Nazione: USA
Anno: 1963
Durata: 104'


The Cool World è la storia di Duke Custis, che vuole una pistola e vuole diventare il capo della sua banda, i Royal Pythons. Questa è la sua ambizione, la sua unica ragione di vita, la sua speranza.
Incontriamo Duke dopo che è appena passato vicino a un oratore ambulante della setta dei Mulsumani Neri che, a un angolo di Harlem, sta facendo un'amara denuncia dell'uomo bianco e proclamando il declino dei bianchi, che, afferma, hanno sfruttato a lungo i neri.
Camminando con Duke e i suoi amici facciamo un giro turistico della Harlem sordida, solo la parte del ghetto; non la parte "pulita" della comunit`, che vive in modo tranquillo e normale come qualsiasi comunit` separata. Ma non importa. Questa è la storia di Duke, e osserviamo con ironia lui e i suoi compagni di scuola mentre vengono portati in gita alla Borsa di New York, dove ascoltano una conferenza del loro insegnante ebreo su "Come avere un dividendo dell'America". Che speranze!
Ovviamente i ragazzi lo ignorano. La banda è la loro unica possibilit` di possedere qualcosa. Per Duke questo significa togliere il comando della banda a Blood, l'attuale capo, la cui dipendenza dall'eroina gli fa perdere il rispetto dei Pythons. Alla fine Duke diventa il capo della sua banda, e inevitabilmente, nel finale, viene picchiato e portato via dai poliziotti dopo aver ucciso un altro ragazzo in una rissa tra bande in un parco. Semplicissimo. Una brusca svolta si ha nell'ultima scena, quando Duke, prigioniero nella macchina della polizia, passa di fianco a sua madre che, con il suo ultimo amante, sta andando al più vicino bar per un drink.

