Nazione: Kazakhistan
Anno: 1966
Durata: 83'


Morto Munk, disperso ed evaso Roman Polanski in un prodigioso abile manierismo iconoclasta, occidentale, anche di fatto ormai, la voce più autentica del difficile momento del cinema polacco è certamente Jerzy Skolimowski. Partito da una specie di autobiografismo totale ed esclusivo, scrivendo, dirigendo e interpretando se stesso e le proprie ossessioni nei due suoi primi film, Rysopis e Walkower (e gi` determinante era stato il suo apporto in due film fra i più notevoli degli ultimi polacchi, Ingenui perversi di Wajda, dove interpreta anche una breve parte, e Il coltello nell'acqua di Polanski) Skolimowski è approdato con il suo terzo film, Barriera, a un complesso tentativo di testimonianza sperimentale di una crisi di generazione.
Si può certo preferire la concentrazione drammatica, la dinamicit` intimamente scandita, l'angoscia autentica e potente, perché sempre trattenuta e controllata dalla volont` di giocare a carte scoperte una partita concreta e responsabile, dei suoi primi film, specie di Walkower, crudo diario di un boxeur fallito (dove la boxe è una forma possibile e narrativa della conquista della realt` con facile o torbida allegoria). Ma è indiscutibile che Barriera rappresenti uno sforzo per certi versi poderoso di oggettivizzare figurativamente una situazione culturale ed esistenziale ormai insostenibile o esaurita nelle categorie della novella autobiografica. Barriera pone in forme sconnesse e magnetiche, non di rado chiaramente simboliche (ma solo qua e l` scadendo in metafore troppo evidenziate), una tesi e una antitesi ideali, senza chiuderle in una sintesi che per ora Skolimowski (e la sua generazione intellettuale, e più largamente ancora i giovani autori socialisti) non si sente e non può fornire.
Il film risulta così diviso in due blocchi distinti, che si appropriano immagini peculiari stilistiche. Nella prima parte, Skolimowski centra il suo dibattito sulla figura di uno studente in crisi, individualista ed "estraneo" legato da fili familiari e ambientali molto saldi alla vecchia Polonia, e alla attuale escrescenza neoborghese che ne continua le tradizioni. È la parte notturna del film, sbocco di tutto il filone cinematografico polacco "disperato", che identifica il rinnovamento dei valori socialisti con la dissoluzione di un'intera ideologia umanistica. Nelle vuote peregrinazioni notturne del giovane si fa strada un'insofferenza radicale per ogni forma di associazione (compresa quella tradizionale cattolica delle funzioni della Pasqua imminente), e qua e l` un risentimento storico rabbioso ma inane, simboleggiato dalla grande invenzione della sciabola del padre, che il giovane si porta sempre dietro, ora mitizzandola ora strapazzandola furiosamente. Il protagonista vive nel passato, nella notte polacca, ma non vi si adagia, la sua insofferenza si fa acuta nell'attesa spasmodica di qualcosa di reale cui aggrapparsi: egli dice a destra e a manca di doversi sposare l'indomani, mentre non è neppure fidanzato (e l'atmosfera stessa della notte del sabato santo crea emotivamente questo stato di attesa). E giunta al culmine quest'attesa si spezza in un incontro impossibile con la ragazza tranviera, che subito scompare riassorbita dai volti e dagli impegni dell'oggi, parallelamente al totale naufragio della vecchia Polonia scatenata in una gazzarra indegna, in un'impossibile Resurrezione (Pasqua) nell'eccezionale sequenza del ballo al ristorante con i cappellini di carta pseudomilitari.
L'attesa di un gesto liberatore, di un miracolo che rischiari la confusione ombrosa di una generazione abortisce miseramente, come è espresso liricamente in una poesia dello stesso Skolimowski, inserita in Walkower, e qui ampliata e addirittura cantata da una donna delle pulizie: "E quando avr` ucciso gli anni/ e gettato via giovinezza e amore/ con la mano alla gola/ vorr` rifare tutto/ e rifar` soltanto/ il nodo della cravatta". Al di l` della "barriera" troviamo invece la Polonia socialista d'oggi, ed è la seconda parte, il giorno, la luce, il lavoro, concentrata sulla figura della ragazza tranviera, inserita nella nuova struttura collettiva, ma inquieta, e insoddisfatta dopo l'incontro notturno con il ragazzo, di cui non conosce nulla, ma verso il quale si sente attratta come per completarlo e completarsi. E l'attesa riprende, l'attesa dell'incontro con il giovane, con i fermenti personali necessari per vivificare un'azione collettiva, altrimenti svuotata di senso, come svuotato anche di forma e di colore è il lavoro al deposito dei tram, con sequenze che ci hanno ricordato alcune formule astratte e suggestive del Deserto rosso. Ma il ritrovamento di un principio vitale autonomo che ridia un senso unitario alla vita non può passare attraverso una strutturazione soltanto esterna, attraverso l'applicazione inerte di formule collettive, come mostra la dolorosa sequenza finale della riunione di partito che non può rispondere adeguatamente all'ansia della ragazza, non può aiutarla a rintracciare una persona che non ha nessun "segno particolare" (nome, studi, scuola). Anche quest'attesa è destinata ad andare delusa. Ma in un colpo d'ala finale Skolimowski indica brevemente, con suprema ambiguit`, una ipotesi d'incontro, di sintesi, di incrocio fra le due direzioni di corsa uguali e contrarie (da sinistra a destra e da destra a sinistra) che imbocca nei due atti del film una folla anonima, trascinante con sé prima il ragazzo poi la ragazza. Egli fa convergere il tram guidato dalla ragazza sul corpo del giovane, che scivola a terra, forse schiacciato, ma forse anche ironicamente intento a scherzare ("Alzati, potresti raffreddarti!" dice la ragazza). Ma il fondo del discorso di Skolimowski resta questa constatazione angosciosa di sospensione delle ideologie, di vuoto di sostegni autentici di fede. Ieri e oggi non si sono ancora incontrati e sublimati nella confusione di questa generazione intellettuale incapace di giungere a una lucida sintesi di valori. L questa una conclusione d'obbligo nell'analisi di certi recenti fenomeni culturali dei paesi socialisti, anche e forse soprattutto cinematografici, ma in Barriera sembra riflettersi una superiore coscienza di questo stato, mentre di solito ci si crogiola nell'angoscia e nel dubbio con complice debolezza..

