2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

On n'enterre pas le dimanche

One Does Not Bury Sunday
di Michel Drach
Nazione: Francia
Anno: 1958
Durata: 95'


Philippe Valence, un giovane della Martinica, vive solo a Parigi. Da povero studente deve, per mantenersi, fare l'uomo-sandwich di giorno e la sera fa la guida al Museo Grévin. È qui che una sera incontra Margaretha, una giovane turista svedese, e in una notte nasce il loro amore. Ma Margaretha deve ripartire il giorno dopo per la Svezia. Lei desidera ritornare a Parigi per ritrovare Philippe e lui le procura un posto da bambinaia dai Courtalès. Nel frattempo Philippe ha scritto il suo primo romanzo. II signor Courtalès che è un agente letterario accetta di farlo pubblicare. La fortuna sembra sorridere alla giovane coppia. Ma la signora Courtalès convince Philippe che Margaretha lo tradisce con suo marito ed approfitta del suo smarrimento per sedurlo. Philippe, credendo di capire di essere stato giocato, confessa tutto a Margaretha. Courtalès, che non ha preso bene la sventura coniugale, tende un tranello a Philippe per ucciderlo. Nella zuffa Philippe uccide Courtalès. Otto mesi dopo viene scoperto il cadavere, ma la polizia che non sa della tresca di Philippe con la signora Courtalès, non riesce a trovare il movente. Tuttavia all'ultimo momento!

(F. C., "La Saison cinématographique", 1960).


Avevo scelto di fare questo film non come primo, ma come ultimo film. Capirete presto. Sapevo che se non lo finivo, non avrei mai ricominciato… Alla fine ci siamo arenati in una villa che degli amici partiti in vacanza ci hanno prestato per una decina di giorni. Tutte queste peregrinazioni non ci hanno impedito di lavorare ad un ritmo praticamente costante di venti scene al giorno. Sì, è molto, ma si fa di necessit` virtù. Se credo ad un lavoro ben preparato? Oh! sì, ci credo. Prima di girare il découpage mi faceva paura… virtualmente, tutto il mio film era l`. Era come un fantastico scheletro. Oggi, forte di quest'esperienza, più che mai credo alla necessit` di una preparazione molto precisa, il più meticolosa possibile. Nelle condizioni di lavoro in cui ci trovavamo, era la preparazione che mi permetteva di improvvisare. Infine, ritengo il découpage necessario per gli attori, li rassicura.
Naturalmente siamo stati obbligati alla post-sincronizzazione. Credo che il lavoro sia ben fatto. È ridicolo, ma ho l'impressione che siano gli ultimi quattro giorni girati in studio, con il sonoro, ad essere i più brutti, da questo punto di vista.
Se bisogna parlarne, avevo ben poco denaro. Ho cominciato con qualche centinaio di migliaia di franchi. Col procedere delle riprese, ho ricevuto qualche boccata d'ossigeno, ma credo che il film non manifesti troppo la nostra povert`. Certo, non è una superproduzione, ma non è neanche misero.
Forse perché sapevo com'era lavorare in condizioni di totale indipendenza con scarsissimi mezzi: sono stato assistente di mio cugino Jean-Pierre Melville in modo particolare per Les enfants terribles. Melville, troppo spesso lo si dimentica, anche se in questi ultimi tempi ci si sforza di ricordarsi di lui, è stato il vero promotore di questo "cinema nuovo" di cui tanto si parla. Forse lui è arrivato troppo presto, ma è lui il vero pioniere della Nouvelle Vague.

