19° TORINO FILM FESTIVAL
Omaggio a Jean-Marie Straub e Daniele Huillet

MOSES UND ARON

MOSES UND ARON
di Jean-Marie Straub , Danièle Huillet
Nazione: Austria, Italia, RFT
Anno: 1974
Durata: 105'


In partenza quello che ci interessava di più erano i rapporti, molto dialettici e violenti, che Mosè e Aronne stabiliscono tra loro e nei confronti del coro, che rappresenta il popolo. Moses und Aron è anche l'occasione di fare un'operazione diametralmente opposta a quella di Chronik der Anna Magdalena Bach. Forzando un po', si può dire che Chronik è un documentario sulla musica, un film musicale documentaristico, mentre Moses und Aron, in cui l'orchestra non si vede mai, è un film musicale drammatico. E poi è stata un'avventura musicale perché, per la prima volta, si è registrata un'orchestra che suonava una partitura di Schönberg senza le voci, cosa che è risultata molto difficile per i musicisti e, in un secondo tempo - qui stava l'avventura - abbiamo registrato in presa diretta le voci dei cantanti all'aperto, in Abruzzo, per inserirle sul tappeto orchestrale registrato prima. (…) In un primo tempo, a Vienna, nel maggio del 1974, i cantanti avevano cantato insieme all'orchestra e noi avevamo registrato tutto. Era un esercizio, sia per i cantanti, sia per i musicisti. Poi, subito dopo, c'è stata la registrazione del solo tappeto orchestrale. Registravamo ogni blocco musicale che corrispondeva ad un'inquadratura. Quando abbiamo girato il film, quattro mesi dopo, in esterni, i cantanti con un orecchio ascoltavano la musica, grazie a una cuffia nascosta, invisibile; con l'altro orecchio cantavano. Perché i cantanti cantano con le orecchie. I due registratori Nagra, sincronizzati, partivano insieme, a ogni ciak: uno inviava in cuffia l'orchestra registrata e l'altro registrava le voci dei cantanti. Al missaggio i due nastri saranno sovrapposti.
(Jean-Marie Straub, «Gong», Milano, 1975)

Aviez-vous lu les lextes d'Adorno sur Schönberg et Stravinski?
J.-M.S.: Non, mais Gielen m'a forcé ` les lire pour Von Heute auf morgen, notre prochain film. Je ne me suis jamais intéressé directement ` Adorno, j'avais même une certaine méfiance vis-`-vis de lui. Un peu comme pour Heidegger. Simplement, j'avais envie de faire un film sur Dieu, et comme disait Verlaine: «Le plus grand prophète, c'est encore Moïse». C'est tout de même l'invention du monothéisme, qui est un progrès dans l'Histoire, relatif comme tous les progrès, assorti d'une régression, de la perte de la tendresse du polythéisme. Pas besoin d'être marxiste pour comprendre que le monothéisme est un progrès pas seulement dans la pensée humaine, mais dans les rapports de forces de la société.(…)

(A Jean-Claude Biette.) Que penses-tu de cette absence de postérité de Moïse et Aaron?
J.-C.B. Ça ne me surprend pas. Je ne sais pas si je suis optimiste ou simplement sceptique, mais j'ai toujours considéré que les grands films n'avaient pas forcément de postérité, et que s'ils en avaient une, c'était quelque chose de très casuel. Pourquoi Le Sacre du printemps n'a-t-il pas eu de postérité alors que tout le monde l'a considéré ` l'époque comme une ceuvre révolutionnaire?

J.-M.S. C'est très gentil, ce que tu dis, mais on n'a pas tellement envie de faire de «grandes ceuvres». On essaye de faire des choses avec beaucoup de patience et d'énergie dedans. On fait des films pour que les gens s'en servent: «Vous ne connaissez pas Schönberg? Eh bien l`, vous pouvez vous rendre compte de ce que c'est que le sujet et la partition.» D'un autre coté, mon rêve serait de faire des films vraiment anonymes, pour qu'on ne puisse plus dire: «Attention Straub-Huillet, les plans fixes!».

J.-C.B. Le fait que Moïse et Aaron soit en son direct ` dû choquer les gens.

