Marta si trasferisce insieme a sua figlia Nina a Malanotte, un piccolo paese di montagna. La bambina soffre di paralisi ipnagogiche, un disturbo del sonno che può generare stati allucinatori, e Marta pensa che un po’ di aria di montagna e di lontananza dalla città possano giovare alla piccola. La casa in cui si trasferiscono, però, è tutt’altro che accogliente e per le strade di Malanotte non si vedono bambini. I sintomi di Nina cominciano a peggiorare già dalla prima notte e la bambina fa incubi sempre più vividi, in cui una figura spettrale le si siede sul petto, la immobilizza e le ruba il respiro. Per Marta, madre sola in un paese sinistro, sarà sempre più difficile proteggere la sua bambina.
Dichiarazione
regista
«La Pantafa è una leggenda popolare. Una creatura che si siede sul petto e ti ruba il respiro. Il folclore italiano è popolato da numerose leggende che fanno parte della nostra cultura e che rappresentano uno dei modi principali con cui esorcizzare il male e le paure. Attingere a questo impressionante pozzo di storie significa entrare in un mondo fatto di riti, superstizioni e meraviglie. Un mondo affascinante e pauroso insieme. La Pantafa è la raffigurazione del mostro. La rappresentazione del male. L’incarnazione della nostra parte più buia. Un male oscuro che ci consuma quotidianamente e rode ogni nostra piccola sicurezza. […] La Pantafa è una parte di noi, parla delle nostre bassezze più recondite. Quello che spaventa non è l’orrore mostrato ma il non visto, l’orrore che viene evocato. Quello che non si potrebbe raccontare. Le storie dell’orrore servono anche a questo, a trasformare, tramandare e liberarsi delle nostre paure e debolezze».