Nazione: Francia
Anno: 1957
Durata: 97'


François, un giovane malato di tubercolosi, tornma dopo molti anni di assenza al paese natale per trascorrervi un periodo di riposo. Ritrova Serge, un amico d'infanzia, precipitato nell'alcolismo dopo un infelice parto della moglie Yvonne. Sebbene Yvonne sia in attesa di un altro bambino, Serge la maltratta e la tradisce con la sorella di lei, Marie, una sgualdrinella. François tenta in tutti i modi di ricondurre l'amico alla ragione e di fargli riacquistare la fiducia nella vita. Invano. Una notte, però, dopo aver prestato soccorso ad Yvonne in preda alle doglie, corre a cercare Serge. Rischia la vita, ma riesce a rintracciarlo e lo riconduce a casa proprio mentre la donna d` alla luce, questa volta felicemente, un bambino. François cade sfinito. Serge ritrova la voglia di vivere.

A. Moscariello
(Claude Chabrol, La Nuova Italia, Firenze 1976, p. 13).


Spesso, quando un giovane vuol fare un primo film, deve subire molti imperativi. Non è stato il mio caso: disponevo d'un po' di denaro e ne ho approfittato per propormi di girare, con attori di mia scelta, su un soggetto di mia scelta, un film in grado di reggere l'handicap d'un budget limitato. II resto non è stato che messa a punto minuziosa d'un piano di lavoro e d'una organizzazione di produzione economica. Tra le sceneggiature che avevo in testa ho scelto quella che, a colpo sicuro, non rischiava di farmi superare catastroficamente i preventivi: Le beau Serge, che ho girato libero come l'aria, in otto settimane, in una borgata della Creuse, Sargent, che mi era familiare. Siamo partiti la prima settimana di dicembre con 21.000 metri di pellicola. Al ritorno, i primi di febbraio, il film era tutto girato. Due mesi di montaggio, quattro giorni di mixage, una mezz'ora di sincronizzazione. E sono felice d'aver finito il mio primo film. (…)
Nel Beau Serge si giustappongono due film: uno nel quale Serge è il soggetto e François l'oggetto, l'altro nel quale François è il soggetto e Serge l'oggetto. Per definizione è il primo di questi film ad apparire immediatamente. L'ideale per me è che si sia sensibili all'altro.
Questa intenzione, che vale quel che vale, ma cui tengo, ha evidentemente condizionato la forma del film. È così che ho praticamente eliminato il principio del campo-controcampo, nella misura in cui ero, per ogni sequenza, per ogni scena, prigioniero del mio partito preso. Invece ho utilizzato quasi come un procedimento il principio delle scene soggettive bruscamente oggettivate e le sue conseguenze: i campi lunghi con riaggiustamenti attraverso panoramiche o carrellate laterali, i movimenti "a forbice" e ogni altro espediente tecnico. Lo stesso dicasi del montaggio, che ricorre spesso allo scarto di ritmo, giustapponendo campi lunghi che si ripetono l'uno sull'altro, quando non ricorre addirittura al brusco scontro di due elementi filmici.
II fatto più miracoloso, in tutta questa storia, è stata la straordinaria comprensione di tutti i collaboratori, tecnici e attori. Sembra che la realizzazione d'un film in scenari naturali ponga spesso grossi problemi: grazie a loro non me ne sono accorto. Non posso sapere quindi se li ho risolti. Dal mio punto di vista, c'erano tre elementi importanti in questo film: la pelle, l'aria e il subconscio. Io ce li trovo: spero che ci siano.

