2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

Paris nous appartient

Paris belongs To Us
di Jacques Rivette
Nazione: Francia
Anno: 1958
Durata: 140'


Una ragazza, Anne, viene a conoscere un giornalista americano, Philip, che ha lasciato gli USA al tempo di Mc Carthy, e di cui piano piano si innamora. Philip la introduce nel giro degli intellettuali (un po' impegnati e un po'angosciati) del quartiere Latino, dove incontra Gerard, regista di teatro che vuole mettere in scena senza soldi il "Pericle" di Shakespeare, e Terry, una americana strana ed enigmatica. Viene anche a sapere che uno del gruppo, lo spagnolo Juan, si è suicidato: Juan era l'amante di Terry e il musicista di Gerard. Adesso Terry sta con Gerard, e Anne sospetta che la ragazza c'entri qualcosa con il suicidio di Juan. Certe frasi di Philip su un gruppo fascista (la Falange), le paure e le contraddizioni di Gerard che deve sospendere lo spettacolo… fanno pensare ad un complotto, che Anne decide di prendere sul serio. A questo punto il film si mette (come in Monsieur Arkadin) decisamente sulla strada del poliziesco: i sospetti cominciano ad essere confermati, appaiono altri personaggi ambigui, i rapporti sentimentali si complicano fino a che Gerard muore in un modo che ricorda da vicino la morte di Juan… ma in realt` non c'è niente: Juan e Gerard si sono suicidati per il crollo delle loro speranze.

G.D. Curi
(Il cinema francese della Nouvelle Vague, Ed. Studium, Roma 1977)


Se cerco di riassumere in una parola l'avventura di Paris nous appartient, non trovo altro che questa: un'avventura - incompiuta, abortita forse, ma questo rischio non era forse la caratteristica dell'avventura? Avventura di che? Di un'idea, di un'ipotesi, di volta in volta proposta, scartata, ripresa, deformata, rifiutata, degradata - esaurita alla fine per aver voluto tutto riportare a se stessa. Un film è in genere una storia costruita su una idea; io ho cercato, aiutandomi con un intrigo di forma poliziesca di raccontare la storia di un'idea; il che vuol dire che invece di svelare alla fine l'intenzione prima, la conclusione non può qui che abolirla: "Niente avr` avuto luogo se non il luogo". Nessun'idea può pretendere di spiegare il mondo, esaurire da sola l'estensione del reale che, perché reale, la eluder` sempre per mezzo delle sue contraddizioni. E certo si M credere a 20 anni o a 30, che si va a scoprire il senso dell'universo, e che Parigi vi appartiene; e Péguy può in effetti dirlo, ma è perché sa, nello stesso momento, che Parigi non appartiene a nessuno.

J. Rivette
("Avant-Scène", n. 7, 1961)


Non rivedo il film da parecchio tempo, ed ho molta paura di rivederlo.
Ho desiderato troppo realizzarlo per rinnegarlo, ma considerandolo adesso con un certo distacco mi sento molto insoddisfatto dei dialoghi, li trovo spaventosi. Mi continua a piacere il principio del film, ivi comprese tutte le ingenuit`, mi piace molto la sua costruzione, il modo di far passare i personaggi da una scena all'altra, di farli muovere uno rispetto all'altro; anche il fatto che l'intreccio non sia sviluppato con grande precisione mi lascia indifferente, ma lo stile dei dialoghi, e di conseguenza lo stile di recitazione, mi d` un fastidio incredibile. Scrivendo i dialoghi, credevo che fosse l'anti-Aurenche e Bost, e mi accorgo adesso che si tratta della stessa cosa, dialogo a effetto nel senso deteriore del termine; alcuni attori li salvano, altri li aggravano; ma sono terribilmente contenti di sé, e questo non posso più sopportarlo. Anche le scene di teatro sono basate sul convenzionale, e per questo mi è venuta voglia di mostrare il teatro in un'altra maniera.

