Nazione: Kazakhistan
Anno: 1972
Durata: 124'


"Diabel è stato pensato come il primo film polacco 'dell'orrore', cioè tale che gli spettatori nel vederlo, oltre al godimento procurato dalla bellezza dell'immagine, del colore e della musica, debbano nello stesso tempo provare paura. La paura però, in Diabel, è una paura romantica, che si richiama alla tradizione poetica della prima met` del XIX secolo. Per quanto gli eventi storici, intorno ai quali si svolge l'azione di Diabel, siano quelli del declino del XVIII secolo, questa opera, in quanto film romantico, non pretende di rispecchiare fedelmente e seguendo l'ordine cronologico la verit` storica; tuttavia occorre menzionare qui brevemente i dati storici su cui è basata la sceneggiatura. li 16 gennaio 1793 l'esercito prussiano era entrato nella Grande Polonia con l'ordine di occupare le terre destinate alla Prussia in base agli accordi sulla spartizione della Polonia. Da questa data, e fino all'apertura del sejm di Grodno (17 giugno 1793) che ratificò la seconda spartizione, durò questa occupazione, che toccava un territorio di ben 1061 miglia quadrate. Nel marzo 1794 scoppiò infine l'insurrezione di Kosciuszko. L'autore non vuole però attirare troppo l'attenzione del lettore su questi dati storici. E se lo spettatore, oltre alla serie di 'orrori', vorr` vedere in Diabel anche il ritratto di qualcosa di più intelligente di un fantasioso film dell'orrore, l'autore si sentir` pienamente gratificato."

Andrzej Zulawski, dall'introduzione alla sceneggiatura del film, pubblicata su "Kino" (Varsavia), n. 2, 1969

Gli avvenimenti storici fanno da sfondo a questo film: gli echi della confederazione di Bar, la questione del rapimento del re Stanislao Augusto (il punto di partenza delle avventure di Jakub), i riferimenti per altro non chiari all'ultima guerra della Repubblica polacca nell'anno 1792, e infine tutto il dramma delle spartizioni della Polonia. Tutto questo viene fuso, senza preoccuparsi troppo della cronologia, in un "fantasioso film dell'orrore", in un modo non chiaro ma che proprio per questo, va sottolineato, assorbe tutta l'attenzione dello spettatore.
A volte è un semplice cenno, che sintetizza abilmente. Per esempio la caduta dello stato è rappresentata in appena un paio di sequenze, dove compare la cavalleria dell'esercito straniero; l'eroe, che sta fuggendo a cavallo, vede i soldati e scompare dallo schermo, per riapparire subito dopo, mentre galoppa nella direzione contraria; si ha così la sensazione del l'onnipresenza ormai degli invasori. Più spesso invece le informazioni sullo svolgersi degli avvenimenti sono date per allusione, distribuite nei dialoghi, veicolate da un'uniforme militare e dagli elementi che indicano che ci si trova in una data stagione dell'anno. Il risultato è paradossale: sono avvantaggiati quegli spettatori che non conoscono affatto la storia, e quelli che per impazienza rinunciano ad ogni tentativo di "capire". Sono loro infatti a cogliere, a percepire più facilmente l'intenzione generale del film, indicata brevemente nell'introduzione alla sceneggiatura come "ritratto di qualcosa di più intelligente", dove questo "qualcosa" è la CATASTROFE.
Catastrofe del paese, catastrofe della classe sociale, catastrofe della famiglia, catastrofe dell'individuo. Un grande tema universale dell'arte che sempre ritorna, dall'Iliade di Omero, dai Persiani di Eschilo. Zulawski la rappresenta secondo il suo temperamento e modo di sentire; tutti i suoi film, anche quelli francesi, sono contrassegnati dalla violenza di stile e immagine, dalla tensione emotiva, dal ritmo febbrile. In Diabel fin dalle prime scene la temperatura è altissima, immediatamente prende avvio una lunga serie di riprese rapide, vibranti: le frenetiche ricerche del prigioniero tra le fiamme, le stragi, la follia. L'azione ha inizio infatti con un massacro, compiuto durante la guerra, in un convento ricovero di malati mentali.
Il mondo di Diabelè dunque da subito un mondo al momento della catastrofe e l'autore fa di tutto per comunicare allo spettatore questa impressione; partendo dal modello proposto dalla letteratura romantica, cerca di trasporre la sua aurea esaltata e i suoi metodi sullo schermo. L'eroe, impazzito dalla disperazione, epilettico, forse demente, porta a compimento la sua tragica missione, che egli vede come la più nobile, per dire poi, dopo tutti i delitti commessi in suo nome, all'unica persona innocente della storia, una suora addetta ai servizi più umili: "Terribili sono stati i miei errori".
Zulawski del resto non si ferma ai modelli romantici. Con sensibilit` tutta contemporanea, mette in dubbio la conoscibilit` del mondo ("il mondo mi sembra disgustoso perché sono malato, o lo è veramente?") arriva perfino alle zone della psicanalisi (il nano odia Jakub "perché lui è grande"); ci sono alcune considerazioni sulla manipolazione; le donne nel suo film sono "strumenti del male", c'è in loro un po' delle eroine di Strindberg e Buñuel, un po' delle visioni degli antichi asceti che rimproveravano alle donne il peccato di impurit`.
La catastrofe della Repubblica è la caduta della nazione. Abbastanza inaspettatamente Zulawski fa sua la teoria assolutamente non romantica della nazione intesa come "nazione di nobili", e di conseguenza non c'è in Diabel il popolo: né un contadino, né un borghese. I personaggi del film sono tutti appartenenti alla nobilt`, magnati o membri del clero, con l'aggiunta di un gruppo di artisti. Luoghi dell'azione sono un castello, una corte e un convento. Alla catastrofe politica si affianca la caduta della morale e dei costumi, forse ne è perfino la causa. Il tradimento, la corruzione, la dissolutezza e l'incesto, le deviazioni e le orge in modo provocatorio si uniscono alla "danza sulla tomba della patria indipendente" e al complotto delirante sventato dalla piccola spia. Ed ecco il personaggio che d` il titolo al film, il diavolo. Non c'è niente in lui della grandezza dell'angelo caduto. L un piccolo diavolo di secondo rango, nervoso, appena una figura da presepio, che fa da guida nell'inferno dei crimini umani. Lui si limita a indicare la direzione da prendere, e nei momenti critici provvede a mettere in mano lo strumento, un coltello, per realizzare il suggerimento perverso, la missione di distruggere il male che però, lo vediamo chiaramente, affonda le sue radici nella natura stessa dell'uomo, nella degenerazione della famiglia e della classe dominante, nella falsa magia dell'arte. La catastrofe si realizza come orrore febbrilmente orchestrato. Fra le convulsioni, l'epilettico Jakub taglia la gola alla madre e ad altre quattro persone (e al cavallo) con il coltello, alla sorella invece, con una sciabola. Del resto quasi tutti i personaggi vengono uccisi. Drasticit` dei delitti commessi, drasticit` del sesso (siamo nel 1972!), drasticit` dei rapporti, nudit` completa mostrata per la prima volta in un film polacco, numerosi elementi dei film dell'orrore (morti disseppelliti, cadaveri nell'armadio) pure si uniscono al "ritratto di qualcosa di più intelligente". Ed ecco che in questo film, in cui ogni scena è almeno buona, e spesso eccellente, si pone il problema generale della misura. La sovrabbondanza di espressivit`, di febbrilit`, di epilessia non finisce per offuscare e attutire quel "ritratto" dell'apocalisse stessa, della catastrofe che mette a nudo l'inferno del male nell'uomo e nella collettivit`? Il metodo non diventa forse così più importante del fine? La storia è a tal punto poco chiara (o piuttosto troppo colorita), che ci si può perfino mettere a discutere se davvero questo fine dovesse essere proprio la catastrofe. O se non fosse piuttosto l'immagine stessa, così espressiva da restare a lungo impressa nella memoria. Se ai tempi dei romanzi di Przybyszewski, che adesso ci fanno ridere, la tecnica cinematografica fosse stata al livello di oggi, forse si sarebbero prodotte in serie proprio simili fantasmagorie con il metodo della "danza dell'amore e della morte", titolo che sarebbe appropriato per il film di Zulawski. Ci si potrebbe chiedere se dietro alla facciata visiva, che lascia sconvolti, non si nasconda in realt` un ritorno a certi elementi del modernismo e delle avanguardie, nobilitati dalle coloriture romantiche. Sono questi gli effetti del l'immaginazione audace e del temperamento dell'autore, che del resto riesce a dominare la materia del suo film, il che dimostra un notevole talento (confermato nelle opere successive), anche se mette a dura prova lo spettatore.

