Quando Viola tenta di restaurare insieme al padre un bambino d’argilla, dono di un giovane Pasolini, si trova a riparare una vecchia ferita. Una piccola crepa ridà voce a un dialogo sommerso.
Biografia
regista

Federica Quaini
(Lodi, 1986) laureata in cinema dopo aver studiato recitazione, nel 2014 si è diplomata in regia presso la Scuola Tracce di cinema di Roma. Durante gli studi ha realizzato due cortometraggi, La sposa del mare e Giochi galanti, entrambi del 2013. Nel 2016 ha dirige il corto Gli occhi tuoi belli brillano, presentato in numerosi festival internazionali e premiato al Cinealfama di Lisbona, al Los Angeles Film Awards, al London Independent Film Festival e al Frostbite International Film Festival. Ha poi realizzato diversi progetti sperimentali, partecipando ai laboratori L’uomo e la Bestia, promosso da marechiarofilm, all’Extended Cine Campus Terre di Cinema e alla Scuola nazionale di video partecipativo e al Cinema documentario di Zalab. Il progetto di Il piccolo golem ha vinto il Premio Cesare Zavattini 2021/2022.
FILMOGRAFIA
La sposa del mare (cm, 2013), Giochi galanti (cm, 2013), Gli occhi tuoi belli brillano (cm, 2016), Il piccolo golem (cm, doc., 2021)
Dichiarazione
regista
«Conosco Viola Giulia Milocco ormai da parecchio tempo e ho sempre trovato affascinante la sua narrazione familiare. Quello trattato è un tema estremamente complesso e delicato, sono rimasta attratta dalla possibilità di raccontare questa storia tramite un oggetto così fortemente simbolico: una scultura d’argilla, una piccola opera inedita, fatta tanti anni fa come simbolo di amicizia e speranza. Pasolini e Zigaina l’hanno plasmata pensando al bambino che la nonna di Viola avrebbe presto dato alla luce: suo padre. Ed è proprio con questo bambino che Viola cerca di dialogare per conoscere la propria storia. Da un lato, ho cercato di raccontare questa storia attraverso la possibilità che il doppio è in grado di offrire: permetterci di fare cose che altrimenti non saremmo in grado di realizzare, portarci a esplorare le nostre zone grigie per superare i traumi che ci portiamo dietro. Dall’altro ho pensato di far emergere questa ricerca affettiva, questo percorso emotivo fra le fessure della memoria, utilizzando materiali d’archivio, saccheggiando la memoria collettiva. Pezzi di vita appartenuta ad altri per riportare in vita una donna, un ricordo, un legame. Con il tempo, il piccolo golem è diventato il simbolo dell’amore che c’è fra un genitore e un figlio. Le generazioni passano ma i legami rimangono. È tutto ciò che abbiamo».