Giovanni Buttafava, Alla ricerca di qualcosa d'altro, in AA.VV., Gli irrequieti. Il cinema europeo tra coscienza della crisi e impotenza della rivolta, Quaderni del CUCMI, n. 1, nuova serie, s.d.

Biografia

regista

Jerzy Skolimowski

(Lodz, Polonia, 1938), regista, sceneggiatore, produttore e attore, dopo studi irregolari ed esperienze come pugile e poeta, si avvicina al cinema grazie ad Andrzej Wajda, che lo spinge a iscriversi alla Scuola di cinema di Lodz. Scrive con Polanski la sceneggiatura di Il coltello nell'acqua (1962) ed esordisce nella regia con Rysopis - Segni particolari nessuno (1964), che con il successivo Walkower (1965) lo rivelano come una delle più grandi personalità della Nouvelle Vague internazionale degli anni '60. Nel 1967 con Il vergine vince l'Orso d'oro a Berlino, ma nello stesso anno si vede proibire dalla censura un altro film, Mani in alto (che uscirà solamente nel 1981) spingendolo a non realizzare più film nel suo Paese. Ricca di avventure produttive rischiose e grandi capolavori, la carriera internazionale di Skolimowski si svolge attraverso diversi paesi (Cecoslovacchia, Italia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti): dopo l'insuccesso di Un ospite gradito per mia moglie trascorre tra l’Inghilterra e la Polonia un lungo periodo di inattività, a cui segue il grande successo dei film inglesi L'australiano (1978) e Moonlighting - Cittadini di nessuno (1982). Nel 1985 dirige il suo primo film interamente americano, Lightship - La nave faro, e si trasferisce negli Stati Uniti. Di ritorno nel suo paese, gira nel 1991 il primo film polacco dopo Mani in alto, Thirty Door Key/Ferdydurke, e prosegue poi negli anni a lavorare nel cinema, scrivendo e producendo il film dei due figli Józef e Michal The Hollow Men (1993). Dopo una lunga assenza dal cinema è tornato a dirigere un film nel 2008 con Quattro notti con Anna, presentato alla Quinzaine des réalisateurs di Cannes, a cui sono seguiti Essential Killing (2010), Premio speciale della giuria a Venezia, 11 minuti (2015) e EO (2022), premio della giuria a Cannes.

FILMOGRAFIA

Rysopis (Rysopis - Segni particolari nessuno, 1964), Walkover (1965), Bariera (Barriera, 1966), Le Départ (Il vergine, 1967), The Adventures of Gerard (Le avventure di Gerard, 1970), Deep End (La ragazza del bagno pubblico, 1970), König, Dame, Bube (Un ospite gradito... per mia moglie, 1972), The Shout (L'australiano, 1978), Ręce do gory (Mani in alto, 1981), Moonlighting (Moonlighting - Cittadini di nessuno, 1982), Success Is the Best Revenge (Il successo ad ogni costo, 1984), The Lightship (Lightship - La nave faro, 1985), Torrents of Spring (Acque di primavera, 1989), Thirty Door Key/Ferdydurke (1991), Cztery noce z Anną (Quattro notti con Anna, 2008), Essential Killing (id. 2010), 11 minut (11 Minutes, 2015), EO (2022).

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Jerzy Skolimowski.
Fotografia: Jan Laskowski.
Scenografia: Roman Wolyniec.
Musica: Krzysztof KomedaTrzcinski.
Montaggio: H. Prugar.
Interpreti e personaggi: Jan Nowicki (lui), Joanna Szczerbic (lei), Tadeusz Lomnicki (il medico), Zdzislaw Maklakiewicz (venditore di giornali), Ryszard Pietruski (capo dei ragazzi), Maria Malicka (donna delle pulizie), Malgorzata Lorentowicz (la padrona), Andrzej Herder (Manius), Zygmunt Maianowicz (Eddy), Zygmunt Nowicki (musicista dell'orchestra di Chmielna), Gabriel Nehrebecki, Bogdan Baer, Henryk Bak, Marta Dutkiewiez, Stefan Friedman, Bogdan Gutowicz, Ryszarda Hanin, Teofila Koronkiewicx, Slawomir Lindner, Zdzislaw Lesniak, Adam Perzyk, Barbara Prosniewska, Jerzy Turek, Stanislaw Tym, Zibigniew Zapasiewicz, Andrzej Zarnecki.
Produzione: "Kamera"
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