2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

Les jeux de l'amour

Playing at Love (Aka The Love Game)
di Philippe De Broca
Nazione: Francia
Anno: 1960
Durata: 84'


Suzanne e Victor vivono insieme nella bottega di antiquariato di lei vicino al Pantheon a Parigi e fanno buoni affari vendendo i suoi dipinti di rose. Non sono sposati e non hanno figli, una situazione che preoccupa sempre più Suzanne, ma non Victor. Dall'altra parte della strada vive François, devoto a Suzanne e alla sua cucina che conduce con scarso successo un'agenzia. È cortese, ben organizzato, e pronto a sposare Suzanne, ma è solo quando Victor li lascia insieme in un pomeriggio assolato nei boschi dell'Ile de France che lei accetta la sua corte. Quando sa del fidanzamento Victor si offende e se ne va da solo. Nel frattempo Suzanne e François arrivano alla balera locale, dove Suzanne si rende conto che la personalit` di lui non quadra con la stia. Nello stesso tempo Victor ha capito di amare veramente Suzanne. Accetta di sposarla, mentre François viene mandato via, e si allontana per la strada pensando a un futuro di bambini e matrimoni in una delle sue esagerate fantasie rosa.

N. H.
("Monthly Film Bulletin ", n. 334, 1961)


Ph. R.: Les jeux de l'amour è stato programmato solo per qualche giorno e in agosto, lo scorso anno a Parigi. Come mai non ha conosciuto un circuito commerciale migliore?
Ph. de B.: Questo film è stato molto mal lanciato. Aveva bisogno di pubblicit`. Ci sono film che non ne hanno tanto bisogno, come L'homme de Rio, che praticamente s'è lanciato da solo. Ma un film interpretato e realizzato da sconosciuti richiede un supporto pubblicitario. Tanto più che non era costato molto e uno sforzo di pubblicit` lo si sarebbe potuto fare. Cocinor ha fatto uscire il film al "Balzac", a "tappabuchi", e poi, malgrado una buona accoglienza di pubblico e critica, non è stato praticamente più tirato fuori. Io credo che avrebbe potuto avere una carriera commerciale migliore di quella che ha avuto…

Ph. R: Il tono da commedia leggera che si riscontra nel suo film traduce un temperamento o è un po' un caso?
Ph. de B.: Sono poche le cose che io prendo veramente sul serio. Perciò mi piacciono questi personaggi che non pensano al domani, che si dicono che se le cose vanno troppo male c'è sempre la possibilit` di addormentarsi una volta per tutte… Detto questo, non è che cerchi in modo particolare di fare del comico. Quello che vorrei fare è un film in cui, in una sequenza si vedono delle crudelt`, delle torture ecc… e nella sequenza successiva gente che ride, che si diverte… Una sorta di condensato dell'esistenza, cioè. Ho passato un anno e mezzo in Algeria durante la guerra, a fare il mio servizio militare. Certi giorni ci si divertiva, ci si rilassava come si poteva e poi, accanto a questo, c'erano tutti quegli orrori, le torture ecc… Ma in un anno e mezzo ci sono stati forse venti momenti davvero aspri, palpitanti, appassionanti. Se si mettessero questi venti momenti uno in fila all'altro in novanta minuti, potrebbe venirne qualcosa d'interessante. Non sulla guerra d'Algeria: è molto difficile parlare d'una guerra che è stata vissuta da migliaia di persone; non si potrebbe mostrare una sequenza buffa tra due sequenze su un campo di concentramento. Gli spettatori non lo sopporterebbero. Si dovrebbe ricorrere alla finzione… (…)

(Ph. De Broca, "Image et Son", n. 175, 1964)


