2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

L'Eau à la Bouche

A Game for Six Lovers
di Jacques Doniol-Valcroze
Nazione: Francia
Anno: 1959
Durata: 85'


Miléna, che vive in un grande castello semivuoto vicino ai Pirenei, aspetta l'arrivo dei suoi coeredi, Jean-Paul e Fifine, che Sono fratello e sorella e che ha visto l'ultima volta da bambina, per sentire la lettura del testamento della nonna. All'ultimo momento Jean-Paul ha un contrattempo e Miléna scambia Robert, socio di Jean-Paul e amante di Fifine, per Jean-Paul. Robert, che ha un rapporto libero con Fifine per quanto riguarda altre avventure, è attratto immediatamente da Miléna. Fifine, che ha ceduto a Miguel, il bell'avvocato che legge il testamento, copre l'inganno. Intanto César, il maggiordomo innamorato di Miléna, corteggia Prudence, la nuova cameriera, riservata ma vivace, e alla fine riesce a conquistarla. Tutti si accoppiano la stessa sera. La mattina seguente l'inganno di Robert è scoperto, ma Miléna lo perdona. Fifine quindi scoprendo che Miguel è un donnaiolo, si abbandona a scene isteriche e minaccia di suicidarsi. Per fortuna Jean-Paul arriva a consolarla.

("Monthly Film Bulletin", n. 319, 1960)


Fare il critico è una ottima scuola per poi diventare regista. Perché permette di studiare l'inquadratura, i metodi di lavorazione gli aspetti tecnici, ad esempio le luci, il sonoro e il lavoro degli attori senza essere personalmente coinvolto nella lavorazione.
Preferisco fare dei film originali, i due lungometraggi che ho fatto fino ad oggi, L'eau ` la bouche e Coeur battant sono basati su delle mie idee originali. Lavoro così, perché si è del tutto soli, e ritengo che la riuscita del film sia migliore che lavorando in équipe. E in questo momento il regista francese gode della maggiore libert` di fare ciò che vuole. Siamo anche aiutati dal fatto che si può girare con un budget molto basso. Credo sia un'ottima cosa per il cinema lavorare con tali budget, perché consente al regista la massima libert`d. E forse questo porter` alla morte del cinema tradizionale.
Preferisco fare dei film in cui la storia si sviluppa attraverso l'esplorazione dei personaggi non attenendomi strettamente ad un copione. Per aiutare gli attori con questo tipo di lavorazione e per dare loro la possibilit` di essere più naturali, credo sia di grande aiuto riprendere la scena in un solo ciack anche se dura parecchi minuti, perché d` agli attori l'opportunit` di immedesimarsi maggiormente nei ruoli che stanno recitando.
Sia in Coeur battant che L'eau ` la bouche, ho girato tutto il film sul posto, il che mantiene bassi i costi. L'attrezzatura è molto leggera e il fotografo con cui sto lavorando, Christian Matras, è uno dei più bravi in questo paese. Egli è molto veloce e riusciamo a girare dai cinque ai dieci minuti di film, buoni per il montaggio, al giorno.

J. Doniol-Valcroze
("Films and Filming", n. 1, 1960)


L'assoluta originalit` di L'eau ` la bouche, primo grande film di un vero romanziere (come del resto è Astruc), Jacques Doniol-Valcroze, deriva forse dal fatto che, nonostante l'autore e nonostante la struttura chiaramente romanzesca, il cinema tradisce la letteratura e si apre sulla belt` del mondo e degli esseri in un modo tutto visivo. Prima di mettersi a comporre, la macchina da presa di Doniol, viva e vegeta, respira e sente l'aria dei luoghi, più che quella del tempo. E in lui l'osmosi parola-immagine, finzione-realt` raggiunge un'intensit` dialettica infinitamente più accentuata che nei suoi predecessori e modelli. Questo avviene, io penso, per un motivo fondamentale: Doniol si affida completamente al cinema. Anche se possiede una vasta cultura letteraria ed è in grado di recitarvi con disinvoltura, come Rivette e Domarchi, 'L'après midi d'un faune" o l'inizio di "L'étranger", da bravo discepolo di Renoir e Visconti, il Renoir di Fleuve, il Visconti di Notti bianche, egli dapprima osserva, contempla, e poi ricrea. Qui la parola non gioca gratuitamente sulla sua irresponsabilit`, l'immagine non si irrigidisce in un rispettoso attenti: ci si accorge costantemente che a monte c'è stata una percezione di tipo cinematografico. (…)
Come ha scritto Pierre Kast, L'eau ` la bouche è "il film di un uomo che ama le donne, che lo dice e lo fa vedere". E questo non è così comune come si crede, anche tra i giovani. Doniol sente la donna, come a fior di pelle, accarezza le seriche epidermidi - al contrario di Chabrol o Godard, che nutrono visibilmente degli umori assassini nei confronti del sesso debole - spoglia le sue
graziose interpreti con un'eleganza, una delicatezza, un ritmo quasi danzante, come non ricordo di aver mai visto al cinema, anche in Renoir. (…)
Ancor più mi tocca l'intensa sensibilit` che il regista dimostra nei confronti dell'ambiente che descrive, della indefinibile atmosfera di questo castello meridionale isolato nella campagna, che ogni abitante del Sud riconoscer` senz'altro, Albert Camus, nella sua opera più bella, "Noces", ha esaltato lo splendore, il fervore di questo Mezzogiorno in cui l'essere si sente fondere sotto la violenza del sole e l'azzurro del cielo. Qui la luce è più smorzata, le ombre si susseguono nella penombra, nulla d` fastidio, nulla ferisce, se non nelle pieghe più segrete del cuore. (…)
Raramente da uno studio francese è uscita un'opera più raffinata e con una sensibilit` più sottile. Il problema che si pone oggi a Doniol-Valcroze è quello di darsi una disciplina, di mirare più in alto. Egli è chiaramente fornito della stoffa che fa i grandi registi. Senza fanfare e timpani, senza professioni di fede eclatanti, senza trovate pubblicitarie, ci chiede di guardar vivere il mondo. Non appena si sar` liberato dei panni dell'uomo di cultura ed avr` appeso a un chiodo i suoi amori letterari ' ci offrir` probabilmente il perfetto cinema- divertissement a cui pensava il suo grande amico Jean George Auriol. Non ho alcuna difficolt` a definire, come fa Lindsay Anderson, L'eau ` la bouche "un buon film da dilettanti". Possa il professionismo arrivare molto tardi!

