2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

L'année dernière à Marienbad

Last Year at Marienbad
di Alain Resnais
Nazione: Francia
Anno: 1961
Durata: 93'


Tutto si svolge in un grand hotel, una sorta di palazzo internazionale, immenso, barocco, dal décor fastoso ma gelido; un universo di marmo, di colonne, di stucchi, di rivestimenti dorati, di statue, di domestici dagli atteggiamenti glaciali. Una clientela anonima, educata, ricca senza dubbio, priva di occupazioni, osserva con seriet` ma senza passione, le rigide regole dei giochi di societ` (carte, donne), delle danze mondane, della conversazione vuota, o del tiro alla pistola. All'interno di questo mondo chiuso e soffocante, uomini e cose sembrano egualmente vittime di qualche incantesimo, come in quei sogni in cui ci si sente guidati da un ordine fatale di cui sarebbe altrettanto vano pretendere di modificare il più piccolo dettaglio o cercare di sfuggirli.
Uno sconosciuto cammina di sala in sala - di volta in volta piene di una folla elegante, o deserte -, supera porte, urta contro specchi, lungo corridoi interminabili. Le sue orecchie registrano pezzi di frasi, a caso. II suo occhio passa da un viso senza nome ad un altro viso senza nome. Ma ritorna continuamente a quello di una giovane donna, bella prigioniera, forse ancora viva, di questa gabbia d'oro. Ed ecco che le offre l'impossibile, quello che parrebbe essere la cosa più impossibile di questo labirinto in cui il tempo è come abolito: le offre un passato, un avvenire e la libert`. Le dice che si sono gi` incontrati, lui e lei, un anno prima, che si sono amati, che lui ritorna ora a questo rendez-vous fissato da lei stessa e che la porter` con sé.
Lo sconosciuto è un volgare seduttore? È un pazzo? O confonde solamente due visi? La giovane donna, comunque comincia col prendere la cosa come un gioco, un gioco come un altro, di cui non può che divertirsi. Ma l'uomo non ride. Ostinato, serio, sicuro di questa storia passata e che a poco a poco disvela, insiste, porta delle prove… e la giovane donna, a poco a poco, come a malincuore, è coinvolta. Poi si impaurisce. Si irrigidisce. Non vuol lasciare questo mondo falso, ma rassicurante che è il suo, in cui è abituata a vivere e che è rappresentato per lei da un altro uomo, tenero e distante, scettico, che veglia su di lei e che è forse suo marito. Ma la storia che lo sconosciuto racconta prende corpo sempre di più, irresistibilmente, diventa sempre più coerente, sempre più presente, sempre più vera. Il presente, il passato, del resto, hanno finito per confondersi, mentre la tensione crescente tra i tre protagonisti crea nello spirito dell'eroina fantasmi di tragedia: lo stupro, l'assassinio, il suicidio …
Poi improvvisamente la donna cede … ha gi` ceduto infatti da lungo tempo. Dopo un ultimo tentativo per sottrarsi, ancora un'ultima possibilit` che lascia al suo accompagnatore di riprenderla, sembra accettare di essere quella che lo sconosciuto attende e di andarsene con lui verso qualcosa di innominato, qualcosa d'altro: l'arnore, la poesia, la libert`… o forse, la morte…

