Nazione: USA
Anno: 1965
Durata: 75'


Echoes of Silence è cresciuto a poco a poco sia dalla vita che conducevo allora, sia da immagini e idee del passato. Benché ogni scena sia un'entit` a sé e non si riferisca, sul piano dell'intreccio, a nessun'altra scena del film, i personaggi erano reali e avevano storie e rapporti reciproci passati e futuri. Perciò nel film c'è una crescente sensazione di continuit`.
Le scene con Stasia e Viraj sono state girate tre anni fa. Improvvisavo scena dopo scena, e cercavo la mia strada per un'opera più lunga. Ho provato delle scene con un altro attore, ma non è andato bene e non ho mai usato quelle riprese. Mi ci sono voluti due anni per scoprire Miguel. La scene con Miguel sono state girate un anno fa.
L'opera era tutta abbozzi, non completamente sviluppata, idee che mi ossessionavano. Il film è stato girato con un rapporto di pellicola di meno di 2:1, il montaggio spesso effettuato in macchina, le riprese sempre rapide e spontanee. Cominciavo una scena con le mie idee e il mio attore o attori principali, attribuivo le necessarie piccole parti sul posto e poi, in modo molto spontaneo, costruivo visivamente la scena mentre giravo. In un senso la scena andava oltre l'idea originaria, in un altro restava incompiuta.
La prima scena di Echoes of Silence che ho girato è quella delle tre ragazze che si truccano, una semplice scena di tre volti con sottilissime sfumature di lesbismo. Quando ho visto le riprese mi sono accorto di quante cose si possono dire riprendendo solo le facce giuste e nient'altro...

Peter Emanuel Goldman, dal Catalogo n. 6 della Filmmakers' Cooperative


Non capita molto spesso che arrivi sulla scena un nuovo filmmaker così promettente. Ci sono molte cose buone in Goldman. Primo, l'abilit` e la sensibilit` che è riuscito a infondere al suo primo film. Secondo, la freschezza che porta nel settore più debole del nuovo cinema, il cinema narrativo. Prendendo le cose migliori del cinema underground (libert` di soggetto e di tecnica) e alcune buone cose del cinema di Godard, egli racconta una semplice storia di alcuni amici, come vivono, che cosa provano. In una serie di annotazioni egli definisce i loro rapporti con immediatezza ed economia; fa vivere i suoi personaggi in modo semplice e credibile, più credibile della maggior parte dei personaggi del cinema di Chabrol o di Truffaut. Nel suo primo film Goldman è riuscito a evitare molti pericoli di astrattezza. Composto di una serie di episodi, ognuno preceduto da una o due righe di titoli (analogamente a Vivre sa vie di Godard), e niente affatto perfetto da tutti i punti di vista, il film possiede una notevole bellezza tematica e formale.
Una delle cose belle è il trattamento che Goldman fa di argomenti "proibiti" come i rapporti lesbici o omosessuali. Di solito, nel cinema essi diventano o banali o mirano a scandalizzare; qui sono attraenti e tristi. È un mondo triste quello dipinto da Goldman. Presentando il suo film, Goldman ha osservato che egli aveva passato un periodo di depressione, e che il suo film è un documento di quella depressione. E lo è. Ma c'è della bellezza in questa tristezza. l rapporti lesbici e omosessuali sono illustrati con una partecipazione e in un modo poetico e veritiero come in nessun altro film che conosca. Sul piano del soggetto Goldman si lascia dietro molti cineasti, anche se il suo film può essere facilmente criticato per imperfezioni tecniche e formali.

Jonas Mekas, "The Village Voice", 18/2/65


Questo film è privo di pretese, il suo punto di vista rimane sobrio; si occupa di un giovane protagonista maschile e di alcune ragazze ugualmente giovani, poveri e apparentemente sbandati, senza particolare occupazione se non andare a caccia di amore e fumare ogni tanto marijuana. Tutti, anche quando sono impegnati a letto, sono notevolmente frustrati, e per la maggior parte del film appaiono sconfortati. Evidentemente nessuno riesce a trovare o almeno a conservare la persona giusta, e quindi per quasi tutta la durata del film (70 minuti) domina un'atmosfera di pura fame di sesso. Sul piano tecnico Echoes of Silence è l'ennesimo film approssimativo (qui in misura modesta), ma non risulta di una noia assoluta, grazie al lavoro di ripresa insolitamente sensibile, benché non vi siano effetti speciali; e gli umili personaggi che ritrae possiedono una convincente autenticit`. Qui nessuno ha ambizioni divistiche, e nessuno sembra voler prevaricare gli altri in modo violento o subdolo. La scena migliore e maggiormente rivelatrice si svolge in una delle gallerie del Metropolitan Museum. Il giovane protagonista affamato di sesso non sta guardando i quadri, è davvero a caccia, mentre alcune ragazze, a cui egli mostra di interessarsi, almeno fingono di guardare i quadri. Se nell'atmosfera del film c'è un fattore veramente delicato, questo è che tutti sembrano fermamente, se non passivamente, in attesa della persona giusta. Le strade sono piene di candidati, ma questi, in qualche modo, non contano. Il bello della scena nel museo è che l'arte più alta si intreccia con la fatale alienazione del mondo moderno.

Parker Tyler, Underground Film, 1969

Biografia

regista

Peter Emanuel Goldman

Cast

& Credits

Regia e fotografia: Peter Emanuel Goldman.
Assistenti alla regia: Riva Freifeld e Michael Sheridan.
Musica: Charlie Mingus, Igor Stravinsky, Prokofiev e Peete Seeger.
Interpreti: Miguel Chacour, Viraj Amonsin, Blanche Zelinka, Jacquetta Lampson, Bill Brach, Mactavish, Stasia Gelber, Astrid Spiegel, Ellen Marcus, Maria Van Everett, Irwin Shapiro, John Pope, JeanFrançois Gobbi
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