19° TORINO FILM FESTIVAL
Omaggio a Jean-Marie Straub e Daniele Huillet

VON HEUTE AUF MORGEN

VON HEUTE AUF MORGEN
di Jean-Marie Straub, Danièle Huillet
Nazione: Francia, Germania
Anno: 1996
Durata: 62'


Dans son opéra Du jour au lendemain, le sujet, l'action, la langue correspondent en gros ` ceux d'une opérette mondaine... Sur ces banalités Schönberg a écrit une musique extrêmement inquiétante (il s'agit d'une de ses oeuvres dodécaphoniques), une musique qui «dépasse» le caractère plaisant de l'opérette, ouvre un double fond dans la banalité du texte et plonge le tout dans une lumière étrange.
Les êtres humains qui sont les acteurs de cet opéra, boivent du cafè et finissent par résoudre de manière toute domestique l'ennuyeux conflit qui les oppose ` propos d'un ténor, apparaissent ` travers la musique comme les futurs visiteurs des abris anti-aériens, comme les désespérés dans les villes détruites. La musique anticipe sur l'époque. Telle n'était pas l'intention de Schönberg. Mais l'important, ce n'est pas ce qu'on a l'intention de faire, c'est ce qu'on fait. Schönberg voulait écrire un opéra facile, mais par la singularité de sa méthode de composition et par le traitement du matériau, il en est résulté une sorte d'apocalypse ` l'échelle familiale.
(Hans Eisler, «Sinn und Form», n. 7, 1955, trad. fr. di François Rey, in Du jour au lendemain, Ombres/Cinéma, Tolosa, 1997

Che cosa vi interessava nel libretto del vostro nuovo film, Von heute auf morgen?
J.-M.S.: Era un'occasione per lavorare su un'opera fatta secondo il punto di vista di una donna, dopo tutti quei maschi: Kafka, Corneille, Hölderlin... perché l'autore della sceneggiatura - se la si può chiamare così - era una donna, Gertrud Schönberg. Si può essere, naturalmente, dei cineasti molto femminili, come Mizoguchi o Dreyer, ma è sempre ad ogni modo un punto di vista maschile. È il punto di vista dell'inquisizione. Che cos'era l'inquisizione? Dei maschi che hanno bruciato trentamila donne. Bene, questo è un film inventato da una donna. Che, in più, era ebrea; è importante, si trattava di una duplice esclusione. Gertrud Schönberg portava la stella gialla. Bisognerebbe almeno che i parigini se ne ricordassero! Ecco, questo ci interessava. Questa è la borghesia al lavoro, è il soggetto del film. Ossia le mode, le mode che conducono all'esclusione di frange sempre più grandi della societ`. Che cosa ha fatto la borghesia? Qui ho un libro dal quale risulta che gli avvocati, i medici, interi ceti sociali hanno partecipato all'antisemitismo. L'antisemitismo moderno sono i francesi che l'hanno inventato. Tutto ciò di cui si nutriva Hitler quando faceva cartoline postali veniva da Parigi e ha portato al Vel' d'Hiv! Nel 1922, Schönberg ha scritto a Kandinsky: «Non voglio essere un'eccezione». Kandinsky gli ha risposto: «Lei non è un ebreo come gli altri». Schönberg si è arrabbiato: «Vedr`, Kandinsky, dove ci porter` tutto questo. Hitler non far` eccezioni». Nel 1922! Quando la borghesia tedesca non si sentiva chiamata in causa; essa si diceva: «Hitler massacrer` solo i piccoli ebrei polacchi». È anche questo l'argomento del film.
D.H.: C'è una frase alla fine dell'opera che fa venire i brividi. La donna canta: «Tua moglie per tutta la vita, che non vuole che la moda di un trimestre detti l'infamia». Quando canta questo, si sente tutto il peso sociale.
J.-M.S.: E poi il tedesco è ambiguo. Vi si può leggere «la moda di un trimestre» o «un trimestrale di moda»; in quest'ultimo senso, è la stampa sentimentale che detta le mode affettive, amorose, sessuali... È il soggetto.
D.H.: È un film contro l'idea della donna fatale, che è una specie di strega. È davvero una figura che appartiene alla borghesia di inizio secolo. Si pensi a Lulù di Alban Berg, a Nan` di Zola.
J.-M.S.: Sì, la donna come essere asociale che porta alla rovina il bravo borghese. Schönberg era una macchina da guerra contro quel mito. E si è arrabbiato con Berg, che era la persona che stimava di più, a causa di Lulù. È forse un capolavoro dal punto di vista musicale, ma non di meno incarna i miti della borghesia viennese dell'epoca. Schönberg aveva capito che i borghesi, oziosi perché il capitale lavorava per loro, non avevano altro da fare che mettersi le corna fra loro.

