2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

Band à part

Band à part - Band of Outsiders
di Jean-Luc Godard
Nazione: Francia
Anno: 1964
Durata: 95'


Odile (Anna Karina) rivela a Franz (Sami Frey), uno studente in lingue, di un suo misterioso coinquilino, che vive con una zia e con una custode e che sembra tener nascosta, nella sua camera, una grande somma di denaro. Franz e il suo amico Arthur (Claude Brasseur) studiano il piano per compiere il furto e persuadono Odile a collaborare. Ma i parenti poco raccomandabili di Arthur, venuti a conoscenza del colpo, vogliono anch'essi parteciparvi. La rapina contro Madame Victoria rimasta a custodire la casa si trasforma in una tragica farsa. I soldi non si trovano, e verranno scoperti da Arthur solo alla fine, nascosti nella cuccia del cane; Arthur stesso morir` colpito dai suoi parenti. Mentre Stolz, di ritorno, si congratula con Madame Victoria, i superstiti Odile e Franz partono, in un assurdo happy end, per i mari del Sud.

A. Farassino
(Jean -Luc Godard, La Nuova Italia, Firenze 1974)


L'ultima volta che ci siamo visti, a Roma, mi disse che per lei Le mépris era come la fine di un periodo e l'inizio di qualcosa di nuovo. Allora come vede Bande ` part?
In quel momento era soprattutto un sentimento che io avevo, come se Le mépris fosse la fine di qualcosa per partire verso nuove direzioni. Ora, da un punto di vista estetico non so se si tratti di un mutamento di direzione, ma da un punto di vista tecnico si è trattato di rifare un film come agli inizi ciò piuttosto un piccolo film a basso costo e girato in poco tempo e che accordasse importanza così al personaggio come alla maniera in cui lo si fa agire. Un film che corrispondesse ai film di serie B che amo nel cinema americano, anche se la maniera con la quale vengono fatti qui in Francia non corrisponde a quella americana.

Dunque un ritorno a A bout de souffle?
No, non è un ritorno. Si è trattato di ripartire in un'altra direzione. A bout de souffle era, mettiamo, ad est, sono partito poi verso il sud per ritornare ad ovest ma senza fare lo stesso percorso: cioè riprendere un po' la stessa direzione ma senza tornare indietro. E se lo si raffronta ad altri miei film, si ha l'impressione che somigli un po' a tutti. In Bande ` part c'è un po' di tutto. Ero influenzato dal film che avevo appena terminato, Le mépris, nel senso di prendere maggior distanza rispetto ai personaggi e nello stesso tempo avvicinarmici di più. In definitiva ho conservato un aspetto di Vivre sa vie. Si trattava anche di riprendere un po'i personaggi di A bout de souffle, più popolari forse.
Prima avevo sempre provato a trattare uno o al massimo due personaggi, mentre stavolta si è trattato di parlare di tre personaggi nello stesso tempo. Cioè di parlare di ciò che succede loro piuttosto che di loro stessi, mentre fino adesso credo di aver soprattutto parlato delle persone e non di ciò che succede loro. Avevo descritto più i personaggi che le situazioni. In Bande ` part invece è soprattutto la situazione che descrivo.

J.-L. Godard
("Filmcritica", n. 150, 1964)


