Nazione: Francia
Anno: 1957
Durata: 88'


Jeanne Dardieu, giovane e innocente figlia di una famiglia aristocratica si sposa con Julien, un cinico e bel dongiovanni. I due vivono tranquillamente insieme fino a che Jeanne non si rende conto che Julien non ha voglia di stare con lei. Rosalie, che è stata al servizio di Jeanne fin dall'infanzia, ha un bambino che Jeanne scopre essere di suo marito. Tuttavia Jeanne tenta di risvegliare l'amore del marito, e quando ha un figlio lei stessa, trova una ragione di vita. Julien, intanto, continua con i suoi flirt e diventa l'amante di Gilberte de Fourcheville, moglie di un suo vecchio amico. De Fourcheville lo scopre, decide di vendicarsi e uccide gli amanti. Jeanne, la cui vita è sconvolta dalla morte dell'uomo che ha amato così profondamente, affronta un'esistenza senza scopo né speranza.

R. V.
("Monthly Film Bulletin", n. 325, 1961)


Mi è stato proposto questo soggetto e l'ho accettato. Perché? Perché ho ritrovato in Maupassant una parte delle mie preoccupazioni attuali. Maupassant è un autore realista, ma è anche un poeta. Quello che mi è piaciuto, leggendo Une vie, non è il realismo, ma è la follia dietro il realismo. Esiste, credo, un Maupassant conosciuto e uno sconosciuto. Il primo assomiglia ad Alphonse Daudet ed il secondo ad Edgar Poe. Non dimenticate che Maupassant è morto pazzo. Improvvisamente mi sono accorto che Maupassant forse descriveva non tanto i personaggi, quanto l'impulso che li trascina. E questo mi ha affascinato. (…)
Realizzando questo film, ho cercato in esso che cosa avesse fatto nascere questa letteratura aspra, violenta, angosciata e tuttavia poetica come è quella di questi nuovi paesi. È a questo che ho pensato realizzando Une vie. Come Faulkner in Palme selvagge, Maupassant in Une vie non ha dipinto tanto il carattere di una donna quanto il trascorrere della vita attraverso una donna. Quindi non si tratta affatto di un sottile argomento. All'inizio, qualunque sia la loro psicologia, i miei personaggi sono trascinati da qualcosa di più forte della psicologia. Non ho voluto fare un film sentimentale, intendo come sentimentali La princesse de Clèves o L'education sentimentale. È se volete, il contrario di un film di analisi, ancorché la materia sia quella di un film psicologico. (…)
Maupassant, scrittore nello stesso tempo tenero e crudele, aspro e pieno di compassione, non ha dipinto in Une vie l'evoluzione di una donna nel corso delle stagioni, ma i riflessi delle stagioni sull'animo di questa donna. Sono questi riflessi che faccio vedere nel mio film; e di fronte a questa donna, l'uomo per mezzo del quale lei cerca di vivere la sua vita, il quale, benché sposato con lei ma troppo egoista, le rifiuta quest'aspirazione legittima. Une vie è quindi la storia di una coppia, ma soprattutto la storia della solitudine nella quale, a causa della forza negativa di un uomo che è il solo legame con il mondo, una donna è obbligata a confinarsi. Insomma, quello che ho voluto raccontare è la storia di un malinteso. Ho cercato di dipingere una donna come di solito si descrivono gli uomini, e viceversa. La mia eroina ha bisogno di una costruzione dello spirito. Ed è per questo che sono felicissimo per aver potuto dirigere Maria Schell, il cui ruolo, la cui tensione recitativa è basata su un principio maschile. Christian Marquand, al contrario, ha un ruolo più profondamente femminile. E tra quest'uomo che ha concluso la sua vita e pensa soltanto alla caccia e ai figli, e questa donna che inizia la sua, venivano automaticamente a crearsi contrasti e malintesi, per la natura stessa degli autori.

A. Astruc
("Arts", n. 684, 1958)


Una vita è un film prodigiosamente costruito. Usiamo dunque, per illustrare i nostri discorsi, immagini prese a prestito dalla geometria classica. Un film può essere paragonato a un luogo geometrico, cioè a un insieme di punti aventi una stessa propriet` in rapporto a un elemento fisso.
Questo insieme di punti si può dire che sia la regia; la propriet` comune a ogni istante della regia sar` quindi la sceneggiatura o, se preferite, l'argomento drammatico. Rimane l'elemento fisso, ma a volte anche mobile, che non è altro che il soggetto. Ma ecco che cosa avviene. Nella maggior parte dei cineasti, il luogo geometrico del soggetto che essi desiderano trattare non oltrepassa mai i luoghi delle riprese. Voglio dire che anche se l'azione dei loro film si svolge su un'immensa distesa, la maggior parte dei cineasti non pensa la regia se non nei limiti del teatro di posa. Astruc, invece, d` l'impressione di aver girato il suo film su tutta la superficie richiesta dalla sceneggiatura, né più né meno. In Una vita non si vedono che tre o quattro paesaggi di Normandia. Ciò nonostante, il film d` la straordinaria impressione di essere stato meditato sulla scala reale della Normandia, come Tabu lo era stato su quella del Pacifico o Qué viva México su quella del Messico. I riferimenti sono forse eccessivi, ma esistono. Il fatto è troppo notevole per poter essere taciuto. Lo è ancor più in quanto Astruc e Laudenbach hanno deliberatamente affrontato le difficolt` mostrando soltanto, come ho detto, tre o quattro aspetti del bocage normanno. La cosa difficile non è infatti mostrare una foresta, ma mostrare un salotto che si sa distare pochi passi dalla foresta. Così come non è difficile mostrare il mare, ma una camera che si sa distare settecento metri dal mare. La maggior parte dei film sono costruiti sui pochi metri quadrati visibili nell'obiettivo. Una vita è concepito, scritto e messo in scena su ventimila chilometri quadrati.
Su quest'immenso spazio invisibile, Astruc ha disposto le sue coordinate drammatiche e visive. Fra l'ascissa e l'ordinata non si trova alcuna curva che corrisponda a un movimento segreto del film. L'unica curva è o l'ascissa o l'ordinata, il che corrisponde quindi a due tipi di movimento, uno orizzontale e l'altro verticale. Tutta la regia di Una vita è basata su questo principio elementare. È orizzontale la corsa di Maria Schell e Pascale Petit verso la spiaggia. Verticale il curvarsi di Marquand che accoglie la sua compagna sul molo del porto. Orizzontale l'uscita degli sposi dopo il pranzo di nozze. Verticale la coltellata che lacera la veste. Orizzontale di nuovo il movimento di Jeanne e Julien che si rotolano nel grano. Verticale di nuovo quello della mano di Marquand che afferra il pugno di Antonella Lualdi, ecc. Per Astruc, mettere in scena Una vita voleva dire semplicemente mettere in rilievo uno di questi movimenti, orizzontale o verticale, in ogni scena o in ogni inquadratura che abbia una sua unit` drammatica, e metterlo in rilievo bruscamente, lasciando nell'ombra prima e dopo di esso tutto ciò che non corrisponde a questo movimento brusco. (…)

