Nazione: Francia
Anno: 1960
Durata: 85'


Nantes, il porto. Roland Cassard è un indolente. È licenziato dal suo impiego, ma non se ne preoccupa. Ha venticinque anni e vive. Conosce una madre e sua figlia, in una libreria, ed offre alla giovane Cécile il dizionario di inglese che stava cercando, perché lei gli ricorda un'altra Cécile, di cui è stato a lungo innamorato. Poi il destino ha i suoi piani segreti - si imbatte per strada in una giovane ballerina, di nome Lola, che altri non è se non la Cécile della sua infanzia. Egli si sente pronto ad amarla di nuovo, ma Lola ama un altro, Michel, e lo aspetta da sette anni, dopo averne avuto un bambino, Yvon, Se adesso va a letto con Franckie, un giovane marinaio americano, è perché le ricorda Michel.
Per gli inesplicabili giochi del caso (o del destino, che è lo stesso), Cécile viene a conoscere Frarickie e si innamora di questo militare; la madre, M.me Desnoyres, ama in silenzio Roland. Questi accetta di fare un viaggio con un fine piuttosto losco, e rinuncia all'amore per Lola. Questa, che non lo ama, lo fa soffrire con un altro amore, che non esiste. E alla fine, tutto ritorna sul piano previsto da un ordine superiore. Michel è ritornato (era lui l'ombra bianca dell'inizio), Lola rester`, con lui, ma non prima di aver confessato a Roland la sua bugia, quando aveva detto di amare Franckie. M.me Desnoyers, invecchiata prematuramente e sola, andr` a Cherbourg da suo cognato, parrucchiere, (l'amante da cui ha avuto Cécile), perché Cécile ha preso suo zio come pretesto per rivedere Franckie che deve imbarcarsi per tornare negli USA. Roland se ne andr`, non sa dove QI suo viaggio, infatti, si è scoperto essere un traffico di diamanti, e il suo capo è stato arrestato), ma in ogni caso se ne andr`.

Ch. Ledien
("Étude cinématographiques", n. 8-9, 1961)


Ha beneficiato di una completa liberta, a tutti i livelli: sceneggiatura, realizzazione, scelta degli attori?
Sì, assolutamente. Concepisco il mestiere di regista soltanto in questa forma. Dopo Lola, ho rifiutato molte proposte, sia perché non ero d'accordo sul soggetto, sia perché mi venivano imposte delle persone o delle idee. Il cinema non deve essere questo. Beauregard l'ha capito. Sfortunatamente ci sono pochissimi produttori come lui, o, se ce ne sono, sono ostacolati dai distributori, senza i quali non possono fare affari.
Insomma, per Lola non ha incontrato problemi.
Uno soltanto, il preventivo. Io volevo girare Lola a colori. Tutte le scene tra Lola e il marinaio, e tra il marinaio e la ragazzina erano cantate e ballate. Somigliava, per questo aspetto, più a un'"opéra" che a una commedia musicale. Ma il preventivo era di duecento milioni. Beauregard accettava di produrre il film, se fosse costato cinquanta milioni. Perciò, ho rielaborato il soggetto, ho eliminato le parti da "opéra-comique", cercando altre soluzioni. Ero talmente eccitato all'idea di girare un lungometraggio che mi andava bene tutto, a dal memento che mi si dava carta bianca per quel che riguardava le idee, la distribuzione, la scelta dei tecnici, tutto andava per il meglio. (…)

A proposito del suo film, si è fatto riferimento a Ophuls, a Renoir e anche a Becker, per non parlare di altri registi. Quali sono i richiami, consapevoli o meno, su cui è d'accordo?
Si è parlato molto di Ophuls, perché gli ho dedicato Lola. Detto questo, non credo che Lola sia affatto un film alla Ophuls. Ophuls mi piace, ma mi piace anche Renoir. No, io credo di aver subito piuttosto influenze letterarie. Intendo dire che, per quel che io cerco di esprimere, mi hanno aiutato di più, per esempio, Prévert, Queneau, Cocteau.

J. Demy
("Cahiers du Cinéma", n. 155, 1961)


Ho scritto Lola pensando a Plaisir di Max Ophuls, al quale ho dedicato il film. Probabilmente questo racconto appartiene anch'esso alla stessa famiglia delle opere di Prévert o di Queneau. Non che io abbia voluto plagiarli o adottare il loro stile, ma sono sensibile a questo modo di ritirarsi davanti all'esistenza, che essi esprimono con una gentilezza e con un umorismo in cui è mescolata sempre un po' di amarezza,
Vorrei, insomma, che uno spettatore che è entrato depresso e imbronciato nel cinema in cui Lola viene proiettato ne esca sorridendo e che il film arrivi a modificare, almeno per un momento, il suo stato d'animo e la sua visione della vita.