C. Chabrol
("Cahiers du Cinéma", n. 83, 1958).


Una delle novit` di questo film è anzitutto il luogo in cui si svolge l'azione, la banale campagna d'un banale dipartimento: la Creuse. Non è un merito che ci tenga a sottolineare. Ne abbiamo gi` visti - non tantissimi però - film francesi girati in campagna. Non erano meglio degli altri. Ma forse perché non prendevano questa campagna sul serio, gli serviva solo da rifugio, da scenario imposto da uno scrupolo di fedelt` al modello letterario. Con Chabrol, invece, torniamo alla terra, come ai tempi di Roma citt` aperta l'Italia scendeva nelle strade.
Più che a Hitchcock e a Rossellini, è al western che mi fa pensare Le beau Serge, non per la sua forma esteriore, certo, ma per il sua aspetto morale. Questa storia d'un giovane parigino che vuole salvare dall'alcool il suo ex compagno di liceo, che un figlio nato morto sprofonda definitivamente nel vizio, è sulla carta una trama che sa di melodramma, anche se questa sua "buona azione" lo porter`, è vero, a rivedere l'idea un po'troppo semplice che ha di se stesso. I nostri sceneggiatori, professionisti della qualit`, arricceranno il naso. Avranno torto, perché questa trama lunge qui da pretesto a un vero romanzo d'apprendistato (nel senso nobile che Goethe dava alla parola), quali ne abbiamo visti sviluppati in qualcuna delle più belle storie del Far West.
Questo film è bello perché è morale. E non edificante: Chabrol si preoccupa anzi di operare un sottile dosaggio di bene e male all'interno dei suoi due protagonisti, sull'esempio del famoso "scambio" hitchcockiano. Uno scrupolo di chiaroscuro che potrebbe rischiare a volte di ergersi a sistema se non fosse temperato dal talento e la personalit` degli interpreti Jean-Claude Brialy e Gérard Blain.

E. Rohmer
("Arts", n. 709, 1959)


"Mettere a confronto, nel quadro d'una campagna povera descritta con grande scrupolo, due giovani, molto diversi eppure amici".
Con queste parole Claude Chabrol presentava sui "Cahiers" il suo Beau Serge e (noblesse oblige), ne scriveva nella stessa occasione la migliore delle recensioni. Ne indicava la tonalit` e la dinamica, che ne strutturano il disegno: "L"attraversamento delle apparenze".
"Infatti, al di l` delle apparenze, una verit` deve poco a poco farsi strada nello spettatore: l'instabile, il complessato, il folle non è Serge, ma François. Serge si conosce… François, invece, si conosce solo a livello di apparenze: la sua intima natura è sepolta nel suo subconscio e si rivela solo a lampi improvvisi; François fugge a se stesso". E aggiungeva: in definitiva nel Beau Serge si giustappongono due film: uno nel quale Serge è il soggetto e François Poggetto, l'altro nel quale Frangois è il soggetto e Serge l'oggetto. Per definizione è il primo di questi film ad apparire immediatamente. L'ideale per me è che si sia sensibili all'altro".
Questa volont` psicanalitica (al punto che si può considerare Le beau Serge il primo film che abbia attinto a questa dottrina non un semplice pretesto drammatico, ma una vera disciplina di pensiero), presiede al minimo comportamento degli attori.
In questo film premeditato tutto fa riferimento a un simbolismo (la tappezzeria della camera da letto, il cimitero, la piazza della chiesa, le sigarette, gli occhiali). Il che tradisce il fascino che esercita su Chabrol il suo maestro Hitchcock. Lo psicanalista e l'esoterista hanno qui in comune che, cerberi del regno dei sogni, sono gli unici detentori delle sue chiavi. Cosa importa se non riusciamo ad aprirne tutte le porte? Quello che conta è lasciarsi trascinare da essi lungo le strade dell'onirismo.
C'è del Tennessee Williams nel Beau Serge, e del melodramma. Ma non c'è vero conflitto drammatico, per la buona ragione che i personaggi hanno perso la nozione stessa di interesse. La povert` di questa campagna della Creuse rende risibile ogni sforzo (lo stagno gelato è, ormai per sempre, un pantano). Resta la noia e la sua infinita tristezza, da cui emerge, unica scappatoia, il mondo immaginario. Tutti in questo paese cercano un rifugio: Serge e suo suocero nell'alcoolismo, Marie nella ninfomania, il curato nella mellifluit` delle belle parole e dei bei gesti. Fino al ballo, misera occasione di fuga. Solo la moglie di Serge conserva intatta la sua fiducia nell'amore e nella vita. È lei il polo positivo del film, quella che rifiuta di fuggire a sé e al mondo.
Dire che non c'è conflitto è falso. Ma lungi dal concentrarsi esternamente su un oggetto di litigio, resta all'interno di ogni individuo, nel rapporto diretto da anima ad anima. Tutto il film è una sorte di balletto in cui gli individui si cercano, si evitano, si attirano o si respingono secondo l'accordo o il disaccordo mutevoli, ogni momento, delle loro affinit`. Qui sentiamo prossima la constatazione di Rossellini. Come in Viaggio in Italia, più un personaggio si allontana dall'altro, più sente la sua presenza. Ma quando sono faccia a faccia la loro sensibilit` epidermica ha la meglio sull'affettivit` profonda; si scontrano. La cinepresa di Rossellini, e ormai di Chabrol, ama registrare il gioco sottile delle variazioni d'intensit`. (…)
Dovendo, al di l` della psicanalisi, definire con una frase il Beau Serge, direi che è la storia di una rianimazione nel senso di "rendere il respiro", di "riportare in vita" (al contrario dei Cousins, che è la storia d'una soffocazione, d'una asfissia). In questo paese che sta per morire François ha portato, suo malgrado, una boccata d'ossigeno. La piazza della chiesa è come un cuore cui gli individui affluiscono o da cui defluiscono secondo il ritmo del respiro. Del resto, Chabrol ha dato ad ogni scena il ritmo d'un respiro. E la fotografia crea, anch'essa, l'impressione d'un bisogno d'aria, con la freddezza ed il grigiore nudo di quei severi paesaggi. Questo tema dell'aria trover` la sua espressione compiuta nelle mirabili immagini finali, con lo scambio del respiro, nell'accezione insieme vitale e mistica del termine. Nello stesso istante in cui il bambino emette i suoi primi vagiti François, estenuato, si accascia come se rendesse il suo ultimo respiro, mentre Serge, folle di felicit`, ritrova finalmente la sua anima e la gioia di vivere.