J.-L. Godard
(Il cinema è il cinema, Garzanti, Milano 1981)


Astruc si trova di fronte allo stesso problema di Vadim, entrambi sanno bene che cosa non bisogna fare - o non più fare - al cinema; entrambi lottano per sfuggire ai diversi sistemi di fabbricazione dei film di qualit`, ma, poiché non hanno trovato la soluzione, si tolgono dagli impicci eliminando gli effetti grossolani, evitando le volgarit`, le parole d'autore, le facilitazioni e i trucchetti.
Sfortunatamente finiscono col presentarci, Vadim con Les bijoutiers, Astruc con Une vie, non un film, ma lo scheletro del film che vorrebbero fare. Les bijoutiers come Une vie hanno qui in comune il fatto di assomigliare a certe locandine: Venite a vedere la prossima settimana Les bijoutiers; venite a vedere la prossima settimana Une vie.
Notiamo che è molto più difficile per le persone intelligenti avere successo con un film fatto su commissione, e che Astruc canta in una tonalit` in cui Visconti è più brillante di lui, così come Vadim patisce la concorrenza di Elia Kazan. Une vie sembra un po' troppo illogico; il romanzo racconta in terza persona la storia di una donna sentimentale e lamentosa che non tollera l'aspetto carnale dell'amore. Come nei film di Ophiju, Maupassant preferisce sfumare all'infinito il personaggio femminile e stilizzare il personaggio maschile, come se in un quadro la donna fosse dipinta ad acquerello e l'uomo fosse disegnato a carboncino. Astruc, che a ragione diffidava dei numeri alla Gervaise di Maria Schell e perché non può rappresentare se stesso attraverso i personaggi maschili dei suoi film, ha optato per il punto di vista opposto, addirittura più interessante. Il personaggio principale nel suo film è Julien (interpretato da Christiane Marquand), ma l'assurdit` del racconto deriva dal fatto che, davanti allo spettatore, la storia è raccontata da Maria Schell in prima persona, mediata da un commento evanescente e privo di grazia. (…)
Rimprovererei ancora ad Astruc la ripresa letterale di alcuni effetti che in Le rideau cramoisi o in Les mauvaises rencontres avevano in fascino della giovinezza aggressiva: i rintocchi mostruosi del pendolo, l'amore fatto in piedi, le comparse mute, le case nella notte, ecc. (…)
Impedire a Maria Schell di fare smorfle.va bene; costringerla a recitare bene sarebbe stata un'azione più meritoria ed è per questo che Une vie, secondo me superiore a Gervaise, è assai inferiore ad un opera come Le notti bianche, in cui tutti i problemi plastici, psicologici e poetici sono risolti con migliore maestria, e tuttavia è Visconti che questo film evoca, in particolar modo Senso, grazie allo splendore plastico di ogni immagine e il tono distaccato della narrazione; bisogna lodare Christian Marquand che sempre di più assomiglia all'idea che ci si può fare dell'attore che in Francia ci manca; è arrivato il momento in cui bisogna scrivere dei soggetti apposta per lui.

F. Truffaut
("Arts", n. 686, 1958)

Biografia

regista

Alexandre Astruc

FILMOGRAFIA

LE RIDEAU CRAMOISI (1952), UNE VIE (1957), LA PROIE POUR L'OMBRE (1960).

Cast

& Credits

Regia: Alexandre Astruc.
Soggetto: da Une vie di Guy de Maupassant.
Sceneggiatura: Alexandre Astruc e Roland Laudenbach.
Fotografia (Eastmancolor): Claude Renoir.
Scenografia: Paul Bertrand.
Montaggio: Claudine Boucher.
Musica: Roman Vlad.
Interpreti e personaggi: Maria Schell (Jeanne Dandieu), Christian Marquand (Julien de Lamare), Ivan Desny (Fourcheville), Antonella Lualdi (Gilberte de Fourcheville), Pascale Petit (Rosalie), Marie-Hélène Dasté (Ulme Dandieu), Louis Arbessier (M. Dandieu), Michel de Slubicki (Paul), André Taisny (Ludivine), Gérard Darrieu (Fisherman).
Produzione: Agnès Delahaye Production, Nepi Film.
Distribuzione: Gala.
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