J. Demy
("Le monde")


Per il suo primo lungometraggio, Jacques Demy non si era fissato un compito facile: La sceneggiatura di Lola con i suoi intrecci incrociati era piena di trabocchetti e sollevava delicati problemi di messa in scena. Non è facile raccontare con chiarezza diverse storie parallele che, in un momento preciso, si intersecano, e soltanto un regista consumato (Renoir, per esempio), pareva in grado di condurre in porto questa delicata impresa. Ho visto una prima volta Lola e il risultato mi ha, a tutta prima, sconcertato (ero imbarazzato soprattutto dal dialogo e dal modo di dirigere gli attori). Rivedendo il film a distanza di qualche settimana, tutto ciò che mi aveva disorientato mi è parso filare liscio. Lola è un film stupendo per il fatto di essere prima di tutto il film di un regista, forse il primo, con Godard e Astruc, della Nouvelle Vague. La dedica di Lola a Max Ophuls è perfettamente giustificata. Demy, come il rimpianto Max, è un regista meraviglioso. Sa trasfigurare una sceneggiatura con il solo potere della sua arte. Che décor, che eleganza nell'inquadratura, nella preparazione di un campo lungo, nell'uso della fotografia! Che piacere nello spettacolo che ci viene offerto! L'immagine prolunga, rende esplicito tutto ciò che non viene detto; ci informa sull'atteggiamento del regista nei confronti dei suoi personaggi e sul regista stesso. (…)
Se c'è sentimento autentico e senza sdolcinature in Lola, è proprio grazie al modo in cui viene utilizzato l'ambiente, senza che per questo ci troviamo mai di fronte al film di uno scenografo. Nantes è qui assolutamente viva, proprio come lo era Nevers in Hiroshima. La citt` non si limita a fare atto di presenza, non è un pretesto al pittoresco, ma spiega la condotta dei personaggi perché essa esiste con tutto un suo passato che pesa più o meno consapevolmente su ciascuno di essi. Essa d` al film il suo tono psicologico originale, come Milano in Rocco o ne La notte. Ma Nantes non è una citt` di rappresentanza, essa è simile agli eroi che la abitano, non foss'altro perché chiede di non fidarsi delle apparenze. Ci sono a Nantes, come in ogni citt` di provincia, cinema, boutique, ritrovi, caffè concerto, ma Demy, lungi dall'evitare questi luoghi, vi indugia con una sorta di tenerezza. Ne fa luoghi magici, come la fata che trasformava una zucca in carrozza. Lola è in bianco e nero e lo si direbbe un film a colori, tanta è la precisione con cui utilizza il bianco. Sa trarre vantaggio dalla sovraesposizione e immerge i suoi personaggi in un etere straordinariamente sottile. Il bianco assume qui un valore non solo estetico ma anche morale. Ci troviamo, in un certo modo, in pieno sole, ma non si tratta del sole nero della malinconia.

J. Domarchi
("Arts", n. 812, 1961)


A rendere importante un film come Lola sono evidentemente la sua sostanziale bellezza, l'eleganza della forma, la fragilit` dei particolari contrapposta alla sicurezza e alla forza dell'insieme, la grazia con cui progressivamente si srotola, insomma, i segni di una messa in scena felice e senza incrinature. (…)
Lola è un film perennemente socchiuso, che perciò dovrebbe piacere all'autore de "La Poétique de la Réverie". E l'occasione è troppo bella per non citare una frase fondamentale di André Bazin: "Poiché il cinema è per sua essenza drammaturgia della natura, non ci può essere cinema senza la costruzione di uno spazio aperto che si sostituisce all'universo invece che includervisi dentro".
La grazia del film di Demy deriva da questa estrema disponibilit` di campo. La fotografia, molto bella, di Coutard sfuma sovente i personaggi o gli angoli della scenografia secondo una scelta stilistica che, ben lontana dall'essere semplice incapacit` tecnica (Demy ha fatto lavorare la pellicola in laboratorio), contribuisce consapevolmente a dare al film un tono di confusionaria rilassatezza, quasi la simulazione di una negligenza (dietro alla quale si affannano tanti altri). (…)
Ci auguriamo che la stupidit` non si accanisca contro questa opera fragile. Non si rimproveri a Demy di avere dedicato la sua opera a Ophuls: anche in questo egli partecipa a quel movimento moderno che ha spinto Stravinsky a ricostruire Pergolesi, Picasso a rifare Velasquez e, un tempo, Mozart ad attingere da Haendel!
Demy e Cocteau: ritrovo nel diario delle riprese di La belle et la bête delle annotazioni che si addicono a Lola:i personaggi non vivono, vivono una vita raccontata; un'atmosfera che corrisponde più ai sentimenti che ai fatti.
Vorrei altresì far notare l'oggettivit` di Jacques Demy, la serenit` del suo film, quella repulsione verso l'autobiografico che non riesce tuttavia a mascherare interamente una sensibilit` che non colpirebbe l'attenzione del critico se non presiedesse all'intera costruzione del film.
Cos'è Lola?
Non esiste un'"ultima parola" quando è di un'opera d'arte che si parla. Lola è un film bello, fittizio, vero, effimero, aggraziato come un'ala di farfalla. Sono contento di aver imparato da Roger Caillois che gli uomini chiamano quell'ala "opera d'arte".

F. Weyergans
("Cahiers du Cinéma ", n. 117, 1961)

Biografia

regista

Jacques Demy

FILMOGRAFIA

LE BEL INDIFFÉRENT (1955); LE SABOTIER DE VAL DE LOIRE (1955); LOLA ( 1960); LA BAIE DES ANGES (1962); LES PARAPLUIES DE CHERBOURG (1963)

Cast

& Credits

Regia, soggetto e sceneggiatura: Jacques Demy.
Fotografia: Raoul Coutard.
Scenografia: Bernard Evein.
Montaggio: Anne-Marie Cotret.
Musica: Michel Legrand.
Interpreti e personaggi: Anouk Aimée (Lola), Jacques Harden (Michel), Mare Michel (Roland), Annie Dupeyroux (Cécile), Elina Labourdette (Madame Desnoyers), Alan Scott (Frankie), Margo Lion (Jeanne), Cathérine Lutz (Claire), Corinne Marchand (Daisy), Dorothee Blank (Dolly).
Produzione: Rome-Paris Films/Euro International.
Distribuzione: Unidex.
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