2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

Bob le flambeur

Fever heat
di Jean-Pierre Melville
Nazione: Francia
Anno: 1955
Durata: 100'


Bob (Roger Duchesne) si è ritirato dagli affari per dedicarsi alla sua unica passione, il gioco. Il suo mondo è quello delle bische dove s'incontrano individui per la maggior parte del tempo ai margini della legge. Il figlio di un suo amico, Paulo (Daniel Cauchy), ha per Bob un'ammirazione senza limiti. Una sera, Bob conosce una ragazza, Anna (Isabelle Corey), che per mancanza di soldi è sul punto di prostituirsi. Bob, vecchio malvivente dal cuore d'oro, impietosito, le d` un po'di denaro e le propone di ospitarla nel suo appartamento. Paulo, il suo giovane amico, non tarda a interessarsi alla giovane protetta che diventa molto presto la sua amante. In seguito a un colpo di sfortuna, Bob che ha perduto tutto il suo denaro accetta, per rifarsi, la proposta di un esperto del mestiere, Roger (André Garret). Si tratta di svaligiare la cassaforte del Casinò, a Deauville, il giorno del Grand Prix. Bob prepara minuziosamente il colpo e deve dirigere le operazioni stando all'ingresso della sala da gioco. La sera, preso di nuovo dalla sua passione, si siede a un tavolo verde e vince ininterrottamente, fino a diventare possessore di una vera fortuna. Dimentica l'ora stabilita e non può intervenire quando il meccanismo che lui stesso ha preparato, si mette in moto. La polizia, avvertita da una spia, fa irruzione. Scoppia il tafferuglio. Il colpo di Paulo e Bob è andato a monte. Sono state le chiacchiere di Anna a spingere un confidente della polizia a svelare il piano. Paulo viene ucciso. Bob è arrestato nel momento preciso in cui gli addetti al Casinò stanno caricando sulla sua macchinai milioni che ha vinto, durante la notte, al tavolo da gioco. (…)

J. Zimmer, C. de Bechade
(Jean-Pierre Melville, Edilig, Paris 1983).


Nel 1955, con Bob le flambeur, lei ha girato la sua prima sceneggiatura originale.
Ho scritto Bob le flambeur nel 1950: cinque anni prima di girarlo. Volevo create, attraverso i miei ricordi di un mondo che avevo conosciuto molto bene, una raffigurazione più reale possibile del "milieu" francese anteguerra. La mia prima intenzione era di girare un film serio, ma dopo aver visto Giungla d'asfalto (1950), questo capolavoro di Huston, mi sono detto che non avrei più potuto far vedere in modo drammatico o tragico la preparazione e l'attuazione di un "colpo". Quindi ho preso la decisione di rimaneggiare completamente la mia sceneggiatura per fare un film divertente. Bob non è solo un poliziesco, ma una commedia di costume. (…)

All'epoca di Bob le flambeur, la malavita francese-era ancora, cinematograficamente parlando, materia vergine?
Assolutamente. Credo che in Francia si siano sempre fatti film sulla malavita; forse in modo più o meno superficiale, senza andare così a fondo. Mi ricordo che in Le miroir (1946) di Raymond Lamy, con Jean Gabin, Berval faceva la parte di un malvivente di un certo peso.


Era molto bravo in questo ruolo. In tutti i suoi film, si nota un amore per i particolari e per le cose. Ciò ha fatto sì che una volta un critico dicesse che lei era il Francis Ponge del cinema. Cosa pensa di questa affermazione?
Non che mi dispiaccia, salvo che io non amo i primi piani delle cose, ed è per questo che sono molto distante dal "nouveau roman". Le cose hanno molta importanza per me, ma niente come i primi piani rendono datato un film. Quindi, anche se una cosa ha un reale valore drammatico nella scena, lo metterò in qualsiasi posto, ma mai in primo piano. Non c'è dubbio che Hitchcock non ha paura di mettere un telefono che suona in primo piano, se dietro c'è un cadavere. Io non lo farei.


Gli specchi nei suoi film, che significato hanno?
In tutti i miei film c'è sempre questo istante di verit`. L'uomo di fronte allo specchio, è il momento dell'esame, del bilancio. Proprio di fronte a uno specchio arrugginito, percorrendo la rue Pigalle, all'inizio del film, Bob dice tra sé: "Una bella faccia da mascalzone". E con questa frase, ha detto tutto di sé.

J.-P. Melville
(R. Nogueira, Le cinéma selon Melville, Seghers, Paris 1974).


