Nazione: USA
Anno: 1966
Durata: 15'


Un abbagliante rubino nello scrigno di Kuchar fatto di gemme cinematografiche e di sottile spazzatura. Finanziato con sussidi di disoccupazione e popolato di gente seminuda, Hold Me While I'm Naked va oltre l'erotico, nel mondo dell'ipernevrotico, un mondo che esiste dietro la tenda da doccia del cineasta. Il piombo può proteggere i tessuti delicati dalle radiazioni, ma una tenda da doccia di plastica non offre nessuna protezione dalla dolorosa penetrazione di una Bolex H16. Girato nelle sfavillanti sale da bagno della East Coast, dove succede tutto il meglio, questo film sfrutta incessantemente i problemi e i corpi della gioventù creativa di oggi. Catturato con surrealistica opulenza su Ektachrome Commercial 7255, questo è un film su un film che non ha potuto essere girato e sulla persona che non ha potuto girarlo dato che il suo materiale principale non è riuscito ad alimentare la fornace a idrogeno con un eccesso di esposizione molecolare.

George Kuchar, dal Catalogo n. 6 della Film-makers' Cooperative


Nel ruolo del regista che dirige piccanti scene d'amore ma non vi prende parte, Kuchar appare meravigliosamente adolescente e indifeso; per elevare la sua infelice condizione si è ripreso in pose eroiche dalle peggiori angolazioni possibili e ha inserito il risultato in incongrui scenari romantici; sul suo viso ci sono chiazze rosse che si potrebbe sospettare se le sia dipinte da sé. Nondimeno, il suo film rivela una vena stranamente allegra, privando il tema di ogni oscenit`, cupezza ed autocommiserazione; suscita tenerezza un po' come certe canzoni dei Beatles, dove Paul McCartney strilla "Got to get you into my life". Con altrettanto intuito e maggiore profondit` del suo quasi omonimo hollywoodiano (George Cukor), Kuchar crea immagini brillanti, pure e precise che danno al tema della frustrazione sessuale la definitiva, necessaria dimensione comica. Negli ultimi minuti del film egli si rigira a 360 gradi nella doccia, poi sbatte tranquillamente la testa contro il muro della vasca da bagno, mentre fuori sui tetti le antenne della televisione tremano, onnipresenti segnali di comunicazione che controbilanciano la sua solitudine. Sullo schermo le idee di Kuchar sono efficaci e piacevoli allo stesso tempo. Penso che siano la cosa veramente giusta: la qualit` della poesia senza l'apparato della poesia.
L'uso di Kuchar di far parlare tutti, anche le sue varie pupe ben tornite e col seno nudo, con gracchianti toni del Bronx (doppiati) è leggermente disgustoso, ma stimola un gradevole sentimento anti"artistico" e non indebolisce le immagini nette, colorate e sensuali, che parlano il loro proprio, piacevole linguaggio. Esso ha anche un altro scopo. Dopotutto, una cosa è essere semplicemente arrapato; una cosa completamente diversa, come ora ci ricorda Kuchar, è essere arrapato in un appartamento lower middle class del Bronx (di Flushing, di Brooklyn) olezzante dell'aroma inenarrabilmente antiafrodisiaco delle frittelle di patate di Mamma, della sua zuppa di cavolo o di qualunque cosa le capiti di cucinare nei pomeriggi di pioggia. Nella cucina di casa Kuchar è un trionfo di bistecche e pomodori che il fradicio e snervato eroe emerso dalla doccia si trova di fronte, e mai tante vitamine sono sembrate così inutili.
Questo film potrebbe rallegrare un gorilla artritico, e il pubblico, evidentemente sensibilizzato dalla rappresentazione allegramente accurata di sentimenti a cui pochi possono essere sfuggiti, esce dal generale stupore e lo applaude.

James Stoller, "The Village Voice", citato nel Catalogo n. 6 della Filmmakers' Cooperative

Biografia

regista

George Kuchar

Cast

& Credits

Filmmaker: George Kuchar.
Suono: David Brooks.
Interpreti: Donna Kerness, Hope Morris, Steve Packard, Andrea Lunin, George Kuchar.
Gli abiti di D. Kerness sono di Hope Morris.
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