J.-M.S. Chaque fois qu'un chanteur ouvre la bouche, ce sont les sons qu'il a produits au moment d'enregistrer l'image. Tout ce que dit ou chante Moïse même quand il est off, est cent pour cent en son direct, quatre-vingt-dix pour cent dans le cas d'Aaron. Chaque fois qu'on voit chanter le choeur dans le plan, c'est du son direct, parfois même quand il est hors champ. Mais on n'a pas poussé le fanatisme au point d'aller faire le panoramique sur la vallée du Nil avec le choeur. Ecoutez, on a fait une expérience ` la table de montage. Il y avait deux bonnes prises du premier plan. Günter Reich est de trois quarts dos, on voit ` peine sa bouche, on voit son oreille, il se déchausse off, ensuite on passe au dessus de lui et on fait le tour, presque trois cent soixante degrés, pour terminer sur la montagne. Si on additionne la première moitié du plan, c'est-`-dire quatre minutes, et l'autre moitié avec le panoramique très lent, ça fait une bobine de trois cents mètres de négatif 35 millimètres. Quand on a essayé de mettre dessus une autre prise de son, plus précise que ce que font les doubleurs, c'était physiquement intolérable : on sentait que ça flottait, comme dans un manège de foire ou dans un avion avec des trous d'air. Et c'est exactement l'impression que l'ai eue en voyant La Flûte enchantée. Notre méthode ne s'adresse pas seulement aux collègues mais aux spectateurs…

(Intervista a Jean-Marie Straub e Danièle Huillet, «Cahiers du Cinéma», numero speciale, Musique au cinéma, 1995)

L'andamento, di cui Jean-Marie Straub e Danièle Huillet spostano e rigirano, di film in. film, i problemi, non è, come si sottintende d'abitudine, un affare di virtù e fedelt`, di coincidenza tra la «materia» della rappresentazione e lo «spirito» dell'opera, ma di messa in scena. La messa in scena mette ai voti e mette in (dis)ordine: essa è democratica e libertaria. Il suo apporto è, insomma, semplicemente la sua messa in gioco: una scelta e una detrazione. La ripetizione moltiplica la posta. Così il Moses und Aron di Arnold Schönberg, quando il cinema lo riprende, non è soltanto carico delle «intenzioni», scritte o attribuite, del musicista ma anche di tutta una tradizione, giacché l'opera «irrappresentabile» ha conosciuto finora, salvo errore da parte mia, cinque serie di. rappresentazioni. Punti comuni: prima di tutto, la loro decisione, sottomessa all'ideologia della «maledizione» dell'artista, di attenersi all'opera incompiuta, privata del terzo atto; poi, l'esegesi che ne fa un dramma dell'interiorit` e dell'inesprimibile; infine la loro simpatia per un Mosè integro e il loro disprezzo per un Aronne demagogico. E qui, poi, proprio prima del film, un ultimo supplemento. Il direttore d'orchestra Michael Gielen tenta di operare una conversione «marxista»: «Penso che, politicamente, Aronne ha ragione... (e che) Mosè ha torto. È questo che fa la crudelt` della storia». (...)
La restituzione del terzo atto è anche una provocazione formale. Essa sembra sopprimere ogni possibilit` di apertura e sfidare un'opera che si fa merito della sua densit`. Schönberg aveva una concezione quasi «totalitaria» del suo lavoro. (…)
È allora possibile, in questa scena democratica e laica, ridistribuire i ruoli. Michael Gielen aveva, malgrado l'errore meccanicistico della sua tesi, strappato le figure di Mosè e Aronne alla loro interiorit` e trasformato il duello dell'inesprimibile e della retorica in un confronto di tipo nuovo. Jean-Marie Straub e Danièle Huillet fanno di più: riportano gli eroi a misura della Storia. Essi riprendono, in un modo critico vicino alla problematica leninista dei «Cahiers» il discorso hegeliano che perseguita l'opera di Schönberg. Nella «causalit`» alla quale «Hegel sussume interamente la Storia» (Lenin), l'«aneddoto» fa meno la fìgura di «causa» che di «pretesto». Gli eroi della Storia sono degli eroi marginali. «Questi arabeschi... che fanno da un debole stelo uscire una grande figura sono... un processo spirituale ma molto superficiale».
Il film riprende questa suggestione «mistica ma molto profonda» (Lenin) e ne materializza la dialettica. Il popolo occupa la parte alta della scena e si appropria dell'esaltazione; i panorami lirici che, alla fine dell'Atto I, accompagnano il suo canto di liberazione («Wir werden frei sein, frei!») gli sono riservati allo stesso titolo della festa infame ma anche trasgressiva che segue l'apparizione del Vitello d'Oro. Mosè e Aronne sono, essi, filmati dall'alto, inchiodati al suolo fin dalla loro apparizione nelle scene 1 e 2 dell'Atto 1; la loro lotta metafisica per il potere è una contraddizione secondaria che non ha senso, fosse pure «tragico», che in rapporto alla contraddizione principale che li distingue dal popolo. Jean-Marie Straub e Danièle Huillet abbandonano le indicazioni di Schönberg, che, nella scena 4 dell'Atto 1, scavava tra Mosè e Aronne degli effetti di profondit` per una «direzione» quasi langhiana (alla quale si può ricollegare anche una «modestia» provocante dell'inquadratura) dove gli attori si cancellano a beneficio delle loro relazioni. In Moses und Aron, le masse «fanno la Storia», e la loro messa in scena è un apprendistato della libert`.
(Louis Seguin, «La Quinzaine Littéraire, 16-30 giugno 1975)

