Nazione: URSS
Anno: 1962
Durata: 20'


È difficile pensare ai primi anni '60 senza Ho vent'anni e senza le sue vicissitudini. Dopo gli avvenimenti al Maneggio, forse si voleva dare un esempio, o forse era solo il titolo Bastione Il'ic, o forse era qualcuno che ce l'aveva col film, sta di fatto che il film venne mostrato a Chruscev e lui se la prese in modo feroce. È una storia molto triste, perché io ero convinto di aver fatto un buon film, un film nell'aria del tempo. In seguito le caratteristiche stilistiche del film, che abbiamo girato per quel tempo (l'inizio degli anni '60) in modo per nulla standardizzato, per le strade, liberamente, fra la folla, nel lungo periodo in cui venne "rivisto" e "rifatto" diventarono un fatto corrente. Io non nascondevo nulla, facevo vedere a tutti quelli che lo chiedevano il materiale girato. Molti l'hanno visto e hanno preso in prestito certi procedimenti e anche certe situazioni drammaturgiche insolite. Così quando il film uscì, nella versione "addolcita", non produsse quell'impressione che avrebbe dovuto produrre. Purtroppo non ero in condizione di mettere il film "su uno scaffale" in attesa di tempi migliori. Ho tentato di farlo. Ma si arrivò al punto che si minacciava di darlo in mano a un altro regista, che avrebbe potuto anche introdurre deviazioni di senso. Era una situazione molto delicata, diversa da altri film, su cui si poteva discutere: questo non era piaciuto al capo dello stato in persona, e nessuno poteva farci niente, bisognava "rifarlo", non si poteva far finta che non esistesse, e metterlo da parte. Così sono stato costretto a intervenire personalmente, "addolcendo" certe durezze stilistiche, cercando di mantenere come mi sembra di essere riuscito a fare il senso dell'opera. Soprattutto dovetti rifare le scene che non erano piaciute a Chruscev.

Quali interventi ha operato su "Zastava Il'ica" per trasformalo in "Mne dvadcat'let"?
Ho tolto la scena della serata dei poeti. Soprattutto ho dovuto rifare la scena con il "fantasma" del padre. Il film ne è venuto fuori un po' smorzato, cadevano i nessi più "forti", più acuti, anche se cercavo di mantenerli "sottotesto". Ho dovuto in altri punti decifrare quello che non era necessario "spiegare", esprimere quello che sarebbe stato meglio lasciare "inespresso". Ma nonostante tutti gli addolcimenti che hanno fatto perdere energia al film, il film non è invecchiato, credo. L'ho rivisto recentemente all'universit`, con gli studenti. Avevo paura che un film di questo genere staccato dal contesto, dalle particolari atmosfere, dai dettagli del tempo, invecchiasse. La sensazione generale è stata molto positiva. Questa seconda variante "corretta" è quella che ho portato a Venezia. Ricordo che allora alla conferenza stampa mi hanno fatto una domanda sui miei rapporti con Chruscev. Si aspettavano che lo attaccassi personalmente, anche perché era stato appena deposto. Ho risposto allora e lo ripeto oggi che Chruscev, nonostante i suoi errori, ha fatto molto bene al paese. Mio padre è stato vittima delle repressioni nel 1937: era un uomo di grande dirittura etica, io avevo undici anni e ricordo i discorsi che mi faceva, la sua lezione morale. Mi ha influenzato enormemente. Ricordo per esempio che le due o tre volte che avevo fatto tardi a scuola, mi accompagnò con la macchina che aveva a disposizione, ma non fin sotto il portone di scuola, come poi si permisero molti "papaveri", ma fino all'angolo dietro la scuola. Era un uomo molto umile, di autentica fede comunista. Perciò ritengo opera colossale di Nikita Sergeevic quella di aver guidato la campagna per la riabilitazione di tanti uomini onesti che soffrirono ingiustamente delle repressioni. Di questo gli sono molto riconoscente. Se mettiamo su un piatto della bilancia tutta l'amarezza che mi ha fatto patire e sull'altro il mio senso di riconoscenza per quello che ha fatto, questo secondo piatto naturalmente è molto più pesante. Questo ho detto allora e ripeto oggi. Non sono di quelli che pensano di dover ridipingere le proprie idee a seconda del tempo.