J. Douchet
("Cahiers du Cinéma ", n. 93, 1959)

Biografia

regista

Claude Chabrol

Claude Chabrol (Parigi, Francia, 1930) trascorre l’infanzia a Sardent nella Creuse e fin da giovanissimo mostra interessi per la letteratura poliziesca e per il cinema, fondando a 13 anni il primo cineclub del paese. Dopo la guerra si trasferisce a Parigi, dove si iscrive alla Facoltà di Lettere e dove ha modo di coltivare più a fondo la passione per il cinema. Entrato in contatto con i coetanei Truffaut, Godard, Rohmer e Rivette, inizia a lavorare come critico cinematografico per la rivista «Revue du Cinéma» e per i «Cahiers du Cinéma». In veste di critico, Chabrol ha modo di costruirsi una precisa posizione estetica, già con l’idea di diventare egli stesso un regista; fondamentale, a proposito, l’interesse per il cinema di Alfred Hitchcock, al quale dedica, insieme a Rohmer, una celebre monografia nel 1957. Al contrario dei suoi colleghi critici, tutti futuri autori della nouvelle vague, prima di diventare regista Chabrol non lavora come aiuto regista e non realizza cortometraggi, ma esordisce direttamente nel lungometraggio con Le Beau Serge (1959), realizzato grazie a un’inaspettata eredità della moglie. Nell’estate dell’anno successivo gira quindi I cugini, secondo titolo di una ricchissima filmografia che, sviluppandosi al ritmo di quasi un film all’anno, percorrerà 4 decenni e arriverà a comprendere oltre 50 titoli (l’ultimo è La commedia del potere, 2006).

