Nazione: USA
Anno: 1967
Durata: 20' ; esis


Bardo Follies di George Landow è un film sull'effimero e sulla sua eternit`; o sull'eterno e sui cambiamenti che subisce. Il Bardo Thodol è il Libro Tibetano dei Morti; "bardo" si riferisce ad uno stadio intermedio dell'esistenza, "dal quale si può rinascere in questo mondo in un corpo umano, o nel mondo degli spiriti in un corpo spirituale, o nell'asuraloka in un corpo asura, o in uno degli inferni in un corpo in grado di patire la sofferenza..." (W.Y. EvansWentz). Le immagini del film di Landow sono quelle di questa quasiesistenza, della pura transizione. "Follie" qui significa prima di tutto uno spettacolo; e anche il fatto (o l'illusione) che le immagini sono illusioni (o illusioni di illusioni).
Bardo Follies è un film analogico; per poterlo capire occorre conoscere il procedimento secondo cui è stato realizzato. Anzitutto è stata scelta un'immagine: in questo caso si tratta di una donna che lavora in un luna-park e fa grandi saluti al passaggio di una barca piena di turisti. Uno dei turisti la riprende con una cinepresa da dilettante. I fotogrammi relativi sono stati quindi riscaldati in un proiettore modificato con accorgimenti speciali; sono stati poi proiettati e rifilmati. Il processo di fusione della pellicola d` origine a tutte le "immagini" del resto del film. L'analogia di cui si è detto è tra questo processo e le linee fondamentali secondo cui opera l'ordinamento di cui tutti siamo parte, indicato talvolta come "il creato". L'idea che ne scaturisce è che la morte (la distruzione dell'immagine iniziale nel film) non è una fine, ma semplicemente uno stadio ulteriore. Forse la scena al Parco dei Divertimenti non è che una fase preparatoria per la trasformazione nelle immagini "diploteratologiche" (questa parola sta ad indicare un mostro con due teste, o comunque avente doppie quelle parti del corpo che normalmente dovrebbero essere singole). Nel film vi sono tre specie principali di immagini "astratte": immagini macrocosmiche, che richiamano pianeti; immagini visionarie, che richiamano scene di mitiche battaglie, e immagini microcosmiche, che suggeriscono strutture cellulari. Landow comincia col darci lo spettacolo più pacchiano e vistoso, la più pura e più dichiarata "follia": una corta scena documentaristica di una ragazza su una zattera la cui immagine si allontana e si avvicina ripetutamente nel fotogramma. In tal modo questa luccicante e superficiale creatura del momento acquista una sua durevole esistenza, si insinua nel nostro campo visivo con l'inesorabilit` di una marea o di un battito cardiaco, diventa forza di natura e oggetto che merita la nostra contemplazione e la sollecita. Quindi, dopo alcuni minuti che potrebbero essere ere geologiche, il ciclo ininterrotto dello spettacolo si fa mutamento continuo della visione microscopica. L'immagine della ragazza che riappare e sparisce è sostituita da quella di cellule che si moltiplicano e muoiono. E questo mutare delle immagini non sta ad indicare un cambiamento ma solo un'illusoria apparenza di diversit` di cose che sono invece sempre le stesse, un modo della mente di concepire la ragazza e le sue cellule come entit` separate. Tutto muta continuamente e tutto resta sempre lo stesso. Tutto è assoluto, sia che si tratti della realt`, sia che si tratti dell'illusione, del vero o del falso. Mutamento e identit`. Tempo, realt`, illusione, sono, in queste "Follie", cancellati. Landow non vuole comunicarci nulla. Si limita a proporci questo esercizio introduttivo. Egli ci lascia capire che siamo nel Bardo, nel Tibetano Libro dei Morti; dove si vada, dopo di qui, è un'altra questione.

Ken Kelman, "Film Culture", n. 47, 1969

Biografia

regista

George Landow

Cast

& Credits

Filmmaker: George Landow.
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