Jesse Walker, "Film Comment", vol. 2, n. 2, 1964


Il romanzo su cui si basa questo film è stato scritto da Warren Miller e pubblicato da Little, Brown & Co. nel 1959. Miller ha collaborato con Robert Rossen per la versione teatrale, diretta da Rossen. Miller afferma di essere soddisfatto del film come ogni altro scrittore di fronte a un adattamento. In effetti, egli esprime un truismo del cinema, ovvero che il passaggio dalla pagina alla pellicola rende necessari, in vari gradi, dei cambiamenti.
Miller è una persona di vasta cultura, che ha scritto il suo romanzo con grande cura. James Baldwin lo ha definito "uno dei migliori romanzi su Harlem che abbia mai letto". Alcuni dialoghi del film, come la spiegazione che la madre d` al figlio della propria disperazione, mostrano una grande capacit` letteraria. Il film presenta diverse di queste "arie" in miniatura, che esprimono lo smarrimento dei personaggi nei loro sforzi per vivere.
Ma in altre parti del film le parole sono deboli e incoerenti, e anche il loro effetto è scarso. È il caso, soprattutto, delle molte scene con i giovani attori non professionisti. "Moltissime scene sono improvvisate" ha dichiarato la regista Shirley Clarke su "Films and Filming" del dicembre 1963; "ai ragazzi è stato dato uno spunto che dovevano sviluppare. Ogni volta chiedevamo loro se avrebbero fatto questo o no; se ci credevano o no. Se dicevano 'no', non lo facevamo... Da tutto questo deriva il loro atteggiamento, non il mio, non quello di Carl Lee, ma il loro".
È il pubblico che deve chiedersi se siano gli attori a determinare l'"atteggiamento" di un film, non il regista, non lo sceneggiatore, non il soggettista, dai quali, come sembra, si richiede solo lo scheletro della storia.
"Ma noi volevamo cogliere la realt` di quello che sta succedendo ora" ha detto la Clarke. "Il romanzo fu scritto nel 195859, e il film cominciammo a girarlo nel 1962. E la situazione era notevolmente diversa". Probabilmente la diversa situazione si riferisce all'intensificarsi della lotta per i diritti civili. Tuttavia, nel film non c'è nessun riferimento esclusivo al 1962 o al 1964, e quindi ci si chiede quale "diversa situazione" distingua il film dall'epoca del romanzo, pochi anni prima.
Il "cool world" del titolo, ha detto la Clarke, si riferisce a una mentalit` particolare di Harlem. "Per il ragazzo o la ragazza che cerca di crescere in questo ghetto l'unica soluzione è essere 'cool'. Se sei 'cool' non chiedi niente a nessuno e prendi quello che puoi. I tuoi eroi sono i più 'cool' di tutti". Il suo film esprime "la triste realt` che i neri a nord, sud, est, ovest non hanno posto, sociale, economico o psicologico, nella 'good life' americana". I bianchi devono imparare che cosa significa essere un negro, perché "per troppo tempo ci siamo resi colpevoli di un orribile crimine. Il mio film mostra il risultato di alcuni di questi crimini".
Il crimine dell'uomo bianco, naturalmente, è la discriminazione, che comporta per esempio il disprezzo di sé che hanno alcuni neri, espresso nel film da un ragazzo: "Se mi trattano come merda, beh, questo è ciò che sarò". Il film non offre alcuna esteriorizzazione socialmente produttiva del risentimento interiore di questi ragazzi, dato che anche la lotta per i diritti civili è considerata nel film un ingenuo palliativo. Questo si vede in una scena in cui un giovane nero ben vestito e dall'aria perbene esce da una biblioteca, si dichiara un "freedomrider" e cerca invano di convincere il suo fedele fratello della bont` del suo miglioramento. Analogamente, un insegnante bianco non riesce a suscitare tra i suoi allievi neri la minima scintilla di entusiasmo per una statua di Alexander Hamilton. Da queste e da altre scene si può dedurre che ci siano poche speranze di stabilire un rapporto positivo tra bianchi e neri in America. Anzi, tra noi c'è solo distanza, la distanza tra il giovane nero assassino e i due poliziotti bianchi che lo picchiano alla fine del film. Significativamente, la vittima è un altro giovane nero non distinguibile dall'omicida. L'immagine finale mostra una macchina della polizia che corre verso la prigione con il cadavere.
Il film, speriamo, irriter` il pubblico a tal punto che esso cercher` di contraddirne la lezione che se ne trae, e il risultato sar` che cadremo tutti in preda a un dilemma irrisolvibile. […]
In ultima analisi, i meriti e i demeriti del film appartengono alla Clarke. Sono sue la freddezza, la trama composta per met` di fatti e per met` di happening, le macchie stroboscopiche e le panoramiche traballanti mascherate da virtuosismo tecnico. Bisogna davvero fare un temerario tuffo nell'espressionismo e nella satira oltraggiosa: un regista freddo può farne a meno, come dimostra la stessa Ciarke nel suo efficace inizio di The Cool World. Purtroppo il film si indebolisce presto, proprio dove spera di riuscire, cioè nel farci considerare i personaggi come persone. L'autocancellazione della Clarke in omaggio all'intuito degli attori è innaturale per lei, e noi saremmo più partecipi se lei si servisse dei personaggi per illustrare le proprie idee e i propri atteggiamenti. In questo modo, con l'uso di simboli e di contrapposizioni sconcertanti (per entrambi i quali dimostra un'inclinazione), può affermare le proprie forti tendenze e sentimenti. Dopotutto l'arte, a cui lei aspira, è fatta di questo.

Gordon Hichens, "Film Comment", vol. 2, n . 2, 1964

Biografia

regista

Shirley Clarke

Cast

& Credits

Regia e montaggio: Shirley Clarke.
Sceneggiatura: Shirley Ciarke e Carl Lee dal romanzo di Warren Miller e dalla commedia di Warren Miller e Robert Rossen.
Fotografia: Baird Bryant.
Musica: Mal Waldron.
Interpreti: Hampton Clanton (Duke), Carl Lee (Priest), Yolanda Rodriguez (LuAnne), Clarence Williams (Blood), Gary Bolling (Littleman), Boris Felton (Rod), Gloria Forster (Mrs. Custis), John Marriot (Hurst), Georgia Burke (Grancima), Marilyn Cox (Miss Dewpoint), Jerome Raphael (Mr. Shapiro), Joseph Dennis (Dougias Thuston), Joe Oliver (Angel), Charles Richardson (Been Bop), Bruce Edwards (Warrior).
Produzione: Frederick Wiseman.
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