FILMOGRAFIA

Le Beau Serge (id., 1958), Les Cousins (I cugini, 1959), À double tour (A doppia mandata, 1959), Les Bonnes femmes (Le donne facili, 1960), Les Godelureaux (I bellimbusti, 1961), Les Sept péchés capitaux (ep. L’Avarice, I sette peccati capitali, ep. L’avarizia, 1962), L’OEil du malin (1962), Ophélia (id., 1963), Landru (id., 1963), Les Plus belles escroqueries du monde (ep. L’homme qui vendit la Tour Eiffel; Le più belle truffe del mondo, ep. L’uomo che vendette la Torre Eiffel, 1964), Le Tigre aime la chair fraiche (La Tigre ama la carne fresca, 1964), Paris vu par (ep. La Muette, 1965), Marie-Chantal contre docteur Kha (Marie Chantal contro il dr. Kha, 1965), Le Tigre se parfume à la dynamite (La Tigre profumata alla dinamite, 1965), La Ligne de démarcation (1966), Le Scandale (Scandale - Delitti e champagne, 1967), La Route de Corinthe (Criminal Story, 1967), Les Biches (Les Biches - Le cerbiatte, 1968), La Femme infidèle (Stéphane, una moglie infedele, 1969), Que la bête meure (Ucciderò un uomo - Hallucination, 1969), Le Boucher (Il tagliagole, 1969), La Rupture (All’ombra del delitto, 1970), Juste avant la nuit (1971), La Décade prodigieuse (Dieci incredibili giorni, 1971), Docteur Popaul (Trappola per un lupo, 1972), Les Noces rouges (L’amico di famiglia, 1973), Nada (Sterminate «Gruppo Zero», 1974), Nouvelles de Henry James (ep. De Grey; Le Banc de la désolation, TV, 1976), Histoires insolites (ep. Monsieur Bébé; Nul n’est parfait; Une invitation à la chasse; Les Gens de l’été, TV, 1974), Une partie de plaisir (Una gita di piacere, 1975), Les Innocents aux mains sales (Gli innocenti dalle mani sporche, 1975), Les Magiciens (Profezia di un delitto, 1976), Folies bourgeoises (Pazzi borghesi, 1976), Madame le juge (ep. 2+2=4, TV, 1977), Alice ou la dernière fugue (1977), Les Liens du sang (Rosso nel buio, 1978), Violette Nozière (id., 1978), Il était un musicien (ep. Monsieur Liszt; Monsieur Prokofiev; Monsieur Saint- Saëns, TV, 1978), Histoires insolites (La Boucle d’oreille, TV, 1979), Fantômas (ep. L’Echafaud magique; Le Tramway fantôme, TV, 1980), Le Cheval d’orgueil (1980), Le Système du docteur Goudron et du professeur Plume (TV, 1981), Les Affinités électives (TV, 1981), M. le maudit (TV, 1982), La Danse de mort (TV. 1982), Les Fantômes du chapelier (I fantasmi del cappellaio, 1982), Le Sang des autres (Il sangue degli altri, 1984), Poulet au vinaigre (1985), Inspecteur Lavardin (Ispettore Lavardin, 1986), Masques (Volto segreto - Masques, 1986), Le Cri du hibou (Il grido del gufo, 1987), Une affaire de femmes (Un affare di donne, 1988), Les Dossiers secrets de l’inspecteur Lavardin (ep. L’Escargot noir; Maux croisés TV, 1988), Jours tranquilles à Clichy (Giorni felici a Clichy, 1990), Dr. M (Doctor M, 1990), Madame Bovary (id., 1991), Betty (id., 1992), L’OEil de Vichy (1993), L’Enfer (L’inferno, 1994), La Cérémonie (Il buio nella mente, 1995), Cyprien Katsaris (TV, 1996), Rien ne va plus (id., 1997), Au coeur du mensonge (Il colore della menzogna, 1999), Merci pour le chocolat (Grazie per la cioccolata, 2000), Les Redoutables (ep. Coup de vice, TV, 2001), La Fleur du mal (Il fiore del male, 2003), La Demoiselle d’honneur (2004), L’Ivresse du pouvoir (2006). 

Cast

& Credits

Regia, soggetto e sceneggiatura: Claude Chabrol.
Fotografia: Henri Decaë.
Montaggio: Jacques Gaillard.
Musica: Emile Delpierre.
Interpreti e personaggi: Jean-Claude Brialy (François), Gérard Blain (Serge), Michèle Meritz (Yvonne), Bernadette Lafont (Marie), Jeanne Perez (M.me Chaunier), Edmond Beuchamp (Glomaud), Claude Cerval (il curato), André Dino (il dottore).
Produzione: Ajyrn Films.
Distribuzione: Gala.
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