J. Rivette
(in AA. VV. Il cinema di J.R. , X Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro, 1974)


(…) L'uscita di Paris nous appartient, il suo primo film, è un avvenimento per ogni membro del nostro gruppo, o della nostra mafia se preferite…
Le riprese di Paris nous appartient sono cominciate tre anni e mezzo fa, all'inizio del 1958. La sceneggiatura era terminata da parecchi mesi e nessun produttore si dimostrava interessato; allora Jacques Rivette decise di buttarsi: prese a prestito dalla cassa dei "Cahiers du Cinéma" ottantamila franchi con cui pagare alcune bobine di pellicola. Cinepresa e laboratorio a credito, tecnici e attori "in partecipazione totale".
L'impresa sembrava perduta in anticipo e, tuttavia non era del tutto insensata. (…) Dal luglio del 1958, il problema di Jacques Rivette, mentre girava Paris nous appartient, fu di cercare tutte le domeniche un po'di denaro per poter riprendere il lavoro il lunedì. E quale lavoro! Un film-fiume comprendente trenta personaggi, trenta diversi luoghi di ripresa, scene di notte, all'alba, e tutto questo senza segreteria, senza direzione di produzione, senza macchina, senza "spese varie", e durante le ferie.
Quando Claude Chabrol, sulla sua scia, cominciò le riprese di Les cousins (I cugini, 1958), alcune bobine di pellicola passarono da un film all'altro. Tre mesi più tardi Paris nous appartient non era ancora terminato e io cominciavo a girare Les quatre cents coups (I quattrocento colpi, 1959). Rivette fini le riprese contemporaneamente a me. Ma non aveva che le immagini. Troppi debiti gravavano su Paris nous appartient per cominciare, sia pure a credito, il doppiaggio e il montaggio.
Fu in occasione del Festival di Cannes, nel 1959, che decidemmo, Claude Chabrol e io, di diventare improvvisamente co-produttori di Paris nous appartient. Montaggio, doppiaggio, sonorizzazione, il film è finito dopo molti mesi e far` la sua carriera francese nelle sale d'Art e d'Essai. E sta per uscire prossimamente in Germania, Belgio e Canada.
Jacques Rivette era il più cinéphile di tutti noi, il suo film dimostra anche che è il più cineasta. Senza tener conto delle condizioni in cui sono avvenute le riprese, Paris nous appartient è tra tutti i film che sono nati dal gruppo dei "Cahiers du Cinéma" il più "messo in scena", in cui le difficolt` tecniche non sono raggirate ma affrontate una per una con un orgoglio ostinato, un'incessante lealt` e una precisione da vecchio esperto.
Pur avendo scritto poco Jacques Rivette, con la precisione dei suoi giudizi, ha influenzato tutta la giovane critica, pur avendo girato poco, offre oggi, con questo film cominciato nel 1958, l'unit` di misura dei nostri tentativi.
Secondo Péguy, Parigi non appartiene a nessuno, ci ricorda Rivette all'inizio del film, ma il cinema appartiene a tutti.

F. Truffaut
(I film della mia vita, Marsilio, Venezia 1978)


Una generazione di giovani perduti, esiliata, consegnata in stanze di servizio, che porta le stigmate di Hiroshima, vive il passaggio all'et` adulta sotto la minaccia d'una apocalisse. Più che agire o creare si vaneggia; un permanente delirio d'interpretazione tenta di accedere al piano della politica o dell'arte. Eppure, di tutti i fermenti parigini sono senza dubbio i più generosi e, per quanto possano apparire risibili, forse un giorno troveranno posto - dopo quali diversioni? - tra i più fecondi.
Paris nous appartient è la summa che, nata da questi fermenti, partecipa al loro gioco, e, nello stesso tempo, ne redige la cartella clinica. Visione totalitaria del reale, in cui l'avventura non è più esterna o interna, individuale o collettiva, mistica o storica, ma una ricerca assoluta che mette autore e opera totalmente in gioco, col rischio per entrambi di essere, di quest'avventura che è il motore del film e di cui il film è il motore, vittime e nello stesso tempo eroi. (…)
Se il film e realt` si collegano, è un caso? Il fatto è che per i quattro anni - dalla fase dell'elaborazione a quella della distribuzione - che è durata l'avventura di Paris nous appartient, una solida catena di eventi ha tentato di opporsi al suo compimento. Le trappole sono sempre tese; sta a noi non caderci e trovare la falla per la quale introdurre la nostra lucidit`.
Il film continua sempre a vivere la sua avventura, incarnando la dialettica tra caso e destino, perdita e guadagno. Avventura che progredisce utilizzando fin la parte di fallimento, fatta di certi squilibri, che il film comporta, si assume.
Di questa impresa, la più ambiziosa che cl sia stata offerta da tempo, non posso auspicare e nemmeno concepire il perfetto equilibrio. Vi sono grandiose costruzioni in cui l'incompiutezza o la mal-compiutezza fanno parte integrante della bellezza, che la loro perfezione, mostruosa, distruggerebbe. Del resto, l'equilibrio non è forse in tutti i campi, biologia compresa, una definizione della morte?
Era necessario che il film, che fa di tutto per inquietare, ci lasciasse inquieti sulla sua stessa perfezione. Rifiutare questa inquietudine ci farebbe misconoscere la sua grandezza c, ciò che vorremmo guadagnare, o fargli guadagnare, lo perderemmo entrambi.
Chi perde e chi vince? La risposta è nota. Conquista e si conquista non colui che dice: "Parigi mi appartiene", ma "Parigi non appartiene a nessuno".