Una boccata d'aria fresca nel cinema francese! È così che la grande stampa ha annunciato il primo film di Philippe de Broca. Se le ventate d'aria non sono così rare come si pretende nel nostro cinema, resta comunque che questo film è la prima commedia realmente concepita e… realizzata sotto i nostri cieli. Come giudicare questa boccata d'aria fresca? In se stessa, non altrimenti.
A Jeux de l'amour s'è attaccato fin dall'inizio un pregiudizio molto sfavorevole. Quello di essere troppo spesso, ed a torto, accostato a Minnelli e Donen, che qui fungono da criteri, da metri di misura.
Ora, se in un primo tempo questo film ha voluto essere un pendant dei "musical" americani, il suo autore si è ben presto reso conto della vanit` d'una simile impresa, e ha cambiato rotta tutto a suo vantaggio. In effetti era impossibile, date le tendenze economiche della produzione francese attuale, senza il colore, senza Fred Astaire e Cyd Charisse o loro equivalenti, raggiungere quella perfezione nella grazia che fa il fascino delle commedie musicali riuscite d'oltre-Atlantico.
Malgrado ciò, o piuttosto contro di ciò, de Broca ha ritrovato la strada del fascino calcolato. Non calcolandolo, cercando di raggiungere quella Commedia dell'arte, triste e allegra ad un tempo, cara a Renoir. Il film non è che questo. Non è felicemente che questo. Una serie di improvvisazioni coreografiche che raggiungono e danno il tono della commedia. In nessun momento Cassel, contrariamente alle apparenze, balla. Fa la parodia del ballo. Lo mima. Ci ride sopra e, in questo, svela il carattere irriverente e falso del personaggio di Victor, chiave di volta di tutta la storia.
Victor se ne infischia di tutto. Salvo di se stesso, del suo comfort e della sua vanit`. La sua danza rabbiosa attraverso il cabaret con l'unica ragazza che non ha voglia di far ballare è, da questo punto di vista, rivelatrice.
È per questo, d'altronde, che Suzanne lo ama, lo preferisce al triste e ragionevole dirimpettaio che ha il torto di non essere bugiardo ed egoista. Lui pensa a Suzanne; Suzanne pensa a Victor; Victor pensa a sé. Le donne sono masochiste trecentosessantaquattro giorni l'anno. Il trecentosessantacinquesimo… È questo il soggetto del film. Suzanne cede alla ragione per ventiquattr'ore. Ma basta una promessa di Victor (le far` un figlio e la sposer`) per strappare Suzanne a questa ragione. La promessa durer` trecentosessantaquattro giomi. Il trecentosessantacinquesimo…
I giochi dell'amore non sono che un anello della catena. Nel negozio di fronte il triste, troppo triste vicino andr` avanti a spiare la felicit` dei folli. Ad attendere al varco la falla che forse gli permetter` di rapire il cuore di Suzanne. Gli occhi di Geneviève Cluny brilleranno ancora in mezzo alle mimiche corporee di Cassel, in una regia rigorosa, fatta di raccordi precisi di cui a volte è la spontaneit` a soffrire. Ma che importa, visto che si tratta di correggere i difetti appunto della spontaneit`! Victor continuer` a comprarsi gemelli coi soldi degli incassi e rientrer` solo per fare l'amore al termine d'un rigaudon indiavolato…
E allora, dovendo concludere, tutto ciò è una lode alla piena riuscita? No di certo. L'ingenuit` da vecchia volpe che fa il fascino di quest'opera, ingenuit` delle gags e di certe situazioni, impedisce tuttavia di credervi sino in fondo. Si ride, si, molto, ma molto spesso a spese del film. Resta comunque un approccio più che interessante alla commedia musicale in libert`. Bisognava che un film del genere venisse fatto. Colma, da solo, il vuoto lasciato nel nostro cinema medio dai Boisrond, da cui non ci si deve più aspettare nulla, e dagli Allégret, che si sono fatti aspettare troppo. Serie B dovrebbe voler dire serie bene. Niente di più.
Ancora un dettaglio. Victor dipinge delle rose, una al giorno, sempre la stessa.

Jean Jacques Faure
("Cahiers du Cinéma", n. 109, 1960)

Biografia

regista

Philippe De Broca

FILMOGRAFIA

LES JEUX DE L'AMOUR (1960)

Cast

& Credits

Regia: Philippe De Broca.
Sceneggiatura: Philippe De Broca, Daniel Boulanger, da un'idea di Geneviève Cluny.
Fotografia: Jean Penzer.
Scenografia: Jacques Saulnier e Bernard Evein.
Montaggio: Laurence Méry.
Musica: Georges Delerue.
Interpreti e personaggi: Geneviève Cluny (Suzanne), Jean-Pierre Cassel (Victor), Jean-Louis Maury (François), Robert Vattier, Maria Pacome (clienti), Jeanne Perez (la tabaccaia), Claude Cerval (il vedovo), Mario David, Pierre Repp, Claude Chabrol.
Produzione: Ajyrn Films.
Distribuzione: Cocinor.
Menu