In Bande ` part si ritrovano gli ingredienti tradizionali dei film di Godard; l'amore che conduce alla morte; Possessione della delazione; il continuo mescolarsi della tragedia e del melodramma, su un tono di commedia burlesca; uomini innamorati di una donna, goffi nella loro tenerezza e che disperatamente cercano il gesto, la parola che non possano tradire i loro sentimenti; i problemi del linguaggio, della parola opportuna, della traduzione di una lingua straniera; il dialogo (rafforzato da un commento) in cui i giochi di parole si alternano con citazioni letterarie in quest'esasperata confusione che tutti i film di Godard esplorano tenacemente e che si ritrovano nella confusione dei comportamenti dei personaggi, dei loro sentimenti, della loro evoluzione. Insomma, tutti gli elementi dell'universo di Jean-Luc Godard. Ammetto che quest'universo, questa continuit` negli argomenti, questa fedelt` a una dialettica aggrovigliata e spesso balbuziente dei rapporti umani, si fondano su manie, tradiscono una limitata ispirazione. Per il momento constato che, valorizzato da una rara continuit` nel corso di sette film, quest'universo esiste.
Anche in Bande ` part si ritrova il linguaggio personale del regista, caratterizzato essenzialmente dalla sua disinvolta libert`.
Le ricercatezze si fanno più rare sul piano dell'immagine in cui Godard sembra aver gi` attinto il suo autoclassicismo: scene via via più lunghe, quindi sempre meno numerose; una ripresa tranquilla che rifiuta il più possibile gli angoli "privilegiati" per limitarsi a quelli dell'osservatore neutrale; un'immagine sempre molto contrastata (carbone-yogurt) che forse meglio si accorda con i tristi villini di periferia di Bande ` part. È sulla banda sonora che Godard continua a manifestare il suo rifiuto delle convenzioni e porta ad un rinnovamento, rendendo manifesto, senza dubbio involontariamente, che i problemi dell'espressione parlata, della lingua, della parola, sono alla base delle sue preoccupazioni. Jean-Luc Godard possiede, ed è un fatto certo e confermato da Bande ` part, un universo ed un linguaggio che gli sono propri. È molto per un autore ed è sufficiente perché non lo si tratti con quel disprezzo di cui egli stesso non è avaro nei confronti degli altri.
È in questo senso, mio caro Benayoun, che si può dire che "Godard esiste". Questa testardaggine nei temi, e nello stile, merita più attenzione e, all'occorrenza, una confutazione più approfondita, riconosciamolo, delle squallide monellerie di Chabrol o della totale impersonalit` di Molinaro.
Stabilita, se non definita questa originalit`, questa personalit` di Godard, è ancora opportuno intraprendere l'esame critico. Nelle voci attive del bilancio ricorderò soprattutto una grande immaginazione e un risultato sicuro nei dettagli di ogni genere: nella gag visiva (la visita a cronometro del Louvre), nella gag sonora (il minuto di silenzio con l'interruzione della banda sonora), nella gag gestuale (tutta la piccola pantomima danzata da Arthur - Claude Brasseur attorno a Odile - Anna Karina: carezza sui capelli, pacca sulle natiche, movimenti bruschi e teneri in cui l'amore si esprime con un ritegno spontaneo e serio). Questo senso della gag, questa precisione di tono nei rapporti amorosi spiegano senza dubbio il fatto che ai miei occhi i due migliori film di Godard siano una commedia a una commedia drammatica basate sulla pittura delle relazioni sentimentali (Une femme est une femme e Bande ` part). Attraverso le considerevoli differenze di temperamento e di linguaggio, è qui evidente tutto ciò che avvicina Godard a Truffaut, e spesso si pensa, guardando Bande ` part, a una specie di Jules et Jim girato con lo spirito di Tirez sur le pianiste.

P. Billard
("Cinéma", n. 89, 1964)


Dapprima c'è stato Gioventù bruciata. Non sempre c'è un motivo, leggete un po' i giornali, e i sentieri della ribellione sono sempre più difficili da scoprire. Mi sembra che questo sia il caso di quello che viene detto, e chiaramente mostrato, non come tesi, come esempio o come lezione, ma come constatazione, come scheda antropometrica. Il male del secolo è evidenziato sotto un altro aspetto. È evidente che Brasseur si lancia nell'azione, anche violenta, come un bambino che fischia attraversando un'oscura foresta per farsi coraggio. Più che un'azione gratuita risvegliata da quella di Lafcadio, è una sorta di reazione profonda, una risposta irresistibile ad un'irresistibile pressione fisica e morale del mondo esterno, nel quale ci si trova. Epitteto divide in due tutte le cose, quello che dipende da noi e quello che non dipende da noi. L'azione, il passaggio all'azione al quale Brasseur freneticamente si decide, è una volont` potente e vitale di estendere il campo di quello che dipende da noi. Se ne infischia altamente di quel mucchio di soldi. (…)
Senza dubbio è vero che il comportamento di questa generazione è indecifrabile. È universale. Il rock e il mod della spiaggia di Brighton accomunano lo hooligan. Ci sarebbe - c'è - una grande ipocrisia a scaricare sull'autore che lo rappresenta la responsabilit` della sua esistenza. Tutte le variet` di puritanesimo, il calvinista, il papista o lo stalinista si uniscono per trasferire il biasimo profondo diretto alla cosa, su colui che la fa vedere. Curiosa prestidigitazione mentale spesso accompagnata, sull'esempio del vecchio cretino reazionario Juvénal, da una stolta esaltazione delle virtù ipotetiche e mitiche di virtuosi antenati, ma tutto questo non è che rancore e mugugno, come dice un celebre latinista. Jeanson condanna con un piacere masochista i visi, le tare e le debolezze della borghesia sotto l'occupazione, rifilandoci la stessa falsa moneta come se ne esaltasse le virtù dialetticamente opposte. Godard fa vedere. Bella differenza. È in questo modo che lui ama e nel senso letterale, compatisce senza giudicare.
Una celata tenerezza verso i suoi personaggi, sicuramente. E che procede di pari passo con la litote e l'ellissi che sempre si ritrovano. Paradossalmente, e dissimulate come sempre, e che sembra il procedimento stesso di Godard, di contro a un estendersi di alcune scene, cosa che fa gridare alla provocazione, come si è ben visto con le cartoline di Les Carabiniers. Forse è solo che c'è un tempo per tutto. E, per restare nell'ambito delle sentenze, diciamo che le cose vanno diversamente.
Questa tenerezza, finalmente evidente, la si riconosce. È senza dubbio una chiave in più. È quella di Queneau. Quella che prova per Lehameau in "Un rude hiver", per Pierrot, per il nano di "Chiendent".
Huston, senza Conrad, aveva fatto di La regina d'Africa un film fedele a Joseph Conrad. Eco qui, senza Queneau, il film più fedele al tono, al fascino indostituibile di Raymond Queneau. Senza dubbio sono parziale. Non ritengo soltanto Raymond Queneau il più grande scrittore francese vivente, ma questa è solo un'opinione. Soprattutto per il meraviglioso specchio del tragico burlesco, del barocco quotidiano, del dramma così comico di quest'epoca confusa. Che gioia ritrovarlo (…)
Naturalmente non mi piace Bande ` part in quanto migliora rivisitazione del museo Queneau. Diciamo che qui ritrovo un tono, un fascino, una emozione patetica e ridente che mi incantano e che mi colpiscono anche nella loro, espressione letteraria.

