2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

La tete contre les murs

Head Against the Wall
di Georges Franju
Nazione: RFT
Anno: 1958
Durata: 92'


François Géranne, un giovane disorientato, con una passione per le motociclette e le feste burrascose, va in cerca di soldi tra i suoi amici, gente di pochi scrupoli che campa su donne ricche e vecchie. Proprio nel momento in cui un rapporto stabile con una ragazza che si chiama Stéphanie sembra promettergli una via d'uscita dai guai. Penetra nella casa del padre, ricco avvocato, gli ruba dei soldi e brucia senza motivo una lettera importante. Sopraggiunge il padre, che spinto dal disprezzo per il figlio, si decide a farlo rinchiudere in una casa di cura. François si trova in una situazione disperata. Il primario, dr. Varmont, che è un reazionario di vecchia scuola ("rinchiuderli e tenerli chiusi") lo giudica arbitrariamente come pazzo. Dopo due tentativi di fuga falliti e una visita formale del padre, François cede alla miseria e all'orrore delle condizioni che lo circondano. L'unica difesa contro la pazzia resta l'amore di Stéphanie. Quando gli sforzi per farsi trasferire al reparto del dr. Emery - il collega più giovane e più progressista di Varmont - falliscono, François fa un ultimo tentativo di fuga. Ci riesce, trova un lavoro a Parigi e viene nascosto da Stéphanie che si prende cura di lui. François però rifiuta di trasformare anche Stéphanie in una ricercata. Lascia il suo appartamento, solo per essere ripreso e rimesso in manicomio.

R.V.
("Monthly Film Bulletin", n. 331, 1961)


Les yeux sans visage e La tête contre les murs sono due cose molto diverse. La tête contre les murs è un film "sentito", dal momento che io provo rispetto per coloro che vengono chiamati i malati di mente, perché sono loro molto vicino; pertanto, visto che ciò mi fa paura, ho fatto un film su quel cha fa paura a me e agli altri. La tête contre les murs è un film autentico, che contamina… insomma, un film del terrore.
La malattia mentale è contagiosa. Non riesco a stare da solo insieme a dei malati di mente. Loro sono parecchi ed io sono uno. Ad averla vinta non è la forza della ragione, ma quella del numero. Mi sento spacciato, di fronte ad essi, talmente sono sottili, talmente sono misteriosi, talmente sono pieni di poesia… (…)
In primo luogo bisognava far vedere la vita nei manicomi. Nel film ci sono alcuni scarti, è vero, è stiracchiato, come dice lei; dal momento in cui si segue un personaggio che si trova in manicomio, si lascia una ragazza e la sua vita e la si ritrova mentre va a trovare questo ragazzo in manicomio, si rivede la figura laida del padre e poi la lotta dei due medici a proposito di questo caso, ci sono molte complicazioni: prima la storia familiare, poi la storia del manicomio e successivamente la storia d'amore.
Penso che innanzitutto sia un film d'atmosfera: l'internamento, il refettorio, il cortile del manicomio, i muri, i muri che vivono, i muri di donne folli che urlano, la carrellata del trenino, il girotondo dei folli, la sepoltura, il fuoco sulla pianura, il ritorno a Parigi, il neon, la roulette, il cinturone di Anouk, la fine, tutto questo mi piace, perché è tremendo, tenero e poetico. E l'inizio che non funziona, vale a dire che non si combina con omogeneit` con l'insieme del film.

G. Franju
("Cahiers du Cinéma", n. 101, 1959)


L'epiteto di "fantastico" che è comunemente attribuito all'opera di questo autore, rischia di falsare la nostra prospettiva se non ricordiamo come il termine tragga il suo significato non da un'opposizione a quello di "realismo", ma piuttosto da un certo modo di intendere il realismo. Franju stesso, d'altronde, ha dato a questo proposito spiegazioni chiarissime e ripetute: "Kafka - ha dichiarato - diventa terrificante a partire dal momento in cui diventa documentaristico". Se dunque Franju ha la fama di cercare il lato insolito delle cose è perché, per lui, mostrare quel lato insolito significa fare un gesto di tipo documentaristico. Del resto, secondo lui, "non si può creare l'insolito. Tutt'al più si esprime l'insolito delle cose". Non si potrebbero trovare parole migliori per affermare che l'insolito riposa essenzialmente sul postulato realista. Giacché cosa significa esprimere l'insolito delle cose?
Bisogna restituire al termine il suo senso etimologico di scoperta, di svelamento. "L'oggetto - scrive ancora Franju - ridiventa se stesso a partire dal momento in cui piano a coda davanti a un autobus".
Esprimere l'insolito significa dunque sbarazzare l'oggetto della sua maniera d'essere abituale, spogliarlo della sua funzione strumentale. È in questo senso che bisogna intendere la dichiarazione di Franju a proposito di ciò che lui chiama la forma pura.
Se il fine dell'artista è di esprimere l'insolito delle cose, la metafora sar` la sua tecnica. In effetti, si trova in Franju quello stesso senso della metafora che possedevano i poeti e, al massimo grado, i surrealisti. In Franju, però, la metafora può essere magari ricercata ma mai fabbricata. L'intento principale dell'autore è quello di vedere e di scoprire nel reale come quel reale può apparire insolito. "Bisogna vedere e mostrare gli uomini, ed esprimerli senza tradirli. E lo stesso vale per le cose materiali… La collocazione del punto di visuale è una scelta, la luce è una scelta, il momento è una scelta. È tutto una scelta, e la combinazione di quelle scelte fa sì che l'oggetto si dia in maniera insolita".
Ma poiché non c'è vero realismo se non nel rispetto del tempo, della durata, non sar` sufficiente spogliare l'oggetto della sua veste abituale, ma bisogner` ancora restituirgli la sua durata. Ne è certo cosciente Franju che non a caso predilige lunghe inquadrature. In questo modo, descrivere è innanzitutto descrivere nella durata, cioè fare la storia di… Si comprende come, dovendo affrontare il film di finzione, Franju identifichi il raccontare una storia con il descrivere quella storia: in fin dei conti, non è la storia l'oggetto stesso del lavoro del documentarista? La tête contre les murs secerne la finzione, cioè il fantastico, come il documentario secerne la Storia.
Giacché che si tratti di un film fantastico, onirico, questo è evidente. Occorre giusto aggiungere che, per essere praticabile, questo carattere onirico deve soddisfare certe condizioni, poiché più un film è onirico più esige una finzione da cui il sogno sia bandito, dove Fazione sia realizzata ed effettivamente vissuta.