Cosa c'era di tanto "scandaloso" nella scena, diventata subito famosa, dell'incontro del protagonista con il padre morto?
La scena si svolgeva in due parti, iniziava in casa, poi il ragazzo si guardava attorno e a poco a poco scopriva di trovarsi col padre in un mezzo blindato, con i soldati che dormivano tutt'intorno. Nelle due varianti la scena in casa era abbastanza breve, ma nella prima versione c'era un lungo, accalorato dialogo che preparava il mezzo blindato: nella seconda c'erano molte cose in più, più spiegate. Quando il padre chiedeva: "quant'anni hai"? ("20", "Io 19") si sottintendeva che il figlio, che si rivelava di un anno più vecchio del padre, doveva alla sua et` mostrare la propria indipendenza civile. La scena fu criticata perché il padre non dava una risposta al figlio. Al contrario, il padre rispondeva, senza comizi, ma tentando di risvegliare il figlio, di richiamarlo alle sue responsabilit`, con quell'atteggiamento, quel comportamento. La scena terminava su quelle battute nel mezzo blindato. Si passava alle inquadrature finali con i tre soldati della Guerra Patriottica che camminano per le strade della Mosca moderna, all'alba. Per la seconda variante ho dovuto organizzare una lunga uscita di scena del padre. Il padre parla, parla, gli dice quello che era meglio rimanesse sottinteso: con gli anni la differenza fra le nostre et` diventer` sempre più grande, ti invidio, camminerai per le strade di Mosca, la mia coscienza è pura di fronte a te, tu devi ogni giorno conservare la stessa purezza, eccetera. Parole vere, ma l'arte ha le sue regole, e la forza della scena era tutta in quel margine di non detto, in un invito alla sensibilit` dello spettatore di completare lui stesso la scena. Così, la lunga uscita di scena del padre trasforma la sequenza in un classico finale, perdendo il ritmo segnato da quello stacco secco sui soldati per le vie di Mosca. Così la sequenza della marcia dei soldati all'alba per la citt` e poi il cambio della guardia al Mausoleo d` l'impressione di una sequenza molto tirata in lungo, studiata per chiudere in bellezza il film. Molti, sapendo che il finale era stato rifatto, pensano che sia stata introdotta alla fine questa sequenza del cambio della guardia al Mausoleo. Invece esisteva fin dall'inizio, nella sceneggiatura originaria. Solo che in quest'ultima variante perdeva forza. Nella sceneggiatura avevo previsto che il Mausoleo si vedesse in lontananza. Non volevo che si leggesse accanto a quello di Lenin anche l'altro nome. Poi prima di iniziare le riprese Stalin è stato rimosso, e così ho "potuto" avvicinarmi.

Nella prima variante il padre era interpretato da un altro attore?
Sì, e non era un attore professionista, era un tecnico della troupe, un aiuto operatore che aveva un volto straordinario, con due occhi pieni di luce. Nel momento in cui mi toccò rifare la scena era stato chiamato sotto le armi e ho dovuto sostituirlo. In genere, abbiamo conservato tutte le sequenzechiave, ma tutte "smorzate". Per esempio la scena con il padre della protagonista era più forte, o la scena con l'esposizione dei giovani artisti (una scena che era stata girata ancora prima degli avvenimenti al Maneggio, e ne è nato uno strano e "pericoloso" parallelo).

E la famosa "serata dei poeti"?
La "serata dei poeti" ho dovuto tagliarla da Ho vent'anni. Era una soluzione strutturale che avevo preso in tutta consapevolezza, una questione di principio: il film a soggetto "esplodeva" e per venti minuti interi si inseriva un pezzo "documentario", la "serata dei poeti" appunto a cui andavano ad assistere gli eroi del film. Certo, la soppressione di questa scena non si nota, Ho vent'anni non ne ha sofferto, perché i protagonisti in quei venti minuti non erano più gli attori del film ma proprio i poeti che recitavano i propri versi, i nuovi poeti che erano la voce di una generazione giovane, (Evtusenko, Voznesenskij). Va detto che la tradizione tipica degli anni '30, con i poeti che si esibivano in pubblico al Politecnico, fu praticamente ripresa, in gran parte, grazie a Zastava Il'ica (la prima versione del mio film di cui quella scena faceva parte "disintegrante"). La scena è scomparsa e la tradizione è rimasta. Chruscev in verit` non ebbe niente da ridire sulla "serata dei poeti" in particolare, le critiche alla scena sono venute da altre parti, dalla massa degli "esecutori" che interpretano le direttive a modo loro, è sempre stato così, purtroppo. Non ho potuto farci niente. Ho inserito un'altra scena con una "serata di poesia" dove i poeti non si vedono e leggono fuori campo versi di guerra. Avevo bisogno che risuonasse gi` il tema della guerra in preparazione alle sequenze dell'incontro col padre, al finale. Emozionalmente ci voleva una scena con i poeti, era tipica dell'atmosfera generale di quegli anni, i primi Sessanta.

da Al di l` del disgelo, il cinema sovietico degli anni '60 , Ubulibri, Milano, 1987

Biografia

regista

Marlen Chuciev

Marlen Chuciev è nato il 4 ottobre 1925, nel 1950 termina il VGIK (corsi di Igor' Savcenko). Artista del Popolo della Repubblica Russa (1977).

FILMOGRAFIA

1950: Gradostroiteli (I costruttori di città), co-regia Feliks Mironer: 1956: Vesna na Zarecnoj ulice (Primavera in via Zarecnaja), co-regia F. Mironer; 1959: Dva Fëdora (I due Fiòdor, in tv); 1962-1965: Mne dvadcat' let (Ho vent'anni); 1967: Iiul'skij dozd' (Pioggia di luglio); 1970: Byl mesjac maj (Era il mese di maggio), film per la tv; 1971: Alyj parus Pariza (La vela rossa di Parigi, documentario per la tv; 1983: Posleslovie (Post-fazione).

Cast

& Credits

Regia: Marlen Chuciev.
Soggetto e sceneggiatura: Marlen Chuciev, Gennadij Spalikov.
Fotografia: Margarita Pilichina.
Suono: A. Izbuckij.
Produzione: Mosfil'm. NB.: Il film non venne distribuito pubblicamente. Fu in parte rigirato e rimaneggiato, e uscì col titolo Mne dvadcat' let (Ho vent'anni) nel 1965. Fra gli episodi tagliati c'era anche la serata dei poeti al Politecnico. Ora Marlen Chuciev sta restaurando la primitiva versione del film, che comprender` anche quest'episodio.
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