Cezary Wysniewski, Polonez z brzytwa, "Kino" (Varsavia), n. 19, 1988

Biografia

regista

Andrzej Zulawski

Andrzej Zulawski è nato in Ucraina nel 1940. Figlio di un noto scrittore, è stato assistente di Andrzej Wajda negli anni '60. Ha svolto anche attività di critico cinematografico e ha scritto tre romanzi. Il suo primo film è La terza parte della notte (1970). Trasferitosi definitivamente in Francia intorno alla metà degli anni '70, realizza L'importante è amare (1974) con Romy Schneider. Tra i suoi film più recenti - tutti caratterizzati da una forte tensione erotica - si segnalano La femme publique (1984), Le mie notti sono più belle dei vostri giorni (1988) e La note bleue (1990).

FILMOGRAFIA

Trzecia czesc nocy (La terza parte della notte, 1970), Diabel (The Devil, 1972), Na srebrnym globie (The Silver Globe, 1973-87), L'Important c'est d'aimer (L'importante è amare, 1974), Possession (id., 1980), La Femme publique (id., 1984), L'Amour braque (Amore balordo, 1985), Mes nuits sont plus belles que vos jours (Le mie notti sono più belle dei vostri giorni, 1988), Boris Godounov (1989), La Note bleue (The Blue Note, 1990), Szamanka (La sciamana, 1996), La Fidélité (2000).

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Andrzej Zulawski.
Fotografia: Maciej Kijowski.
Musica: Andrzej Korzynski.
Scenografia: Jan Grandys, Jerzy Sniezawski.
Costumi: Jadwiga Przeradzka, Alicja Ptaszyhska, Marek Mierzejewski.
Montaggio: Krzysztof Osiecki, Jadwiga Jakubowska.
Interpreti e personaggi: Wojciech Pszoniak (Diavolo), Leszek Teleszynski (Jakub), Malgorzata Braunek (fidanzata), Iga Mayr (madre di Jakub), Wiktor Sadecki (Herz), Michal Grdzinski (Ezechiel), Maciej Englert (conte), Monika Niemczyk (monaca), Bozena Miefodow (Jura), Marian Zdenicki (nano), Hanna Parzonka (la sorella di Jakub), Lukas Zulawski.
Produzione: "X"
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