A. Labarthe
(Essai sur le jeune cinéma français, La Terrain Vague, Paris 1960)


In tutti i documentari firmati da Georges Franju, anche in quelli meno riusciti, accade che improvvisamente uno squarcio di follia strappi lo schermo e costringa lo spettatore a guardare la realt` sotto una luce completamente differente, In La tête contre les murs, primo lungometraggio del realizzatore di La dernière nuit (che viene proiettato prima del film) questo squarcio, questa illuminazione poetica, è diventato il soggetto stesso del film. Esso colpisce gi` le prime immagini: un motociclista che si butta in un burrone sotto lo sguardo di Anouk Aimée, poi un zigzagare da un piano all'altro passando da una ragazza in slip che nuota nell'acqua scura al biliardo multicolore di Place Clichy, per finire in un romantico travelling lungo i muri dell'ospedale psichiatrico di Amiens, illuminati da Schuftan come solo Rudolph Maté aveva saputo illuminare Vampyr di Dreyer. La storia è tanto semplice quanto bella. Dal sovraccarico e complicato romanzo di Hervé Bazin gli adattatori e i dialoghisti (Jean-Pierre Mocky e Jean-Charles Pichon) hanno saputo ricavare una sceneggiatura di grande linearit`. Ci sono tre parti. Da prima la realt`. Géranne e la sua amica, la festicciola in barca, Géranne che ruba del denaro al padre e brucia le sue pratiche. Poi, la follia: Géranne internato, le porte senza maniglie, dei grossi piccioni in una voliera, una rissa a colpi di sega, in una voliera, una rissa a colpi di sega, un'affascinante pazza che canta la messa, un'altra che si nasconde dietro delle immense felci, dei dottori anormali, un'impiccagione, un trenino elettrico. Poi nuovamente, la realt`: Géranne scappa e ritrova Parigi.
Ed è qui che troviamo il segreto dell'arte di Franju. Questa seconda realt` non è più quella di prima. "Io" è diventato "un altro". Le carte sono mischiate con tanta perizia che la realt` iniziale ora prende le tinte della follia. A forza di mostrarci il suo eroe Géranne come un uomo normale, Franju finisce per convincerci che egli è veramente pazzo. O viceversa. Eccola l'impossibile trasposizione sullo schermo del magnifico libro di Roger Grenier Le rôle d'accusé: essa si intitola La tête contre les murs.
Giacché ecco ciò che costituisce la forza e il talento di Franju: egli cerca l'insolito a qualsiasi prezzo perché l'insolito è una convenzione e perché dietro tale convenzione bisogna ritrovare, di nuovo a qualsiasi costo, una verit` prima. Egli cerca la follia al di l` della realt` perché questo è per lui l'unico sistema per scoprire il vero volto della realt`, celato dietro a quella follia. Ecco perché, ad ogni primo piano, si ha l'impressione che la macchina da presa asciughi i volti come il panno di Veronica asciugò il volto di Cristo. Perché Franju cerca e trova il classicismo dietro il romanticismo. In termini più attuali possiamo dire che Franju dimostra che il surrealismo è necessario se lo si considera come una sorta di pellegrinaggio nel luogo dell'origine. E La tête contre les murs gli d` ragione.

J.-L. Godard
("Arts", n. 715, 1958)

Biografia

regista

Georges Franju

FILMOGRAFIA

LE SANG DES BETES (1948), LE THÉÂTRE NATIONAL POPULAIRE (1956), LA PREMIÈRE NUIT (1958), LA TETE CONTRE LES MURS (1958), LES YEUX SANS VISAGE (1958)

Cast

& Credits

Regia: Georges Franju.
Sceneggiatura: Jean-Pierre Mocky, dal romanzo di Hervé Bazin.
Dialoghi: Jean-Charles Pichon.
Fotografia: Eugène Schuftan.
Scenografia: Louis Le Barbenchon.
Montaggio: Suzanne Sandberg.
Musica: Maurice Jarre.
Interpreti e personaggi: Jean-Pierre Mocky (François Géranne), Anouk Aimée (Stéphanie), Pierre Brasseur (Dr. Varmont), Paul Meurisse (Dr. Emery), Charles Aznavour (Heurtevent), Jean Galland (M.me Géranne), Jean Ozenne (Elzéar de Chambrelle), Thorny Bourdelle (Colonnello Donadieu), Rudy Lenoir, Luis Masson, Edith Scob.
Produzione: A.T.I.C.A., Sirius, Elpénor.
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