41° TORINO FILM FESTIVAL
FUORI CONCORSO/IL GIOCO DELLA FINZIONE. NUOVI SGUARDI ARGENTINI
CLEMENTINA
di Augustin Mendilaharzu, Costanza Feldman
Tutto il mondo è in lockdown, ma Clementina e l'uomo con cui trascorre la quarantena non hanno mai smesso di lavorare. Di lui si sa poco: insegna qualcosa, è sfuggente, codardo, e colleziona ossessivamente oggetti che popolano la casa come un esercito invasore. Di lei, se possibile, ancora meno: a malapena si vede il suo volto, misterioso e forse abbastanza forte da affrontare l'incertezza, il pericolo, le avversità.
Biografia
regista

Agustín Mendilaharzu
(Buenos Aires, Argentina, 1975) è drammaturgo, regista e direttore della fotografia. Membro di El Pampero Cine, ha curato la fotografia di Historias Extraordinarias (2008) e La Flor (2018) di Mariano Llinas, entrambi presentati al Torino Film Festival, Ostende (2011) di Laura Citarella, e El escarabajo de oro (2014) di Alejo Moguillanskij. È stato anche co-protagonista in Historias Extraordinarias.
FILMOGRAFIA
Clementina (2023).

Constanza Feldman
(Tandil, Argentina, 1986) è una ballerina, attrice e coreografa, senza precedenti esperienze nel cinema. La quarantena li ha trovati, lei e Agustín Mendilaharzu, a convivere e li ha trasformati in registi.
FILMOGRAFIA
Clementina (2023).
Dichiarazione
regista
«Nel 1964 una giornalista svizzera chiese a Violeta Parra della sua incursione nel mondo degli arazzi. “Ci sono arrivata per necessità”, rispose Violeta. “Ero malata e sono dovuta restare a letto per otto mesi. Così mi sono detta: non posso restare qui senza fare nulla. Ho trovato del filo e un pezzo di stoffa e ho provato a farne qualcosa. Non ne è venuto fuori nulla di buono, perché non sapevo cosa volevo fare. Allora ho ripreso lo stesso pezzo di stoffa e ho deciso di realizzare un fiore. Quando ho finito, ho visto che era una bottiglia e non un fiore. Volevo mettere un tappo nella bottiglia, ma il tappo si è rivelato una testa. Ho fatto gli occhi, il naso, la bocca... e la testa non era più un fiore o una bottiglia: era una donna”. Nel 2020, in un appartamento di Buenos Aires, una ballerina-attrice e un cameraman-drammaturgo cercano un modo per occupare i giorni della reclusione. Hanno una camera e iniziano a filmare. Inizialmente sono immagini documentarie. Poi appaiono il volto e il corpo di lei e la finzione, timidamente, comincia ad apparire. L’uomo e la donna lavorano con ciò che la realtà fornisce loro, e poi lo trasformano. Credono di realizzare un cortometraggio, poi un altro e poi tanti altri ancora. Il gioco cresce e prende il sopravvento sulle loro vite. Con infinita innocenza prima, con infinita responsabilità poi, cominciano a capire che stanno facendo un film. Questo film».