Si può dire che il vostro film è politico, proprio per quel che riguarda l'idea di fedelt` e di costanza?
J.-M.S.: Credo di sì. Basta vedere quello che è successo a tutti i maoisti dell'epoca. Dove sono quelli che ancora resistono? Dove sono gli intellettuali ancora capaci di fedelt`? Bernanos diceva, nella sua ingenuit`, che sarebbe stato sufficiente un pugno di uomini liberi per salvare la Germania. Il pugno di uomini liberi è esistito in Germania. I primi a finire nei campi furono dei protestanti, dei cattolici, dei comunisti, dei socialisti tedeschi, e la resistenza al livello quotidiano, all'interno delle citt`, era enorme. Non se n'è più parlato in seguito perché la gente era diventata un po' come mia madre, a Metz, che diceva: «Tutti nazisti». C'è stato qualcosa di più di un pugno di uomini liberi, e non è servito a niente. È per questo che tutto diventa sempre più minaccioso. Attualmente non c'è neppure più un pugno di uomini liberi. (...)

Von heute auf morgen è musicale come Cronaca di Anna Magdalena Bach, ma sorprende da parte vostra in quanto è un film girato in studio. Una novit` per voi.
J.-M.S.: Perché era una scenografia che bisognava misurare al centimetro quadrato. C'era bisogno allo stesso tempo di una scena, di qualcosa di aperto davanti e di una scatola, che era una camera. C'era bisogno di uno spazio che non fosse né completamente naturalistico né completamente astratto, né completamente quotidiano né completamente teatrale, una via di mezzo. E poi c'era bisogno di una sala dove si potesse far stare tutti. Anche se avessimo trovato un appartamento ideale, non avremmo potuto metterci un'orchestra. Avevamo settanta musicisti dietro di noi e dietro le macchine da presa... C'era bisogno di una grande sala, e quindi di uno studio.
Al di l` di queste ragioni evidenti, avevate anche voglia di lavorare su un terreno inedito per voi?
J.-M.S.: Era una sfida, la voglia di fare un film in studio. Ognuno dei nostri film è una nuova esperienza tecnica e pratica, un nuovo metodo che applichiamo. Prima c'era il metodo Mosè e Aronne, adesso c'è questo. E speriamo sempre che altri cineasti utilizzino il metodo che proponiamo... ma tutto ciò non ha mai prodotto un bel niente. Di uno solo dei nostri film qualcuno che stimiamo ha capito il metodo e se ne è servito modificandolo: Trop tôt, trop tard, che ha dato D'Est di Chantal Akerman. Si è detta: «Ecco della gente che propone un metodo; me ne servirò a modo mio e ne farò qualcosa di personale». E l'ha fatto.

La sfida di Von heute auf morgen consisteva nel conciliare il vostro metodo della presa diretta, del rispetto del reale, e le convenzioni e le contingenze del cinema di studio?
D.H.: Di convenzioni non ce ne sono poi tante. In esterni si hanno degli spazi da scoprire, ai quali ci si deve adattare e con i quali bisogna familiarizzarsi; qui, al contrario, bisogna crearsi da soli uno spazio. È questa la difficolt` dello studio. La seconda sfida - ed è una delle rare cose che abbiamo in comune io e Jean-Marie - è che detestiamo restare chiusi tra quattro mura! Credo che questo si veda nella prima inquadratura, lo si direbbe un bunker.