L. Marcorelles
("Cahiers du Cinéma", n. 105, 1960)


Un primo film è come una visita in cui l'autore vi mostra i suoi libri preferiti, i suoi dischi, e vi parla a lungo dei film che ammira. Dopo "Les caractères" di La Bruyère, ecco che Jacques Doniol-Valcroze ha girato i "Proverbes" di De Musset. La sua commedia langue un po', non sembra rivelare un temperamento eccezionale, ma porta il segno d'un uomo di gusto. Non è caricata. In un'epoca di ridondanza questa semplicit` è preziosa. Il debutto di questo giovane regista è modesto. Ci sono modi peggiori di iniziare.
Soltanto, ci si chiede come Jacques Doniol, esigente critico di "France-Observateur", giudicherebbe, se dovesse farlo, il primo film di Jacques Valcroze. Sarebbe senza dubbio più severo di quanto abbiamo voglia di esserlo noi. L'eau ` la bouche gli parrebbe una commedia indecisa, dal soggetto anodino, i cui interpreti mancano di rilievo, il montaggio di mordente, la costruzione di rigore. Eccellente conoscitore di tutto ciò che è stato fatto nel cinema da vent'anni, Doniol non farebbe fatica a riconoscere nel castello medievale per il quale Valcroze porta in giro deliziato la sua cinepresa quello di Monsieur Arkadine, e in quella ragazzina che conosce tutti i segreti e li tiene per sé quella del Corbeau di Clouzot (o d'altri), senza il significato originale, la necessit`, che hanno per Orson Welles i castelli e per Clouzot le ragazzine.
Quella notte d'estate, piena di sorrisi malinconici, e in cui s'avvolge una canzone disincantata, gli ricorderebbe Bergman. Insomma, non farebbe fatica a trovare in L'eau ` la bouche una graziosa collezione di truismi cinematografici.
E la cosa più grave è che non avrebbe torto. Ci sono molte cartoline in questo film da vacanze; tutti gli amici hanno spedito la loro. E l'autore le fa scorrere, un po' troppo ostentatamente, sul tavolo. C'è anche qualcosa di facile cui un vero regista, anche debuttante, dovrebbe sapersi rifiutare. Che Jacques Doniol-Valcroze abbia una predilezione per il corale di Bach "Jesu meine Freud", è suo pieno diritto (e ne ha tutte le ragioni). Ma che voglia fargli accompagnare i giochi notturni degli amanti è oggi, dovrebbe saperlo, cedere al peggior conformismo.
Ma errori del genere sono in definitiva piuttosto rari, molto secondari se si pensa alle qualit` innegabili del film. E a rischio di irritarlo, di farlo addirittura arrabbiare, ci piacerebbe piuttosto prendere le difese di Valcroze contro il suo amico Doniol. Ciò che i suoi amici giudicheranno timido a noi sembra intelligente. Ciò che giudicheranno scialbo ci sembra brillante. (…) Il dialogo, una volta tanto, non cerca di scandalizzare. Il libertinaggio non si crede metafisica. Le stesse allusioni politiche hanno una discrezione e una finezza notevoli. Gli attori non istrioneggiano. E gli eroi dell'Eau ` la bouche presentano una differenza essenziale rispetto a tutti quelli dei nostri giovani registi: non si compiacciono di sé. Michel Galabru è spesso bizzarro e Alexandra Stewart sempre incantevole. Se questa commedia a mezzetinte non incontra presso la Nouvelle Vague un successo clamoroso, è che merita qualcosa di meglio.

R. Courtade
("Arts", n. 759, 1960)

Biografia

regista

Jacques Doniol-Valcroze

FILMOGRAFIA

L'EAU A LA BOUCHE (1959)

Cast

& Credits

Regia: Jacques Doniol-Valcroze.
Sceneggiatura: Jacques Doniol-Valcroze, con la collaborazione di Jean-José Richer.
Fotografia: Roger Fellous.
Musica: Serge Gainsbourg e Alain Goraguer.
Interpreti e personaggi: Françoise Brion (Miléna), Alexandra Stewart (Fifine), Bernadette Lafont (Prudence), Jacques Riberolles (Robert), Gerard Barray (Miguel), Paul Guers (Jean-Paul), Michel Galabru (Cesar), Florence Loinod (Florence).
Produzione: Les Films de la Pléade.
Distribuzione: Cocinor-Marceau.
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