2° FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA GIOVANI
Retrospettiva - Nouvelle Vague

Rue Saint-Denis (in "Paris vu par...")

Rue Saint-Denis (in Six in Paris)
di Jean-Daniel Pollet
Nazione: Francia
Anno: 1963
Durata:


Ho scritto il soggetto di Rue Saint-Denis dopo Pourvu qu'on ait l'ivresse, pensando allo stesso attore, Claude Melki. I personaggi che, all'origine, non sono trasposizioni, sono molto realistici. Non posso più, ora, immaginare personaggi principali di questa sorta. Ho cercato di superare il realismo mettendo, in fase di montaggio, una musica cha fa "decollare" completamente il film verso qualcosa che non è nemmeno, del tutto, il fantastico, o il poetico. Anche la scelta della scenografia, con le pareti a quattro colori, era un modo di sfuggire a un realismo diretto. Cronologicamente questo film avrebbe dovuto collocarsi prima di Méditerranée, che era un salto nell'Immaginario. Tuttavia, Rue Saint-Denis ne porta indubbiamente la traccia: m'era diventato impossibile accettare il realismo grezzo.
A causa di La Ligne de mire (in particolare), e dello stato attuale del cinema francese (in generale), sono assolutamente obbligato, nei confronti dei produttori, a raccontare una storia tradizionale, classica. E per Une balle au coeur si pone lo stesso problema di Rue Saint-Denis: arrivare a imporre, a partire da una storia che non mi sta particolarmente a cuore, un certo numero di cose che mi girano naturalmente in testa. Cose che, in definitiva, hanno a che fare con l'importanza della scenografia, degli oggetti, con un ritmo un po'particolare che vorrei dare alle sequenze.
M'è capitato di sognare tutto un film (ne ho scritta la sceneggiatura appena sveglio). Non si sognano dei personaggi, ma degli oggetti, dei momenti, il tempo, lo spazio, la durata: tutto questo, in un sogno, ha più importanza della psicologia.
Quello che m'interessa non è mettermi, infilarmi nei panni dei personaggi, ma farli vivere in un certo clima.
Del resto, nel film che farò appena potrò (New-York - Bassae, itinerario d'un personaggio attraverso l'America, l'Europa e la Grecia), prenderò dei luoghi, del momenti, dei personaggi solo quello che vorrò. Per realizzare una sorta di lungo poema su delle genti, dei personaggi, dei momenti, delle musiche, che sia un documentario su tutti questi paesi e su me stesso.
Penso che un film nasca dall'accostamento dei personaggi, non dal loro muoversi. Sono convinto, infatti, che non si cambi: si ricade sempre, ci si rialza sempre allo stesso posto. Si resta fedeli alle cose che si sono sognate a quindici anni, che rinascono, sempre le stesse. Ci sono certamente del casi in cui si producono dei rivolgimenti profondi. Ma non sono questi stati di crisi che m'interessano, è la permanenza dell'essere d'un personaggio. Io sono per un cinema drammatico e tragico. Ma il dramma, non credo che sia una situazione eccezionale (trovarsi in una situazione critica ad esempio): è piuttosto che le cose esistono e non le si capisce.

J.-D. Pollet
("Cahiers du Cinéma", n. 171, 1965)


Rue Saint-Denis di J.-D. Pollet sorprende piacevolmente per scioltezza e spirito. Con quattro muri dipinti a colori diversi, un letto, una radio e due piatti di spaghetti, Pollet compone un quadro e restituisce un ambiente pieno di evocazioni. Ci si ricorda che ha girato Pourvu qu'on ait l'ivresse e si prova piacere a veder mangiare, non far niente, sciorinare discorsi senza capo né coda o stupidi, quella ragazza e quel poveretto, lavapiatti di bistrot, entrambi impersonati con considerevole presenza da un'eccellente Micheline Dax (ii suo modo di scoppiare a ridere ogni momento e di chiamare, con aria condiscendente, "Léon" il suo amico occasionale) e da un Claude Melki quasi troppo bravo nella parte del "povero damerino che va a passare le sue vacanze a Limoges". A volte un po' facile, il racconto di Pollet si conclude piacevolmente e in caduta libera in un'interruzione di corrente. Va benissimo così, perché guardar vivere un abbrutito può diventare tragico.

G. Jacob
("Cinéma", n. 101, 1965)

Biografia

regista

Jean-Daniel Pollet

Jean-Daniel Pollet (La Madeleine, Francia, 1936 - Cadenet, Francia, 2004), cineasta difficilmente assimilabile a una scuola o tendenza, ha deciso al liceo di fare il regista e da quel momento si è dedicato al cinema con alterne fortune: basti pensare a La ligne de mire (1960), mai mostrato al pubblico e pesantemente attaccato dalla nouvelle vague, o, al contrario, allo stesso Méditerranée, accolto invece come un capolavoro dai «Cahiers du cinéma». Il sodalizio artistico con Claude Melki, l’impegno durante il maggio francese, la frequentazione degli ambienti del Cinema Nôvo brasiliano sono tutti elementi che rientrano nel cinema di Pollet, scomparso nel 2004 dopo una lunga e proficua carriera. Nel 1998 il Torino Film Festival gli ha dedicato una retrospettiva completa.

FILMOGRAFIA

Bassae (cm, 1964), Une balle au cœur (1965), Le Horla (mm, 1966), La femme aux cent visages (cm, 1966), Les morutiers (cm, 1966), Tu imagines Robinson (1967), L’amour c’est gai, l’amour c’est triste (1968), Le maître du temps (1970), Le sang (1972), L’ordre (1973), L’acrobate (1975), Pascale et Madi (cm, 1976), Pour mémoire (1980), Au père Lachaîse (cm, 1986), Contretemps (1988), Trois jours en Grèce (1990), Dieu sait quoi (1996).

Cast

& Credits

cortometraggio

Regia: Jean-Daniel Pollet.
Fotografia: Alain Levent.
Interpreti e personaggi: Micheline Dax (la prostituta), Claude Melki (Léon).
Produzione: Films du Losange.
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