Il cinema di studio è piuttosto un cinema di artificio, il che andrebbe contro la vostra idea?
J.-M.S.: Da quando? Quando gli americani giravano in studio, erano ben contenti di usare il sonoro in presa diretta. Anche Renoir... Anche gente come Carné o Grémillon. In studio giravano in diretta. Per Von heute auf morgen la scena era otto metri per otto, davanti c'era l'orchestra, tra le due, la rampa. Una macchina da presa nell'angolo destro della scena, una nell'angolo sinistro, una terza in mezzo e più ravvicinata. Tutta la gamma degli obiettivi per poter filmare i cantanti a tutte le distanze. Prima di girare, abbiamo sistemato i mobili e gli oggetti in funzione della posizione delle macchine da presa, al centimetro. Di solito i registi alterano tutto strada facendo, avrebbero spostato la lampada da una ripresa all'altra, ma questo non è corretto. Ecco quello che fanno al cinema, imbrogliano sempre. È molto più divertente preparare l'inquadratura prima e una volta per tutte. Se si alterano le prospettive, come faceva Pasolini, non si hanno più sorprese. Ma se la gente sente che si è rispettata una prospettiva, che non si è barato, la cosa diventa interessante: si impara davvero qualcosa sullo spazio. Se si altera tutto tra una ripresa e l'altra, lo spazio diventa di gomma. Bisogna rispettare l'integrit` dello spazio che si filma.

(Intervista a Jean-Marie Straub e Danièle Huillet, «Les Inrockuptibles», n. 91, 12-18 febbraio 1997, trad. it. in Il cinema di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet, a cura di Piero Spila, Bulzoni editore, Roma 2001)

Biografia

regista

Jean-Marie Straub

Jean-Marie Straub (Metz, Francia, 1933) ha lavorato, come assistente, per registi come Robert Bresson, Abel Gance, Jean Renoir o Jacques Rivette, esordendo nel 1963 insieme a Danièle Huillet, che da quel momento sarà sua compagna di vita e di lavoro, con il cortometraggio Machorka - Muff, tratto da un racconto di Heinrich Böll. Hanno realizzato il loro primo lungometraggio, Cronaca di Anna Magdalena Bach, nel 1968. Da allora hanno diretto una trentina di film, confrontandosi con autori come Friedrich Hölderlin o Cesare Pavese. Nel 2006 sono stati omaggiati, a Venezia, di un Leone speciale per l’innovazione del linguaggio cinematografico.

FILMOGRAFIA

 filmografia essenziale/essential filmography

Machorka - Muff (coregia/codirector Danièle Huillet, cm, 1963), Chronik der Anna Magdalena Bach (Cronaca di Anna Magdalena Bach, coregia/codirectorDanièle Huillet, 1968), Moses und Aaron (Mosè e Aronne, coregia/codirectorDanièle Huillet, 1975), Dalla nube alla resistenza (coregia/codirector Danièle Huillet, 1979), Der Tod des Empedokles (La morte di Empedocle, coregia/codirector Danièle Huillet, 1987), Lothringen! (coregia/codirectorDanièle Huillet, cm, 1994), Sicilia! (coregia/codirector Danièle Huillet, 1999),Une visite au Louvre (coregia/codirector Danièle Huillet, 2004), Corneille-Brecht (cm, 2009), O somma luce (2010), Jeonju Digital Project 2011 - Un héritier (cm, 2011).

Danièle Huillet

Danièle Huillet nasce a Parigi il 1° maggio 1936. Cresce in campagna e ritorna a Parigi verso il 1948. Studia al liceo Jules Ferry. Si prepara per l'IDHEC ma si rifiuta di scrivere sul film Menèges di Yves Allégret che ritiene indegno di una prova d'esame.

Cast

& Credits

Regia: Jean-Marie Straub, Danièle Huillet.
Testo e musica: dall'opera omonima in un atto di Arnold Schönberg su libretto di Max Blonda [pseudonimo di Gertrud Kolisch Schönberg]
Scenografia: Max Schoendorf, Jean-Marie Straub, Danièle Huillet.
Fotografia: William Lubtchansky, e Irina Lubtschansky, Marion Befve
Luci: Jim Howe, Barry Davis, Andreas Niels Michel.
Direzione musicale: Michael Gielen dirige l'Orchestra Sinfonica della Radio di Francoforte.
Suono: Louis Hochet, con Georges Vaglio, Sandro Zanon, Klaus Barm, Charly Morell, Hans-Bernhard Bätzing, Björn Rosenberg
Pettinature: Jutta Braun
Assistenti: (Musica) Till Drömann, David Coleman; (Film) Rosalie Lecan, Jean-Charles Fitoussi, Arnaud Maillet.
Interpreti: Richard Salter (lui), Christine Whittlesey (lei), Annabelle Hahn (la bambina), Claudia Barainsky (l'amica), Ryszard Karczykowsky (il cantante).
Produzione: Straub-Huillet, Pierre Grise, Martine Marignac in collaborazione con Hessischer Rundfunk, Dietmar Schings, Leo Karl Gerhartz, Hans-Peter Baden.
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