Nazione: USA
Anno: 1962
Durata: 53'


Showman di Albert e David Maysles, il più misconosciuto, il più incompreso di tutti i film presentati a Lione, mi sembra essere il più bello, il più puro. Lo inserirei senz'altro tra i dieci o quindici grandissimi film che ho potuto vedere dopo la guerra. Ne parlo tanto più volentieri dato che tre visioni successive, a Lione, Parigi e Londra, lungi dall'esaurire il mio entusiasmo, lo hanno al contrario accresciuto. Ma come spiegare ad altri questo atteggiamento quando degli amici stimati vi vedono, gli uni disonest` artistica, gli altri addirittura (c'è di che scoppiare dal ridere, dato che i fratelli Maysles sono ebrei di origine polacca) antisemitismo? Cerchiamo un attimo di analizzare l'evidenza.
Joseph Levine è quel curioso produttore americano uscito dagli slum di Boston e giunto oggi a un'invidiabile posizione in quella supergiungla americana che è l'industria del cinema. In un periodo in cui gli studi chiudono e le banche tagliano i finanziamenti, Joe Levine può vantarsi di avere, dalla sera alla mattina, creato dal nulla una delle più potenti case di produzione e distribuzione degli Stati Uniti, la Embassy Pictures. Il film non ha la pretesa di raccontarci tutta la vicenda, così esemplare per chi conosce Dreiser, di questo americano tipico i cui metodi hanno di che far sobbalzare gli europei, ma che con il suo successo ha suscitato lo stupore di grandi riviste come "Time", "Life", "Esquire", "Look" in misura sufficiente perché gli fossero dedicati ponderosi articoli. Un sociologo consumato lavorerebbe sul velluto; se fosse marxista, analizzerebbe e poi denuncerebbe senza piet` lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo nel sistema capitalistico.
Ora, i Maysles hanno evitato il più possibile di esaminare le origini e le conseguenze di una vicenda troppo esemplare, e si sono accontentati di far vedere la verit` in azione, smentendo tanto gli schemi marxisti quanto le denunce ben intenzionate. Prima di tutto hanno mostrato l'uomo, il suo ambiente naturale, io strano rituale a cui partecipa, la sua propria corte che gli è devota come ad un signore molto potente. Forza della natura, Joseph Levine aspira i dollari, li rimette subito in circolazione per pomparne ancora di più, incapace di dimenticare la miseria degradante dei suoi primi anni. Sa di essere in una giungla, non ha nessuno scrupolo a seguire le leggi della giungla per imporsi. I sognatori, gli idealisti, sono David Susskind, produttore di A Raisin in the Sun, con cui ha un violento scontro durante una tavola rotonda a Radio Boston, sono quell'impiegato sorridente che sogna sempre, isolato dal mondo reale, che nelle ultime immagini finir` male. In un universo impazzito Levine, il più lucidamente pazzo di tutti, si impone senza sforzo. Egli è la piaga nella carne viva della societ` americana, il simbolo di una meccanica sociale delirante, ma in ogni secondo sullo schermo resta un uomo, nostro fratello, con tutte le sue dimensioni, e in ognuna delle sue frasi e intonazioni c'è come la nostalgia di un altrove, di un paradiso perduto dove la vita avrebbe veramente un senso.
Con mezzi diversi da quelli di Brecht in Galileo Galilei, tenendo conto di tutto ciò che separa teatro e cinema, irrimediabilmente (voi tutti, giudici severi, non siete ancora riusciti a dimenticare le vostre innumerevoli letture, le vostre pièce preferite), Showman rivela senza letteratura, senza frasi che non siano quelle che sgorgano spontaneamente dalla bocca degli interessati, la solitudine, usiamo la parola di moda, di essere alienati da se stessi. Questo film, ne sono convinto, potremmo farlo su Nikita Chruscev, se lo permettesse, o sull'illustre studioso Taldeitali, chiedendo loro: vivete davvero? Queste poche righe di un inveterato idealismo, che non si vergogna di dichiararsi tale, non sono che un inizio di critica di un'opera che esiste solo con e per il cinema. Ma voglia il cielo che non si attribuiscano ai Maysles le intenzioni che credo di vedere nel loro capolavoro! Loro, loro creano senza teorie, secondo una tradizione gloriosamente americana.

Louis Marcorelles, "Cahiers du Cinéma", n. 143, maggio 1963

Biografia

regista

David Maysles

Albert (1926) e David (1932-1987) Maysles sono nati a Boston, dove si sono laureati in psicologia. Nel 1962 hanno fondato la Maysles Film e prodotto il loro primo documentario, Showman. In collaborazione con Charlotte Zwerin hanno dato impulso alla scuola americana del Direct Cinema, in particolare con Salesman (1968).

FILMOGRAFIA

Albert e David Maysles: Youth in Poland (1957), Primary (1957), Yanki No! (1960), Adventures on the New Frontier (1961), Eddie (1961), Showman (1963), What's Happening! The Beatles in the U.S.A. (1964), Grey Gardens (1976), Ozawa (1985), Vladimir Horowitz the Last Romantic (1985), Islands (1986).

Albert Maysles

Albert (1926) e David (1932-1987) Maysles sono nati a Boston, dove si sono laureati in psicologia. Nel 1962 hanno fondato la Maysles Film e prodotto il loro primo documentario, Showman. In collaborazione con Charlotte Zwerin hanno dato impulso alla scuola americana del Direct Cinema, in particolare con Salesman (1968).

FILMOGRAFIA

Albert Maysles: Psychiatry in Russia (1955), Christo in Paris (1990), Abortion: Desperate Choices (1992), Umbrellas (1995), Letting Go: A Hospice Journey (1996), Concert of Wills: Making the Getty Center (1998), LaLee's Kin: The Legacy of Cotton (2001).

Cast

& Credits

Regia: Albert e David Maysles.
Montaggio: Daniel Williams, Tom Bywaters, Nancy Powell.
Commento: Norman Rosten.
Produzione: Albert e David Maysles.
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