Nazione: URSS
Anno: 1965
Durata: 80'


Ivan Sergeevic Travkin, modesto lavoratore di una fabbrica di bevande nonalcooliche va dal dentista: si scopre con stupore che ha 33 denti, invece dei soliti 32. Non solo la cittadina di Verchnie Jamki viene scossa dalla notizia; la fama del caso eccezionale rimbalza nella capitale della provincia, i tassisti di Mosca ne discutono, le radio straniere riportano il fatto. Travkin è trasportato a Mosca, è oggetto di tesi di laurea, di programmi televisivi, di articoli e poesie. Un altro cittadino di Verchnie Jamki, Prochorov, per dimostrare che ha anche lui 33 denti, va a Mosca e riesce persino a far mettere in manicomio il rivale. Ma per poco. Travkin trionfa, viene portato ad una conferenza scientifica, anche se il poveretto continua ad avere male al dente e vorrebbe farsi curare. Presto si dimostra che l'origine del fenomeno è extraterrestre, marziana, e viene inviato su Marte per prendere contatto coi marziani. Scompare su un missile in cielo. Cerimonia di inaugurazione di un monumento alla memoria a Verchnie Jamki. Ma ecco che l'incubo è finito: Travkin si risveglia sulla poltrona di un dentista. Come tutti gli esseri umani, anche lui aveva solo trentadue denti. E via il dente via il dolore.

Chi ha saputo sfruttare a fondo tutte le convenzioni della commedia, costruendo con tenacia e coraggio un'opera unica nel suo genere è Danelija nel suo quarto film, Tridcat'tri (Trentatré, 1965). Dopo la ricognizione scanzonata e l'impertinenza disimpegnata di A zonzo per Mosca, Danelija può calarsi con l'ormai forbito strumento della sua ironia nel cuore della sua societ`, per guidarci non più a zonzo ma con mete precise lungo un itinerario singolare. Partendo da una veneranda cittadina della vecchia Russia, dove a un sempliciotto scoprono trentatré denti in luogo dei sacramentali trentadue, attraverso le strade provinciali e i piccoli funzionari periferici, che vedono in lui uno strumento per far carriera, si arriva alla strada maestra che conduce a Mosca, agli organismi a più alto livello, dove la discussione sul "caso" si fa più scientifica e ideologica (necessit` di incrementare il fenomeno giacché l'uomo più denti ha più è produttivo, ecc.), fino ad affondare nella vita della capitale, dove si crea un vero culto dell'uomo con trentatré denti, con TV, turbe di fanatici, donne che tradiscono il marito per lui: un vero viaggio dentro il costume sovietico, di una qualit` satirica inattesa. La progressione, sii fa poi assolutamente tagliente e rivelatrice, quando in un crescendo dell'elemento fantastico, il protagonista, confermata l'origine extraterrestre del fenomeno, viene inviato negli spazi, per fondare le basi di una politica di coesistenza spaziale. A questo punto, com'era da aspettarsi, Danelija si ritira un po' indietro; dopo aver sfiorato la satira dell'idolatria cosmonautica, con una breve appendice di inaudita crudelt` sarcastica (l'inaugurazione di un orrido busto allo scomparso "eroe" degli spazi, con discorso, e coro di pionieri), sembra ritirare un poco la mano: inopinatamente il protagonista si risveglia sulla sedia di un dentista; l'impresa spaziale era un sogno. La conclusione arriva poi veloce e affrettata, troppo prosaica e logica per un'opera del genere che si autodefinisce "fantacommedia" (il trentatreesimo dente era in realt` la radice di un altro, e il tapino, dimenticato da tutti, torna al suo villaggio e alla sua famiglia). La satira grottesca eppur perfettamente "realistica" rimanda al cinema di un Berlanga, che ci sembra particolarmente e singolarmente vicino a Trentatré. Date determinate premesse, determinate molle del comportamento sociale, determinati falsi ideali, il loro logico sviluppo paradossale ma non troppo porta a una dimensione comica assai amara, ma in Danelija prepotentemente si fa luogo una fiducia nell'uomo, nelle sue possibilit` di riscatto; e più accumula nero, più insacca nel suo film figurette meschine, turbe di sciocchi, eserciti di fanatici, maree di egoisti che travolgono anche le minuscole isolette bianche della logica e dell'umanit`, più inzuppa il suo film di veleno, più si fa salutare, più sembra invitare al rimedio. Questo enorme specchio mobile è Trentatré, dal ritmo infernale, dove la trovata d'eccezione si accosta talora a trucchi plateali, a volte oscilla sotto il suo stesso peso, e l'immagine viene deformata in un carosello forsennato, certo gustoso, ma solo gustoso, ma più spesso, implacabilmente fermo, riflette con una causticit` superba gli aspetti risibili di un costume (lo sferzante ritratto della televisione, la irresistibile serata dei dilettanti, con il coretto dei vecchi che attacca la canzoncina di A zonzo per Mosca, e molte altre occasioni satiriche): la capacit` di condurre con una simile maturit` un discorso totale sulla realt` sovietica, toccandone tutti i punti nevralgici con una ampiezza di visione tale da superare l'episodica in unitario pamphlet, riconferma in Danelija uno dei talenti più sicuri del giovane cinema sovietico.

Giovanni Buttafava, Il giovane cinema sovietico, " Bianco e nero", n. 11, novembre 1966.

Biografia

regista

Georgij Danelija

Georgij Danelija è nato il 25 agosto 1930. Nel 1955 termina l'istituto di architettura, nel 1959 i Corsi superiori di regia. Artista del Popolo della Repubblica Russa (1974).

FILMOGRAFIA

1959: Toze ljudi (Uomini anche loro), cm; Serëza, co-regia Igor' Talankin; 1962: Put'k pricalu (La via verso il pontile); 1964: Ja sagaju po Moskve (A zonzo per Mosca) 1966: Tridcat' tri (Trentatré); 1969: Ne gorjuj! (Non te la prendere!); 1973: Sorsem propavscij (Scomparso del tutto); 1975: Afonija; 1978: Mimino, 1979: Osennij marafon (Maratona d'autunno), 1983: Slëzy kapali (Cadevano le lacrime), 1987: Kin-dza-dza.

Cast

& Credits

Regia: Georgij Danelija.
Soggetto e sceneggiatura: Valentin Ezov, Viktor Koneckij, Georgij Danelija.
Fotografia: Sergej Bronskij.
Musica: Andrej Petrov.
Suono: Vladimir Krackovskij.
Scenografia: Aleksandr Borisov.
Montaggio: T. Zincuk.
Interpreti e personaggi: Evgenij Leonov (Ivan Sergeevic Travkin), Nonna Mordjukova (Pristjaznjuk), Inna Curikova (Rozocka), Ljubov' Sokolova (Ljuba Travkina), Viktor Avdjusko (Misa), Gennadij Jalovic (Seremet'ev), Nikolaj Parfënov (Prochorov), Vladimir Basov (direttore del museo), Frunze Mkrtcjan (professore Bruk), Viaceslav Nevinnyj (marito di Rozocka), A. Trusov (Ivanov), Kolja Danelija, Valja Sarikov (figli di Travkin).
Produzione: Mosfil'm.
Prima proiezione pubblica: gennaio 1966.

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