Il
documentario ricostruisce momenti
della vita di A Ming, un cinese clandestino arrivato da poco a Milano. La
macchina da presa segue i percorsi del
protagonista: dai soppalchi di un bilocale trasformato in ostello al
«Club
dello Zhejiang», dove la gente si affolla a setacciare
annunci di lavoro e a
raccogliere informazioni preziose.
E poi
le tessere del mahjong che crepitano come tizzoni ardenti sul tavolo da
gioco,
nel retro di un karaoke bar, gli sguardi sfrontati di chi spende
giornate nella
sala giochi di via Farini, gli ideogrammi delle insegne, la strada. Lo spaesamento,
la solitudine e il vuoto
aperto dalla nostalgia di casa si riflettono nella vita quotidiana, nei
volti,
negli ambienti.
«A
Ming si propone di
evidenziare la desolazione di un cinese clandestino in un contesto
estraneo,
pieno di incertezze, e la contrapposizione tra il suo vissuto interiore
e la
vita esterna del quartiere. L'obbiettivo è quello
di rappresentare una storia
di immigrazione molto diversa da altre che abbiamo conosciuto in
Italia». (A.
De Toni, M. Parisini)