Attraverso le storie di quattro personaggi le cui vite, in forme e modalità differenti, vengono cambiate o messe in pericolo dalle scarpe, oggetto simbolo del desiderio per eccellenza, il film racconta cosa siamo disposti a fare per trovare la nostra identità, fino a che punto ci spingiamo per essere amati e accettati. Racconta un mondo in cui tutti desideriamo ciò che non abbiamo, in cui tutti vogliamo essere ciò che non siamo.
Biografia
regista
Luigi Di Capua
(Roma, 1986) si è laureato in Psicologia con una tesi sul comportamentismo in collaborazione con la The New School Univ. di NYC. È tra i membri fondatori del collettivo The Pills, con cui ha scritto due serie tv trasmesse su Italia 1 e Deejay TV e il film Sempre meglio che lavorare (2016). Creatore e sceneggiatore delle serie tv Zio Gianni (Rai2) e The Generi, per il cinema ha sceneggiato Smetto quando voglio: Masterclass (2017) e Ad honorem (2017) di Sydney Sibilia e Sono solo fantasmi (2019) di Christian De Sica. Per il teatro è stato autore e regista di Il più bel secolo della mia vita, da cui è stato tratto un film interpretato da Valerio Lundini e Sergio Castellitto. Holy Shoes segna il suo esordio alla regia.
FILMOGRAFIA
Holy Shoes (2023).
Dichiarazione
regista
«Holy Shoes vuole raccontare uno degli aspetti più intriganti e potenti della società contemporanea: la tirannia del desiderio. Il desiderio di essere ciò che non siamo, il desiderio di possedere ciò che non abbiamo. Siamo tutte anime desideranti, e nella società dei consumi il desiderio è il motore che muove tutte le cose. Perché attraverso ciò che desideriamo si forma la nostra identità. E oggi, come mai prima, siamo tutti alla ricerca spasmodica di un’identità. Persi nella liquidità digitale, privi di modelli solidi, scambiamo le nostre identità con quelle degli altri, e i nostri stessi desideri sono forse i desideri degli altri».