Non vedo come possa recensire dei film dopo Pull My Daisy senza usare quest'ultimo come riferimento; un riferimento nel cinema come The Connection lo è nel teatro moderno. Sia The Connection che Pull My Daisy cercano chiaramente nuove direzioni, nuove strade al di fuori dell'ufficialit` congelata e della senilit` midcentury delle nostre arti, nuovi temi, una nuova sensibilit`.
La fotografia stessa, il suo bianco e nero aspro ed immediato, possiede una bellezza visiva e una sincerit` che sono totalmente assenti nei recenti film americani ed europei. L'igienica levigatezza dei film di oggi, vengano da Hollywood, da Parigi o dalla Svezia, è una malattia contagiosa che sembra dilagare nello spazio e nel tempo. Sembra che nessuno impari niente, o dai Lumière o dai neorealisti: nessuno sembra accorgersi che nel cinema la qualit` della fotografia è altrettanto importante del contenuto, delle idee, degli attori. La fotografia è la levatrice, è lei che porta la vita dalla strada allo schermo, e dipende dalla fotografia se questa vita arriver` sullo schermo ancora viva. Robert Frank è riuscito a trapiantare la vita, e addirittura nel suo primo film. E questo è il miglior complimento che possa immaginare. Sul piano della regia Pull My Daisy ritorna alle origini del vero cinema, a dove si sono fermati i Lumière. Quando guardiamo i primi film dei Lumière (il treno che entra in stazione, il bambino che viene imboccato o una scena di strada), ci crediamo, crediamo che non stiano mentendo né fingendo. Pull My Daisy ci ricorda di nuovo quel senso di realt` e immediatezza che è la caratteristica principale del cinema.
Non vorrei essere frainteso: ci sono molti approcci al cinema, e lo stile che si sceglie dipende dalla propria coscienza, sensibilit` e temperamento, oltre che da quale stile è più caratteristico dei tempi. Lo stile neorealista non è stato un puro caso: si è sviluppato dalle realt` del dopoguerra, dalla sua stessa sostanza. È lo stesso con il nuovo cinema spontaneo di Pull My Daisy. In un certo senso Alfred Leslie, Robert Frank e Jack Kerouac, l'autore-narratore del film, non fanno che rappresentare la loro epoca al modo dei profeti: un'epoca esprime le sue verit`, i suoi stili, i suoi messaggi e le sue disperazioni per mezzo dei suoi rappresentanti più sensibili, spesso senza che questi se ne rendano conto. Per questo considero Pull My Daisy, con tutta la sua incoerenza, il più vivo ed il più veritiero del film.
Jonas Mekas, "The Village Voice", 18/11/59
Il Flower Power fu previsto dal titolo del film underground del 1960 Pull My Daisy, vincitore del secondo Independent Film Award. La metafora che vi è contenuta è ovviamente erotica. C'è anche un riferimento piccante e coscientemente irrispettoso alla romantica usanza di strappare i petali di una margherita per sapere se si è amati. Ma Pull My Daisy è significativamente prehippie: è beatnik. È beatnik soprattutto perché mostra un modo di vita diffuso tra i poeti beatnik. Qualsiasi altra cosa facessero, o fanno, Allen Ginsberg e Peter Orlovsky, essi scrivevano poesie; al di l` delle loro fantasticate vite private, avevano un "mestiere". Lo avevano anche i loro collaboratori in questo film, il pittore Alfred Leslie, il romanziere Jack Kerouac, il filmmaker Robert Frank. Oggi nell'underground i "mestieri" sono piuttosto fuori moda, come se sembrassero affettazioni; la pittura, per esempio, tende ad essere sostituita da happening, e gli stessi artisti pop trasformano i loro dipinti e sculture in happening ed environment. Come filmmaker Frank si è in seguito rivelato goffo e imitativo, ma la sua evoluzione non indebolisce l'autenticit` di Pull My Daisy, che da un punto di vista più aggiornato è inautentico solo perché mostra la vita di bohème come la vita dell'artista, e ha un ovvio debito (del quale sembra ingenuamente ignaro) verso quello che era il sistema letterario degli Eliot, Stein e Hemingway.
Parker Tyler, Underground Film, 1969
Biografia
regista

Robert Frank
Robert Frank nasce a Zurigo nel 1924 da una famiglia ebrea. In seguito allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si rifugia in Svizzera dove comincia a lavorare come fotografo. Nel 1947 si reca a New York e presto comincia a lavorare come fotografo per pubblicazioni quali «Harper's Bazaar», «McCall's» e «New York Times». Dopo aver vinto una borsa di studio del Guggenheim nel 1955, Frank comincia a documentare con la fotografia la cultura americana. Il risultato è la raccolta chiamata The Americans, pubblicata nel 1958. Successivamente si dedica al cinema sposando le istanze del cinema d'avanguardia.
FILMOGRAFIA
Pull My Daisy (1958), The Sin of Jesus (1961), O.K. End Here (1963), Me and My Brother (1969), Life-Raft Earth (1969), Conversations In Vermont (1971), About Me: A Musical (1971), Cocksucker Blues (1972), Keep Busy (1975), Life Dances On... (1980), Energy and How to Get It (1981), This Song for Jack (1983), Home Improvements (1985), Candy Mountain (1988), Run (1989), Hunter (1989), It's Real (1990), Last Supper (1992), Summer Cannibals (1996), The Present (1996), Sanyu (2000), Paper Rout (2003).

Alfred Leslie
Cast
& Credits
Soggetto: basato sul terzo atto della commedia "The Beat Generation" di Jack Kerouac.
Commento: scritto e improvvisato da Jack Kerouac.
Montaggio: Leon Prochnik, Robert Frank, Alfred Leslie.
Musica: composta e diretta da David Amram, eseguita da David Amram, Sahib Shahab, Arthur Phipps, Babs Gonzales, Jane Taylor, Al Harewood, Midhat Serbagi, Ronnie Roseman.
Canzoni: "The Crazy Daisy", testi di Allen Ginsberg e Jack Kerouac, voce di Anita Ellis.
Interpreti: Richard Bellamy (Bishop), Allen Ginsberg e Peter Orlovsky (loro stessi), Gregory Corso (Jack Kerouac), Larry Rivers (Milo), Delphine Seyrig (Beltiane), David Amram (Mez McGillicuddy) Alice Neel (madre di Bishop), Sally Gross (sorella di Bishop), Denis Parker (ragazza nel letto), Pablo Frank (ragazzo).
Produzione: GString Production.