2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

Les yeux sans visage

Eyes Without a Face
di Georges Franju
Nazione: Francia
Anno: 1958
Durata: 92'


Ritenendosi responsabile dell'incidente di macchina che ha sfigurato la faccia della figlia Christiane, il professor Génessier tenta di riparare il danno trapiantando alla figlia la faccia di una ragazza. Ma, mentre è riuscito ad eseguire un'operazione simile sulla sua devota assistente Louise, su Christiane non ci riesce. La ragazza cui è stata strappata la faccia muore, Louise ne getta il cadavere nel fiume.
Louise trova una seconda vittima, il cui cadavere viene anch'esso gettato via dopo l'operazione. Quando l'ultima faccia di Christiane comincia a deteriorarsi, ancora un'altra ragazza viene portata nella casa di Génessier. L'ultima vittima è in realt` un'esca che la polizia ha arruolato in seguito ai sospetti di Jacques, fidanzato di Christiane, ed è gi` legata al tavolo operatorio quando l'ispettore Parot chiama Génessier all'ospedale.
Christiane, sconvolta dall'orrore della situazione, libera la paziente, colpisce Louise alla giugulare con un bisturi e libera un certo numero di cani e di uccelli che sono in gabbia. I cani uccidono e sbranano Génessier quando torna, mentre Christiane si allontana nella notte, con gli uccelli liberati appollaiati sulle braccia spalancate…

P.J.D.
("Monthly Film Bulletin", n. 314, 1960)


(…) Io amo ciò che è realistico, perché trovo che sia più poetico. La vita è molto più poetica di qualunque cosa si possa immaginare. In Les yeux sans visage c'è un lirismo di creazione, di composizione; in La tête contre les murs no. E inoltre, in origine, il mio dottore era un medico pazzo, alcolizzato, e il suo assistente si faceva di morfina ecc. È diventato interessante per me dal momento in cui ha smesso d'essere un alcolizzato, di delirare. È molto più terrificante così. II dottor Génessier si può conoscerlo, mentre il dottor Jekyll e i suoi filtri, il dottor Moreau che opera su un'isola, il dottor Mabuse che ipnotizza, non sono dei personaggi del terrore per me, perché appartengono alla pura finzione. Quando giravo il film mi dicevano: "Questo film è fatto per gli inglesi". E ci sono stato, in Inghilterra, ho presentato il film a Edimburgo. Io che credevo che nel paese di Jack lo Squartatore e di De Quincey si avesse il senso dell'orrore! All'inizio della proiezione, siccome si trattava d'una cosa ufficiale, è stato messo su un disco della Marsigliese, e la Marsigliese non finiva mai, perché il disco era rigato. Ero estasiato, pensavo: "È comico, distende, tanto meglio". Ma dopo il film è stato un altro spettacolo, c'erano sette scozzesi per terra, sette! e delle infermiere chine su di loro. E al momento della conferenza stampa mi dicono: "Adesso le faremo delle domande", ma con un'aria sinistra. Poi, niente domande. Allora sono intervenuto: "Avanti, sono qui per questo". E un giornalista s'è avvicinato e mi ha domandato, in tono astioso: "Perché l'ha fatto?", come se si trattasse d'una cattiva azione. Ho cercato di spiegare perché l'avevo fatto, dicendo che avevo seguito l'esempio del loro compatriota che considerava l'assassinio una delle belle arti. È vero, il terrore è l'arma. il mezzo, non è il fine; il fine 6, che ne so, l'amore, la poesia, la tenerezza… Gli ho spiegato tutte queste cose, cose che saltavano agli occhi, ma avevo l'impressione di parlare a personaggi di cera. L'indomani non avevano il coraggio di mostrarmi i giornali. Non ho mai visto una stampa simile, ero un indesiderabile: "Se ne vada, signor Franju", "La Francia si disonora", "Orribile spettacolo", "Orrore, orrore Era ridicolo, comunque fosse non c'era motivo di farla tanto lunga! Allora ho pensato: `Non c'è da stupirsi che portino la gonna, sono delle vere donnette". Deboli di costituzione, gli scozzesi! Sette tizi per terra, e sembravano ben piantati! (…)

