenze. Abituate alla pratica della presa di possesso della terra, all'appropriazione e all'occupazione del suolo (ricordiamoci dell'articolo di Moullet su Fuller, e del tema dei piedi), esse vedono Parigi nei termini di una scalata, di un'arrampicata, con l'obliquit`, i gradi di pendenza, di strapiombo. La Torre Eiffel: "È meno ripida di quanto si dice", Notre-Dame: "Ti aggrappi agli appigli, ti appoggi sull'orlo, afferri l'alta torre, un salto e hop, sei lassù in alto; facile, vuoi la prova? ci son delle persone lassù… Notre-Dame è sopravvalutata…" Un altro aspetto di questo dualismo: la scena in campagna, con la dialettica latte fresco-scatola di conserva, cibo naturale-sintetico (anche qui, non c'è dubbio, c'è l'influenza del cinema di Vidor, in cui le diverse classi sociali sono caratterizzate dal loro modo di mangiare).
Lo stesso si può dire della cinefilia, vista come possibile moda dell'alienazione, frattura con il reale, con la vita, per accedere a un'altra realt`, avendo posto la vita come un fenomeno irreale. Si trova che la scena è lunga, abusata. È far prova di scarso discernimento. Basta girare un po' per Parigi, più ancora forse in provincia.
Il film può essere senz'altro visto come un susseguirsi di scherzi, è indirizzato semplicemente a tutti gli individui di "happyfew": cinefili, studenti, operai, montanari vi trarranno profitto. È questo il proposito universale di Moullet: far vedere che, in qualsiasi caso, tutto è diventato uno scherzo, per qualcuno. L'iperspecializzazione, la separazione delle culture, un insegnamento aberrante, la coesistenza dei particolarismi, dei regionalismi mentali, hanno finito col segnare tutto, etichettarlo, classificarlo.
Non c'è nulla di nuovo, di intatto. Inutile commuoversi su una innocenza perduta. Serve di più agire per strofinio con due superfici ruvide, per ottenere una scintilla, forse nuova.

J. Narboni
("Cahiers du Cinéma", n. 180, 1966)


Bisogna condannare senza appello questo film mal recitato, mal diretto, mal sincronizzato?
Si tratta in realt` di un film di una povert` formale inaudita. Lo zero assoluto della scrittura cinematografica. E ci si trova a ritenere una beffa colossale i riconoscimenti ottenuti qua e l`, in non so quali lontani festival o in riunioni di amici.
Di fronte a questa farsa da incosciente galoppino, sono possibili due atteggiamenti: la veemente indignazione o la divertita indulgenza. Tutto dipende all'umore del momento.
Ma, in entrambi i casi, siete avvertiti. Voi che pagate 7 franchi alla cassa di un cinema di prima visione, lasciatevi indietro ogni complesso, dimenticate tutto il vostro amore per il cinema; l'arte di Luc Moullet è lontana da quella di Mizoguchi, o di Losey, o di Bresson.
Gli scontenti lanciano imprecazioni (e forse è a questo livello che si situano le intenzioni di Moullet). "Ma come - questi dicono - sprecare decine di milioni per un film che avrebbe potuto essere girato in 8mm, senza soffrirne per nulla? Come è stato possibile trovare un distributore per una simile nullit` cinematografica, mentre tanti altri bei film aspettano da tempo? Come osare selezionarlo per un festival internazionale? E soprattutto, quale improvvisa cecit` ha potuto colpire i membri della giuria che l'ha segnalato? Strani tempi ……
Il trionfo del bluff e della faccia tosta. E ancora, gli scontenti vi diranno che la storia delle due ragazze che vanno in Belgio per mungere una mucca o che danno la scalata alla tazza del water non li ha divertiti.
A tal punto che ci si sente colpevoli di ridere ogni tanto, o di confessare agli amici che questa assenza di regia (oh! quale stupendo eufemismo) è volontaria, e traduce il sottosviluppo delle nostre campagne o delle nostre citt`. Si tratterebbe allora di una caricatura goffa, ma adeguata, che rende possibile ogni sorta di sguardo critico sul mondo assurdo in cui viviamo. Una cinepresa-testimone del nostro tempo.
A guisa di introduzione, Moullet ha l'ardire di utilizzare un cortometraggio a colori girato gi` quattro anni fa. Le due Brigitte saran forse native di queste diseredate regioni. Perché no? A questo livello di disinvoltura, tutto è lecito.
È una sorta di Terra senza pane, girato da un ragazzino tutto fiero della sua macchina da presa, che probabilmente gli han regalato per la prima comunione. M si vedono paesaggi aridi, casupole traballanti, una scatola di piselli "Vatel". Per rendere il tutto più autentico, si vede anche Moullet, nella parte del cantoniere del villaggio. (…)

R. Lefèvre
("Cinéma", n. 113, 1967)

Biografia

regista

Luc Moullet

FILMOGRAFIA

BRIGITTE ET BRIGITTE (1966); LES CONTREBANDIÈRES (1967)

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Luc Moullet.
Fotografia: Claude Creton.
Montaggio: Cécile Decugis.
Interpreti e personaggi: Françoise Vatel (Brigitte), Colette Descombes (Brigitte), Claude Mecki, Michel Gonzales, Joël Montilhet, Gilles Chusseau, Eric Rohmer, Claude Chabrol, Samuel Fuller.
Produzione: Luc Moullet.
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