P. Kast
("Cahiers du Cinéma", n. 159, 1964)

Biografia

regista

Jean-Luc Godard

Jean-Luc Godard (Parigi, 1930) è tra i protagonisti assoluti della nouvelle vague, prima come critico militante dei «Cahiers du Cinéma» negli anni ’50, poi come regista fin dall’esordio con Fino all’ultimo respiro (1960). Godard si è imposto in quasi 50 anni di carriera come uno dei più radicali e rigorosi innovatori del linguaggio cinematografico. 

FILMOGRAFIA

À bout de souffle (Fino all’ultimo respiro, 1960), Une Femme est une femme (La donna è donna, 1961), Vivre sa vie (Questa è la mia vita, 1962), Le Mépris (Il disprezzo, 1963), Une Femme mariée (Una donna sposata, 1964), Pierrot le fou (Il bandito delle undici, 1965), Made in USA (Una storia americana, 1966), La Chinoise (La cinese, 1967), Lotte in Italia (1971), Tout va bien (Crepa padrone, tutto va bene, 1972), Numéro deux (1975), Ici et ailleurs (1976), Comment ça va? (1978), Sauve qui peut (la vie) (Si salvi chi può-La vita, 1980), Passion (id., 1982), Prénom Carmen (id., 1983), Je vous salue, Marie (id., 1985), Soigne ta droite (Cura la tua destra, 1987), Histoire(s) du cinéma (TV, 1989-1998), Nouvelle vague (id., 1990), Hélas pour moi (1993), For Ever Mozart (1996), Éloge de l’amour (2001), Notre Musique (2004), Prières pour Refusniks I-II (2004) , Film socialisme (2010), Adieu au langage (Addio al linguaggio, 2014).

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Jean-Luc Godard.
Soggetto: dal romanzo Fool's Gold di Dolores Hitchens.
Aiuto-regia: Jean-Paul Savignac.
Fotografia: Raoul Coutard.
Montaggio: Agnès Guillemot, Françoise Collin.
Musica: Michel Legrand.
Suono: René Levert, Antoine Bonfanti.
Speaker: Jean-Luc Godard.
Interpreti e personaggi: Anna Karina (Odile Monod), Claude Brasseur (Arthur Rimbaud), Sami Frey (Franz), Luisa Colpeyn (Madame Victoria), Danièle Girard (l'insegnante di inglese), Ernest Menzer (lo zio di Arthur), Chantal Darget (la zia di Arthur), Michèle Seghers (allieva), Claude Makovski (allievo), Georges Staquet (legionario), Michel Delahaye (usciere).
Produzione: Anouchka Films/Orsay Films, Parigi.
Menu