Biografia

regista

Jean-Marie Straub

Jean-Marie Straub (Metz, Francia, 1933) ha lavorato, come assistente, per registi come Robert Bresson, Abel Gance, Jean Renoir o Jacques Rivette, esordendo nel 1963 insieme a Danièle Huillet, che da quel momento sarà sua compagna di vita e di lavoro, con il cortometraggio Machorka - Muff, tratto da un racconto di Heinrich Böll. Hanno realizzato il loro primo lungometraggio, Cronaca di Anna Magdalena Bach, nel 1968. Da allora hanno diretto una trentina di film, confrontandosi con autori come Friedrich Hölderlin o Cesare Pavese. Nel 2006 sono stati omaggiati, a Venezia, di un Leone speciale per l’innovazione del linguaggio cinematografico.

FILMOGRAFIA

 filmografia essenziale/essential filmography

Machorka - Muff (coregia/codirector Danièle Huillet, cm, 1963), Chronik der Anna Magdalena Bach (Cronaca di Anna Magdalena Bach, coregia/codirectorDanièle Huillet, 1968), Moses und Aaron (Mosè e Aronne, coregia/codirectorDanièle Huillet, 1975), Dalla nube alla resistenza (coregia/codirector Danièle Huillet, 1979), Der Tod des Empedokles (La morte di Empedocle, coregia/codirector Danièle Huillet, 1987), Lothringen! (coregia/codirectorDanièle Huillet, cm, 1994), Sicilia! (coregia/codirector Danièle Huillet, 1999),Une visite au Louvre (coregia/codirector Danièle Huillet, 2004), Corneille-Brecht (cm, 2009), O somma luce (2010), Jeonju Digital Project 2011 - Un héritier (cm, 2011).

Danièle Huillet

Danièle Huillet nasce a Parigi il 1° maggio 1936. Cresce in campagna e ritorna a Parigi verso il 1948. Studia al liceo Jules Ferry. Si prepara per l'IDHEC ma si rifiuta di scrivere sul film Menèges di Yves Allégret che ritiene indegno di una prova d'esame.

Cast

& Credits

Regia: Jean-Marie Straub, Danièle Huillet.
Testo e musica: Moses und Aron di Arnold Schönberg.
Fotografia: Ugo Piccone, Saverio Diamanti, Gianni Canfarelli, Renato Berta.
Suono: Louis Hochet, Georges Vaglio, Ernst Neuspiel, Jeti Grigioni.
Direzione musicale: Michael Gielen, coro e orchestra della Radio Austriaca.
Montaggio: Jean-Marie Straub, Danièle Huillet.
Interpreti e personaggi: Louis Devos (Aron), Günter Reich (Moses), Eva Csapó (giovane ragazza), Roger Lucas (giovane uomo), Richard Salter (altro uomo), Werner Mann (prete), Ladislav Illavsky (Efraimite), Friedl Obrowsky (un malato).
Produzione: Straub/Huillet, Radio Austriaca, III Programma della Televisione Tedesca (RFT), Televisione Francese, Janus Film (Francoforte), NEF (Parigi), Taurus Film, RAI.
Registrazione e riprese: sei settimane di registrazione a Vienna e cinque settimane di riprese a Alba Fucens (Abruzzi) e sul lago Matese in agosto-settembre 1974.
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