Nazione: URSS
Anno: 1963
Durata: 80'


Mosca. Un giorno Kol'ka, un giovane e allegro operaio, incontra Sasa, un amico che sta per sposarsi. Vanno insieme a far spesa e stringono amicizia con Volodja, uno scrittore ucraino di passaggio: lo accompagnano in visita da un altro scrittore che all'inizio scambiano per uomo delle pulizie. Sasa, ancora incerto sul da farsi, si ritrova sposato, e la moglie lo abbandona subito dopo la cerimonia. Kol'ka e gli amici vanno intanto a prendere Alëna, una giovane commessa che si unisce alla brigata. Vanno tutti al luna park, mentre Sasa fa pace con sua moglie. Finiscono anche in guardina per schiamazzi ma sono presto rilasciati. La sera, dopo questa movimentata giornata, Volodja e Alëna che avevano una tenera simpatia l'uno per l'altro, si lasciano ad una stazione della metropolitana, mentre Kol'ka si avvia soddisfatto al lavoro per il turno di notte.

M. N. in Fernaldo Di Giammatteo, Dizionario Universale del cinema, Ed. Riuniti, Roma 1984, p. 524.


Il filmchiave del nuovo rifiorire della commedia è sicuramente Ja sagaju po Moskvè (A zonzo per Mosca). Georgij Danelija aveva debuttato in coppia con Industrij Talankin in Serëza (1960), opera apparentemente garbata e delicata (è la scoperta del mondo da parte di un bambino di cinque anni) in effetti sofisticata e calcolatissima nel suo artificioso baloccarsi con conflitti minimi e ordinati (il contrario del primo Klimov, che insister` sulla funzione liberatrice dei "giochi proibiti"), con una visione dell'infanzia idillica e sentimentalistica, come rivela il pesante inserimento nella seconda parte di effetti falsamente lacrimogeni. Ma se Talankin doveva in seguito confermare un manierismo smorfioso, elaboratissimo e inerte, riuscendo anche a confondere le idee […] Danelija, dopo un limpido racconto, pieno di aria fresca e libera, seppure ancora legato a un lindore un po' sterilizzato, Put'k pricalu (La via verso il pontile, 1962) doveva firmare appunto quel manifesto di sorridente disimpegno, quello "schiaffo al gusto dei critici" che è A zonzo per Mosca, incomprensibile o solo piacevolmente futile se non lo si inserisce nel suo preciso contesto. I facili e stantii luoghi comuni di un'estetica falsamente ortodossa, condizionanti anche lo sviluppo intero di una cultura in difficoltosa evoluzione, vengono individuati e svuotati di senso nella scena centrale del film: "precisione tematica", "scelta del dettaglio significante" (bisogna che il fucile appeso al muro spari, come diceva Cechov), "ideaguida", "verit` dei caratteri"...
Son gli argomenti che sfodera uno pseudoscrittore, in realt` volgare lucidatore di pavimenti, consigliando un giovane scrittore; la malizia cattiva dello sceneggiatore Spalikov viene sottolineata da Danelija che ha affidato la parte a un affermato regista, Vladimir Basov, il quale dal canto suo rincara la dose distruggendo in una feroce caratterizzazione il personaggio e le sue frasi "dall'interno". È il centro motore del film, che appare come una sorta di provocatorio elogio della frivolezza nel ribaltamento puntuale di quei "falsi" imperativi nel loro opposto. Così in luogo della "precisione tematica" abbiamo una irresistibile tendenza al vagabondaggio "strutturale" con episodi che si inseriscono all'improvviso e crescono inopinatamente, poi una svolta quasi drammatica e inseguimenti da film poliziesco, d'un tratto una cantatina, una parentesi lirica. Così ogni dettaglio, anche "insignificante", è accolto, e concorre ad allestire un ritrattino brulicante e divertito di Mosca, che contiene in sé l'ambiguo sorriso "professionale" di una florida signora come la meravigliosa passeggiata sotto la pioggia di una ragazza scalza. Così non esiste un'"ideaguida", e neppure un tessuto "ideologico", sono solo sensazioni di superficie, strizzate d'occhio, corse sui selciati della citt`, risa e lacrimucce, quasi un ritmo senza melodia. E i personaggi non sono neanche veri "caratteri", solo presenze vivaci pressocché intercambiabili. Di qui, da questa ripicca sorniona di Spalikov e Danelija, che propongono nuovi moduli da contrapporre alla "cenere Aleksandrov" (come fa Godard ne Une femme est une femme [La donna è donna] per la "cenere Lubitsch"), si sviluppa la nuova stagione della commedia sovietica.

Giovanni Buttafava, Il giovane cinema sovietico, "Bianco e nero", n. 11, novembre 1966

Biografia

regista

Georgij Danelija

Georgij Danelija è nato il 25 agosto 1930. Nel 1955 termina l'istituto di architettura, nel 1959 i Corsi superiori di regia. Artista del Popolo della Repubblica Russa (1974).

FILMOGRAFIA

1959: Toze ljudi (Uomini anche loro), cm; Serëza, co-regia Igor' Talankin; 1962: Put'k pricalu (La via verso il pontile); 1964: Ja sagaju po Moskve (A zonzo per Mosca) 1966: Tridcat' tri (Trentatré); 1969: Ne gorjuj! (Non te la prendere!); 1973: Sorsem propavscij (Scomparso del tutto); 1975: Afonija; 1978: Mimino, 1979: Osennij marafon (Maratona d'autunno), 1983: Slëzy kapali (Cadevano le lacrime), 1987: Kin-dza-dza.

Cast

& Credits

Regia: Georgij Danelija.
Soggetto e sceneggiatura: Gennadij Spalikov.
Fotografia: Vadim Jusov.
Musica: Andrej Petrov.
Suono: Sergej Minervin.
Scenografia: Aleksandr Mjagkov.
Montaggio: L. Lysenkova.
interpreti e personaggi. Alelksej Loktev (Volodja), Nikita Michalkov (Kol'ka), Galina Pol'skich (Alëna), Evgenij Steblov (Sasa), Vladimir Basov (pulitore di pavimenti), Roland Bykov (l'ipnotizzato), Irina Skobceva (la donna nella cabina telefonica).
Produzione: Mosfil'm.
Prima proiezione pubblica: 241964.

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