Alain Robbe-Grillet



L'attuale tentativo spera soltanto di continuare su quella strada, cioè spera di costruire un'opera su un'architettura diversa da quella di una "storia", spera di inventare delle forme in grado di appassionare lo spettatore, a sua insaputa, con il solo potere della forma, al di fuori di qualsiasi significato esteriore. La vera tensione drammatica, la vera passione, probabilmente non dipendono da pretesi "contenuti" aneddotici, ma da un modo, che non ammette repliche, di imporsi ai sensi: alla vista e all'udito.
Tuttavia, questo film non pretende di eliminare radicalmente ogni tipo di trama, ma piuttosto di servirsene, e anche con disinvoltura, per costruire un'altra cosa: un racconto cinematografico. Si possono quindi ritrovare alcuni temi psicologici più o meno consacrati, quali: la persuasione per mezzo della parola, la paura dell'ignoto, lo stupro come unione rituale, ecc.; si trovano inoltre numerosi temi psicanalitici tradizionali: il tiro con la pistola, i lunghi corridoi, le porte, gli scaloni monumentali, i giochi con regole fisse ecc.; infine, vi si fa un largo uso degli elementi classici della nostra attuale mentalit`: la rappresentazione di serie non-casuali, il ripetersi delle cose con alcune varianti, la realt` materializzata dell'immaginario, l'attualizzazione del passato o del futuro, e il mescolarsi delle epoche, in generale.
Ma qui queste diverse componenti sono trattate come temi formali, e, anche se (probabilmente) implicano una metafisica, o una psicologia, o una morale, esse agiscono sullo spettatore attraverso la loro forma immediata o attraverso il loro sviluppo formale.
La composizione delle immagini, pertanto, il loro concatenarsi, il suono che le accompagna, non sono più sottoposti alla tirannia del "senso comune"; quando si sente una parola, non si sa sempre chi l'ha pronunziata, né si sa da dove viene un rumore, e neanche quello che queste cose vogliono dire; vedendo una scena, non si sa sempre in che momento si svolge né quel che essa propriamente rappresenta; all'interno di una medesima immagine, un'analisi approfondita potrebbe rivelare il più delle volte alcune contraddizioni importanti e decisive.
Tuttavia, al di l` di queste possibili ambiguit` e incertezze, le immagini, i suoni, ela loro concatenazione hanno la speranza di imporsi con una notevole incisivit` e una necessit` abbastanza immediata, definendo così i caratteri del realismo contemporaneo, superando la vecchia antinomia tra il cinema realista e il cinema poetico, e rimpiazzando davvero il naturalismo di un tempo.
L'Année dernière senza dubbio non è l'unico tentativo in tal senso. I suoi padri, al contrario, si sentono incoraggiati, nella loro seriet`, poiché sono certi di operare lungo la strada su cui, più o meno consapevolmente tutto il cinema contemporaneo si sta avviando.

A. Robbe-Grillet, A. Resnais
("Cinéma", n. 53, 1961)


Una critica del film dovrebbe insistere sull'aspetto "mondo chiuso", percettibile in questa nozione del tempo che non è il tempo realistico del racconto, e che sar` facile assimilare ad un tempo musicale, a quel tempo ontologico di cui Stravinsky insegnava che domina attraverso un principio di similitudine. All'interno di questo tempo "gioca" la cronologia del "racconto" (come si dice che il legno si assesta), divengono plausibili le esegesi. Il film è una grande forma mobile, che svela le sue radici e ne scopre altre in noi. Perché L'anno scorso non esiste in sé: lo spettatore anima il film (come il gioco dello sguardo fa vivere il movimento delle tele di Vasarely). Resnais e Robbe-Grillet fanno appello all'inconscio collettivo, essendosi presi cura di non far deviare la narrazione in un certo senso preciso, ma di lasciarla derivare. Il loro film non è un'impresa esoterica: aspira al contrario alla più larga udienza. L'esegesi non saprebbe essere costrittiva, e se essa segue una strada, deve permettere l'esistenza di altre delucidazioni. Una grande opera è, di solito, superata dalla sua significazione; il film di Resnais prevede tutte le sue significazioni e le ingloba in anticipo; le esaurisce tutte, anche se se ne scoprissero all'infinito. Tutto ciò che si è potuto, ciò che si potr`, scrivere a proposito dell'Anno scorso fan gi` parte del film. Mentre il procedimento comune tende a decifrare il mondo, il film di Resnais si identifica, si sostituisce al mondo, se ne appropria, e propone a sua volta una cifra. Questa cifra, creazione assoluta, si nutre tuttavia di doppia eredit`, quella della sua epoca, e anche di quell'eredit` arcaica raccolta dai sogni che ciascuno di noi conserva.