Tranne una sola eccezione (lo spaventoso Quand tu liras cette lettre), i film che questo curioso animale che è Melville ci offre periodicamente sono di una tale onest`, di una tale seriet` da costituire un piacevole contrasto con le produzioni degli altri franchi-tiratori del cinema francese. Melville possiede l'arte di ingannare il cliente sulla merce: non ha uguale, nelle buone e nelle brutte sorprese. Jean-Pierre o le ambiguit`: chi avrebbe potuto fare affidamento su questo Bob le flambeur, cugino, alla moda di Montmartre, dei Menteurs e Stéphanois? Wimpresa, diciamolo pure, sembrava eccessivamente azzardata. La rotondit` di Melville non avrebbe cercato di nascondere quelle di Isabel Corey, al contrario. Invece, niente affatto: Bob le flambeur è un'opera tra le più simpatiche ed è quasi riuscita, abbastanza pretenziosa da sviare, e sufficientemente brillante per piacere. In ogni caso, è un film lucido, il cui regista è consapevole tanto delle debolezze quanto delle qualit`. È un film molto mal raccontato e l'intreccio, per di più, non presenta alcun interesse, ricalcato com'è su quello di Le rififi. Talvolta ci si perde in esso, e, per la maggior parte del tempo, ci si sente faticosamente trascinati. Melville non è certo un narratore.
Il suo talento è altrove, lo si sa. E nel saper cogliere o suscitare il particolare insolito o poetico, nel tratteggiare i volti. L'andatura lenta e traballante di Bob le flambeur è l'immagine del film Bob le flambeur: è irresistibilmente affascinante. Ecco una Pigalle che non deve nulla a Paris by night (come non succedeva sempre in Le rififi o in Le grisbi), e che, forse per la prima volta, è vista nella sua poetica verit`, non si sa bene in virtù di quale magia, conuna cinepresa che fruga dappertutto, attenta a non lasciarsi scappare nulla di quanto può essere bello, senza essere pittoresco. All'alba, in place Blanche, che si vede sempre solo con la bocca impastata di fumo e di alcool e con gli occhi pesanti, Melville è capace di far danzare, senza un errore nei raccordi, la macchina che pulisce e bagna le strade. Bisogna rendere atto a Melville di essere un uomo che sa di che cosa parla: che un croupier non è un barista, che si può vincere venti volte di seguito giocando a baccar`, che un full di fanti vale più di un tris d'assi, che un bluffatore bluffa.
L'interpretazione, discutibile sul piano dell'elaborazione psicologica, non lo è affatto sul piano stilistico: Melville l'ha subordinata al suo racconto. Questo Duchesne con il volto invecchiato, che dice male le battute e recita bene, questa bella piantina che è Isabel Corey, che dice male le battute e recita bene, in realt` pronunciano le battute come Melville ha voluto. Quel che si perde da un lato, lo si guadagna dall'altro. Ho anche il sospetto che questo briccone di Jean-Pierre abbia espressamente ridotto le condizioni delle riprese alla loro espressione più pietosa (e per essi più acrobatica). Una piccola cinepresa portatile gli andava meglio di qualsiasi altra: sbarazzatosi di un pregiudizio che costa caro ai suoi colleghi, ha saputo benissimo, anche lui, trovare la qualit` dell'imperfezione. Ne rendo ancora merito a Melville ed unisco al suo nome quello del suo operatore Henri Decaë. (…)

C. Chabrol
("Cahiers du Cinéma", n. 63, 1956)



Se ci siamo un po'dilungati sul "film off", è perché è assolutamente evidente che il primo film poliziesco di Melville è anche il suo film più personale nel vero senso della parola. Sebbene l'approccio non sia assolutamente autobiografico, è difficile non scoprire un film "scritto in prima persona", con affetto, con humour, con un distacco che non esclude evidenti coinvolgimenti: un film leggero, da passeggio, l'unica opera di Melville che si permette delle digressioni, delle debolezze nella sceneggiatura, la mescolanza di generi, la sola storia dell'autore di Deuxième souffle che non ha un finale tragico, il solo protagonista melvilliano che sia superato dagli avvenimenti e che accetti d'invecchiare con una certa filosofia. Ancora più insolito: l'unico tratto d'humour di un uomo a cui manca terribilmente (per lo meno nell'esercizio della sua professione): quando Bob, preso dalla passione per il gioco, dimentica l'ora e fa saltare il banco che aveva previsto di svaligiare.
Bob le flambeur è una sorta di grande "bric ` brac" dei temi e delle ossessioni dell'autore: l'ambiente, Parigi, la notte, l'amicizia, la donna, i rapporti poliziotti-malviventi, il feticismo del vestiario, la passione, il rigore, il colpo studiato scientificamente, il granello di sabbia, la tragedia della vecchiaia. In questo campionario, Melville classificher` ulteriormente i suoi temi dominanti che organizzer` in modo estremamente rigoroso. Bob le flambeur è un film cardine che esplora due vie parallele: la via del documentario e la via del mito. Alla prima si riallacciano sia la descrizione di una Parigi quotidiana che il modo di tratteggiare i personaggi con i loro dubbi, le loro piccole debolezze, la loro umanit`: contrariamente a Jeff Costello (Le samourai), Bob è reale; contrariamente a Valèrie (Le samourai), Anne (Isabelle Corey) è un personaggio in carne e ossa materialmente presente e realmente desiderabile. Melville abbandoner` definitivamente questa tentazione neo-realista dopo averne constatato l'"impasse" in Deux hommes dans Manhattan.
Gli rester` solo da affinare quello che sar` costitutivo della sua strada maestra: la creazione di ogni pezzo di un universo mitico al cento per cento. Bob le flambeur ne porta gi` i segni.