M. Delahaye
("Cahiers du Cinéma", n. 128, 1962)

Biografia

regista

Jacques Rivette

(Rouen, Francia, 1928 - Parigi, Francia, 2016) comincia ad occuparsi di cinema come critico dei «Cahiers du cinéma» e verso la fine degli anni '50 sia come teorico che come cineasta è tra i promotori della nouvelle vague. Dopo essere stato assistente di Becker, nel 1960 esordisce con Paris nous appartient, dando inizio ad una riflessione sui rapporti fra il teatro (o l'arte in generale) e la vita che segnerà l'intera sua produzione. Con Susanna Simonin, la religiosa (Suzanne Simonin, le religieuse de Diderot, 1966), Rivette conosce il successo, ma anche le maglie della censura, mentre con L'amour fou (1967), presentato in versione restaurata nell'edizione n. 41 del Festival, con e i film successivi si afferma come uno dei maestri più grandi e segreti del cinema moderno.

FILMOGRAFIA

Le coup du berger (cm, 1956), Paris nous appartient (1960), Suzanne Simonin, le religieuse de Diderot (Susanna Simonin, la religiosa, 1966), L'amour fou (1968), Out 1 Noli me tangere (1970), Out 1 Spectre (1971), Céline et Julie vont en bateau (1974), Duelle (1976), Noroît (1976), Merry-Go-Round (1981), Le Pont du Nord (1981), Paris s'en va (1981), L'amour par terre (L'amore in pezzi, 1984), Hurlevent (1985), La bande des quatre (Una recita a quattro, 1989), La Belle noiseuse (La bella scontrosa, 1991), Jeanne la Pucelle Les Batailles (Giovanna d'Arco. Prima parte, 1994), Jeanne la Pulcelle Les Prisons (Giovanna d'Arco, il processo. Seconda parte, 1994), Haut bas fragile (Alto basso fragile, 1995), Secret Defense (1998), Va savoir! (Chi lo sa?, 2000), Histoire de Marie et Julien (2002), Ne Touchez Pas la Hache (La duchessa di Langeais, 2006), 36 vues du Pic Saint-Loup (Questione di punti di vista, 2009).

Cast

& Credits

Regia: Jacques Rivette.
Sceneggiatura: Jacques Rivette, Jean Gruault.
Fotografia: Charles Bitsch.
Montaggio: Denise de Casabianca.
Musica: Philippe Arthuys.
Interpreti e personaggi: Betty Schneider (Anne), Gianni Esposito (Gérard Leriz), Françoise Prévost (Terry Yok), Daniel Crohem (Philippe Kauffman), François Maistre (Pierre, fratello di Anne), Jean-Claude Brialy (Jean-Marc), Jean-Marie Robain (Jean Bernard George), Brigitta Juslin, Noëlle Leiris, Malka Ribowska, Louise Roblin, Jean Martin, Henri Poirier, André Thorent, Claude Chabrol, Jean-Luc Godard, Jacques Demy, Jacques Rivette.
Produzione: Ajym (Claude Chabrol) - Les Films du Carosse (François Truffaut).
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