F. Weyergans
("Cahiers du Cinéma", n. 123, 1961)


Questo film porta il segno di un disgusto, quello che prende oggi i cineasti (e i romanzieri) all'idea di raccontare una stona secondo le linee, diventate barriere, del racconto convenzionale, e cioè logico e cronologico; si rifiuta lo schema di tipo lineare. Questo disgusto non è nuovo in letteratura dove gi` da un bel pezzo si è polverizzato il racconto. Lo è ancora nel cinema, senza dubbio perché il cinema è ancora giovane e lo spettatore cinematografico, guastato dalla passivit` in cui il cinema attinge la sua forza di persuasione, sembra meno evoluto del lettore di romanzi. Ora, precisamente, L'année dernière ` Marienbad richiede al pubblico un atteggiamento nuovo, una nuova disponibilit`. Non più la passivit` ma la condiscendenza; non più la comprensione, ma la complicit`. Insomma, una collaborazione. Questo film pretende dallo spettatore quanto, per esempio, un romanzo di Faulkner pretende dal lettore. (…) La scenografia è acutamente scelta, in quanto implica la storia. Modanature, cimase, fregi, comici, astragali e festoni, il sensualismo barocco dell'architettura e della decorazione interna del palazzo - grande albergo si oppone al cartesianesimo esteriore dei giardini alla francese: o meglio c'è una correlazione tra l'uno e l'altro. E L'année dernière ` Marienbad si fonda sul gioco che contrappone al cartesianesimo della vita cosciente e guidata, il barocco dei nostri ricordi e della nostra vita effettiva. È quindi assolutamente necessario che lo spettatore si lasci penetrare, invadere da questa scenografia essenziale; bisogna che la "subisca" come il lettore di Balzac deve subire le sue descrizioni preliminari, e per le medesime ragioni. (…) La donna evade da questo albergo labirintico abitato da morti. Verso che cosa? Non lo sapremo mai. In realt`, non sapremo mai M che, guastati da alcuni secoli di cartesianesimo, chiamiamo la verit`. Non conosciamo e non conosceremo la sequenza cronologica e logica degli avvenimenti che compongono questa storia. (…) Film inquietante, perché d` un calcio alla rassicurante casualit` e successione; i due compari aprono tutte le trappole. Ed è eccitante constatare che questo film iperintelligente (ma che si accusa di iperintellettualismo) richiede, in effetti, sottomettendosi alle "ragioni" del cuore, la morte di Descartes. (…) Per conto mio, vedo in L'année dernière ` Marienbad il primo film veramente "moderno", che si possa paragonare alla pittura, quando questa rinuncia alla prospettiva e all'aneddoto, e alla verit`, se la verit` non è altro che quella dello spazio euclideo; o paragonabile alla musica quando questa respinge la melodia e cerca la sua profonda realt` nel disordine o in quello che quanti si accontentano prudentemente delle apparenze chiamano disordine.

J.L. Bory
("Arts", 4 settembre, 1961)

Biografia

regista

Alain Resnais

FILMOGRAFIA

VAN GOGH (1948); GUERNICA (1950); LES STATUES MEURENT AUSSI (1951); NUIT ET BROUILLARD (1955); TOUTE LA MÉMOIRE DU MONDE (1956); LE MYSTÈRE DE L'ATELIER QUINZE (1957); LE CHANT DU STYRÈNE (1958); HIROSHIMA MON AMOUR (1959); L'ANNÉE DERNIÈRE À MARIENBAD (1961); MURIEL OU LE TEMPS D'UN RETOUR (1963).

Cast

& Credits

Regia: Alain Resnais.
Sceneggiatura e dialoghi: Alain Robbe-Grillet.
Fotografia: Sacha Vierny.
Scenografia: Jacques Saulnier.
Montaggio: Henri Colpi, Jasmine Chasney.
Musica: Francis Seyrig.
Suono: Guy Villette.
Interpreti e personaggi: Delphine Seyrig (A), Giorgio Albertazzi (X), Sacha Pitoèff (M), Françoise Bertin (l'attrice), Luce Garcia-Vilel, Hélène Kornel, Françoise Spira, Karin Toeche-Mittler, Pierre Barbaud, Wilhem Von Deek, Jean Lanier, Gérard Lorin, Davide Montemuri, Gilels Quéant, Gabriel Werner (ospiti dell'albergo).
Produzione: Terra Film, Les Films Tamara, Cormoran, Précitel, Como-Films, Argos-Films, Cinetel, Silver-Films, Cineriz.
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