G. Franju
("Cahiers du Cinéma", n. 149, 1963)


Nessuna angoscia in Les yeux sans visage che non sia frutto della verosimiglianza, nulla nella verosimiglianza che non sia capace di instillare, di installare in noi la più insidiosa, la più inamovibile delle angosce. E da una progressiva e irrimediabile perversione degli elementi, che compongono ordinariamente la più anodina delle realt`, che scaturisce un terrore sapientemente distillato, ed è il passaggio del terrore attraverso la logica quotidiana dei fatti, dei gesti e dei sentimenti che gli conferisce un'intensit` e soprattutto una qualit` rara. Franju sa esprimere, altrettanto bene del luccicare d'un bisturi, il patetico del dolore, della solitudine, dell'amore, dell'amicizia o della gratitudine. La nostra angoscia allora non è soltanto fisica, ma morale, sono i nostri gesti, i nostri sentimenti in causa, il nostro essere tutto intero.
Il verosimile e il terrificante si moltiplicano a vicenda costantemente, ma il risultato dell'operazione è infinitamente superiore al prodotto che ci si sarebbe potuti attendere dai fattori impiegati. S'è ottenuto qualcosa di più, è apparso qualcosa d'altro: l'alone. Il film sprofonda qui nell'innominabile, in ciò che non si può nominare senza un po' snaturarlo: si è costretti ad ammettere che il sortilegio che promana non è interamente riducibile - ma non è il caso di ogni capolavoro? - alle enumerazioni, alle rilevazioni cui può dar luogo.
(…) Dire che Franju si serve del reale per trascendere l'orrore e dell'orrore per trascendere il reale sarebbe a volte dir poco, a volte dir troppo. Ridando sovranamente autenticit` a tutto ciò che tocca, a volte si accontenta di rendere la sua dignit` ad un gesto che si credeva irrimediabilmente screditato (il coltello che si alza sulla vittima tremante, ma caler` solo per tagliare le sue corde), a volte restituisce la sua verit` profonda ad una scena i cui elementi sono stati tutti banalizzati, ma che ritrover` il suo rilievo grazie alla naturalezza con cui sono congegnati (l'uomo che scava in una tomba in fondo al cimitero notturno); infine, a volte approda, come per giunta, alla sovra-verit` del mito: chi altri avrebbe potuto, se non Franju, farci riconoscere nell'eteroplastica l'ultima incarnazione del mito della rigenerazione dei corpi corrotti che sperano di ritrovare la perduta vitalit` divorando della giovane e bianca carne fresca?
Piccolo o grande, ogni gesto, dettaglio, fatto, mito è portato al diapason che gli è proprio e che gli permetter` di entrare in risonanza con questo, poi quest'altro elemento che gli è destinato. Passa una corrente, si creano delle linee di forza che s'incroceranno, s'intrecceranno per formare i nodi vitali, i plessi dell'opera che, intensificando la corrente ricevuta, catalizzeranno il processo vitale di cui erano il compimento.

Michel Delahaye
("Cahiers du Cinéma", n. 106, 1960)


La rivendicazione etico-sociale sottesa a La tête contre les murs è l'aspetto di requisitoria violenta (contro le ipocrisie d'una civilt` assassina) che caratterizzano la maggior parte dei cortometraggi di Franju quasi non compaiono in Les yeux sans visage (titolo, a questo riguardo, singolarmente esplicito) che come un orizzonte su cui si profila un incubo.
L'intenzione iniziale era di fare paura. Ma il terrore, qui, non nasce dalla presenza attiva d'un mostro, Frankenstein o Dracula. Non si tratta nemmeno d'una esibizione da Grand Guignol, che fa fremere il pubblico per rassicurarlo meglio. Franju, al contrario, scuote le nostre convinzioni morali e scalza subdolamente i valori convenzionali che i cineasti rispettano quasi sempre, anche nei film più apparentemente amorali. Approda così, per la mancanza di rispetto verso le regole del gioco borghese, all'atteggiamento esemplare di Buñuel. L'orrore, in lui, aleggia attorno agli esseri e alle cose, simile al profumo di fiori velenosi; promana meno dalle articolazioni del racconto che dal clima in cui è immerso. L'autore converte in poesia dell'inquietudine degli argomenti da romanzo poliziesco, metamorfosi che si opera a livello dello spazio drammaturgico e della sua messa in scena piuttosto che a quello del copione o del montaggio. L'autore compone questa sinfonia in minore per duttili sequenze modulate a partire da campi lunghi che armonizzano i neri e i grigi agli spostamenti inquietanti dei personaggi. La colonna sonora sposa il ritmo visivo, conferendo sempre alto spettacolo un prolungamento verso il sogno e, simultaneamente, verso la constatazione stretta. Basta un'inquadratura dall'alto sull'arrivo silenzioso d'una DS luccicante e cupa per esprimere il lato fantastico d'una situazione a prima vista motto banale. Di conseguenza, la trama conta meno del modo di trattarla (in collaborazione con Shuftan, maestro delle luci e delle ombre). E Franju non aveva torto ad osservare, con un sorriso, che coloro che gli rimproveravano, all'uscita del film, il semplicismo della storia, facevano pensare a degli amatori d'arte che criticassero un quadro di Van Gogh in base all'unico pretesto che Vincent aveva scelto di dipingere dei girasole e non delle rose (soggetto più nobile), evidentemente, nella gerarchia floreale.
(…) Ritroviamo nei termini della fiction una delle ossessioni del documentarista Georges Franju: mostrare che la scena confortevole della nostra esistenza non è che un illusorio parapetto sul vuoto, il dolore, la necessit`, la libert`. Così, grazie al suo stile espressionista, il divertissement dell'orrore passa alla magia tragica, alla vertigine di fronte all'abisso aperto tra la tenerezza e l'urlo, tra l'affetto e la crudelt`.

Freddy Buache
("Avant-scène", n. 188, 1977)

Biografia

regista

Georges Franju

FILMOGRAFIA

LE SANG DES BETES (1948), LE THÉÂTRE NATIONAL POPULAIRE (1956), LA PREMIÈRE NUIT (1958), LA TETE CONTRE LES MURS (1958), LES YEUX SANS VISAGE (1958)

Cast

& Credits

Regia: Georges Franju.
Sceneggiatura: Boileau-Narcejac, dal romanzo di Jean Redon.
Dialoghi: Pierre Gascar.
Fotografia: Eugen Shuftan.
Scenografia: Auguste Capelier.
Montaggio: Gilbert Natot.
Musica: Maurice Jarre.
Interpreti e personaggi: Pierre Brasseur (Dr. Génessier), Alida Valli (Louise), Edith Scob (Christiane), François Guérin (Jacques), Juliette Mayniel (Edna), Béatrice Altariba (Paulette), Alexandre Rignault e Claude Brasseur (i poliziotti).
Produzione: Jules Borkon.
Distribuzione: Lux.
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