J. Zimmer, C. de Bechade
(Jean-Pierre Melville, op. cit.)

Biografia

regista

Jean-Pierre Melville

Jean-Pierre Melville, vero nome Jean-Pierre Grumbach, inizia a interessarsi di cinema in giovanissima età, trascurando gli studi liceali e appassionandosi ai noir e polizieschi
hollywoodiani che influenzeranno i polar francesi degli anni ’50. Arruolatosi nel 1937, durant la seconda guerra mondiale entra in contatto con la Resistenza. Viene  arrestato in Spagna e dopo aver trascorso sei mesi in prigione si arruola nelle Forces Françaises Libres, adottando il nome di battaglia che diventerà il suo pseudonimo, in omaggio allo scrittore Herman Melville. Tornato a Parigi, nel 1945 interpreta una piccola parte in Perfidia di Robert Bresson, regista destinato a lasciare un’impronta
stilistica nella sua opera. Per poter esordire alla regia fonda una sua casa di produzione, l’Organisation Génerale Cinématographique, e realizza il cortometraggio Vingt-quatre heures de la vie d’un clown (1946). Il suo primo lungometraggio, Il silenzio del mare (1949), girato con pochissimi mezzi, è tratto dal romanzo omonimo di Vercors e sarà spesso citato come una primaria fonte d’influenza dai registi della
nouvelle vague. Il successo del film spinge Jean Cocteau a proporre a Melville l’adattamento del suo romanzo I ragazzi terribili, che esce nel 1950. Determinato a proseguire sulla via dell’indipendenza produttiva, Melville acquista dei capannoni in rue Jenner trasformandoli in teatri di posa. Dopo Labbra proibite (1953), gira il suo primo film noir, Bob il giocatore (1956), al quale fa seguito nel 1959 Le jene del quarto potere. Nello stesso anno interpreta il ruolo dello scrittore Parvulesco in Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard e nel 1961 gira Leon Morin, prete - La carne e l’anima, con Jean-Paul Belmondo, che nel 1963 è protagonista dello Spione. Nello stesso anno esce Lo sciacallo, tratto da un romanzo di Simenon. Nel 1966 Lino Ventura veste i panni del protagonista in Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide!, tratto
dall’omonimo romanzo poliziesco di José Giovanni. Nel 1967, poco dopo l’uscita di
Frank Costello faccia d’angelo, inizio del rapporto professionale con Alain Delon, un incendio distrugge gli studi di rue Jenner. Nonostante il danno economico subito, Melville riesce a realizzare L’armata degli eroi (1969), film bellico dalle reminiscenze autobiografiche legate al periodo della Resistenza. Nel 1970 ritorna al polar con I senza nome e nel 1972 realizza il suo ultimo film, Notte sulla città. Nel 1973 inizia a lavorare alla sceneggiatura del suo quindicesimo film, ma morirà a causa di una crisi cardiaca nell’agosto dello stesso anno.

FILMOGRAFIA

Vingt-quatre heures de la vie d’un clown (cm, doc., 1946), Le Silence de la mer (Il silenzio del mare, 1949), Les Enfant terribles (I ragazzi terribili, 1950), Quand tu lira cette lettre (Labbra proibite, 1953), Bob le flambeur (Bob il giocatore, 1956), Deux hommes dans Manhattan (Le jene del quarto potere, 1959), Léon Morin, prêtre (Leon Morin, prete - La carne e l’anima, 1961), Le Doulos (Lo spione, 1963), L’Aîné des ferchaux (Lo sciacallo, 1963), Le Deuxième souffle (Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide!, 1966), Le Samouraï (Frank Costello faccia d’angelo, 1967), L’Armèe des ombres (L’armata degli eroi, 1969), Le Cercle rouge (I senza nome, 1970), Un Flic (Notte sulla città, 1972).

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Jean-Pierre Melville.
Dialoghi: Jean-Pierre Melville, Auguste Lebreton.
Fotografia: Henri Decaë.
Scenografia: Jean-Pierre Melville, Claude Bouxin.
Montaggio: Monique Bonnot.
Musica: Eddie Barclay, Jean Boyer.
Interpreti e personaggi: Isabelle Corey (Anne), Roger Duchesne (Bob Montagné), Daniel Cauchy (Paulo), Guy Decombe (l'ispettore), André Garret (Roger), Claude Cerval (Jean), Colette Fleury (la moglie di Jean), Gérard Buhr (Marc), Simone Paris (Yvonne), Howard Vemon (McKimmie), Germaine Licht (la portinaia), Duriex, Jean-Maric Rivière, Kris Kersen, Alleaume, Cichi, Emile Cuvelier (i malviventi), Roland Charbeaux, René Havard, Couty, François Gir, Jean-François Drach (poliziotti).
Produzione: O.G.C., Jenner, Play Art e La Cyme.
Distribuzione: Mondial Films.
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