M. Drach
("Cinéma ", n. 43, 1960).


Nella mischia dei nuovi arrivati del cinema francese, Michel Drach è veramente un uomo solo. Dilaga la Nouvelle Vague e lui è solo come suo cugino Jean-Pierre Melville che ha realizzato, circa quindici anni fa, Le silence de la mer. Non ha fatto una vera carriera nell'"assistentato", e non ha nemmeno scritto dei pamphlets o degli articoli esoterici nei "Cahiers du Cinéma"; dei cortometraggi, inediti, una formazione solida acquisita in televisione, è tutto qui. Era senza clientela, senza amici. Nessun incoraggiamento, nessun elogio a priori ha salutato la sua impresa, condotta discretamente, con mezzi estremamente precari. Michel Drach non aveva amichetti c, in un certo senso, è meglio così. Quando improvvisamente, lo scorso autunno la giuria di Delluc preferì Drach a Godard, mai ricompensa cadde più a proposito e fu più in accordo con i suoi fini. On n'enterre pas le dimanche porta profondamente il marchio della solitudine dell'autore. Nel film, è quella dell'eroe, un uomo di colore della Martinica che arranca per integrarsi in una societ` che lo esclude. Crede di riuscirci con l'amore per una giovane svedese, grazie alla pubblicazione di un romanzo in cui ha riversato tutto il suo abbandono e le sue angosce. Tutto questo non sar` altro che un gioco crudele, un atroce inganno. Da una situazione accidentale, forse movimentata, Michel Drach da vero attore ha tratto il materiale del suo film. Questa solitudine è vissuta dal suo personaggio su un piano realmente esistenziale. Michel Drach ha creduto necessario prendere come punto di partenza un romanzo di Fred Kassak, Gran Premio della letteratura poliziesca, ma ben presto ci si rende conto che se il film ci interessa è a prescindere dalla sua trama poliziesca. Ci colpisce profondamente e nel più profondo di noi stessi, il contributo di Drach al suo film. Abbandono e solitudine, fino alla tentazione del suicidio. La miserabile commedia sociale che si recita in alcuni centri para-letterari - potete vederne un aspetto in Julliard. L'avventura con la moglie di colui che tiene in mano le sorti del giovane. E infine il suo idillio molto casto - è il cinema del 1960! - con la giovane svedese dal viso d'angelo. Alcuni bei momenti del cinema esprimono questa solitudine: il lento e maldestro potere della bottiglia di "Rozana", mostruosa corazza in cui, per guadagnare qualche centinaio di franchi il giovane deve rinchiudersi, il folle vagabondare una domenica in cui non riesce a trovare la sua amica, per una Parigi d'estate dove passano lentamente gli autobus del "City Rama". La commedia crudele in una o due scene in cui si vede il giovane preso dalle vertigini in un ambiente dove le cose non si vendono mai abbastanza in fretta. Sperava di realizzarsi con il suo romanzo, di riuscire a comunicare, di ritrovare la sua condizione perduta: se ne fa un prodotto commerciale; o meglio, è di lui che si fa una merce, in un vertice di grosse sirene calve mentre il ghiaccio del whisky tintinna nei grandi bicchieri d'argento.
Questa lunga mano, troppo bella, dove una grossa pietra incastonata getta neri bagliori, che scorre sul suo braccio nell'appartamento deserto: la sua avventura con la signora, la bella Hella Petri. A tutte queste crudelt` fanno da contrappunto gli amori del giovane con Margaretha. L'incontro e la visita al Museo Grévin dove camminano, tenendosi per mano come bambini, inquieti e rapiti davanti a questo palazzo incantato, davanti al loro amore.
Michel Drach ha saputo dare al suo film uno stile. Non ancora così vigoroso, incontestabile come questo "tocco" che contraddistingue un'opera di Bresson, di Ray o di Antonioni, siamo ancora ben lontani. Tuttavia, On n'enterre pas le dimanche, con la sua lentezza, direi quasi con la sua vitale tenacia, è un film di un vero regista.

J.M. Leuwen
("Cinéma", n. 47, 1960)



Michel Drach aveva scelto, come molti altri, di fare un adattamento di un best-seller della letteratura poliziesca. A dire il vero nel suo film resta ben poco dell'opera originale, o almeno del suo spirito, attenuato rapidamente dalla personalit` del regista, ansioso di far vivere dei personaggi reali e - fatto raro nella nostra Nouvelle Vague - di restare testimone del suo tempo affrontando un problema sociale, in questa circostanza il razzismo.
Quest'argomento è ampiamente illustrato dalla solitudine del personaggio principale, un giovane della Martinica che sogna di essere uno scrittore, ma il colore della sua pelle lo allontana dal mondo, rappresentato qui da Parigi. Studente povero - anche questo è più raro nel nostro giovane cinema che nella realt` - è costretto per vivere a fare l'uomo sandwich all'interno di una bottiglia gigantesca, la qual cosa ci offre una delle migliori sequenze del film. Passeggiata poetica ed insolita, simpatica veduta di Parigi, e sembra che a questo punto la sensibilit` personale di Michel Drach si sia sostituita a quella del suo eroe. (…)
A fianco di questo essere solo e divorato dal desiderio di amare, il regista ha messo una giovane svedese, con la quale il giovane può per un po' di tempo pensare di aver raggiunto la felicit`, e questo dopo una passeggiata intrisa di tenerezza e di purezza; questa passeggiata notturna della coppia, a Parigi, che appare subito come uno dei migliori momenti poetici del cinema e che ci riporta alla mente la bella (e senza dubbio la migliore sequenza) di Quando volano le cicogne. Di fronte a questa coppia che desidera solo amare, un'altra coppia, simbolo di una societ` invidiosa della felicit` altrui, e che desidera soltanto dividere gli animi, i Courtalès. (…)
Praticamente tutto il film si svolge attorno a questi quattro personaggi, al loro duello impari, e se la conclusione può sembrare atroce e pessimista, forse è solo perché alcuni desideri di grandezza ci hanno fatto disimparare a guardare in faccia il male vero. Tuttavia denunciarlo, come si propone Drach, e suscitare la ribellione contro di esso è, così come stanno le cose, senza dubbio l'impresa più ottimista, perché suppone nello spettatore la possibilit` di una reazione, dunque di una sempre viva purezza.

F. Chevassu
("Image et Son ", n. 134, 1960)

Biografia

regista

Michel Drach

FILMOGRAFIA

ON N'ENTERRE PAS LA DIMANCHE (1959)

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Michel Drach.
Soggetto: dal romanzo di Fred Kassak.
Fotografia: Jean Tournier.
Musica: Jean Gilles, Eric Dixon, Kenny Clarke.
Interpreti e personaggi: Philippe Mory (Philippe Valence), Christina Bendz (Margaretha), Helle Pétri, Albert Gilou, Marcel Cuveller, Robert Lolliot, Frederic O'Brady.
Produzione: Port Royal Films. Distribuzione: Gaumont.
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