Nazione: Kazakhistan
Anno: 1956
Durata: 97'


In un numero precedente di "Positif", ebbi gi` modo di dire quanto mi avesse sorpreso e incantato il primo film di Andrzej Wajda. Eravamo in quattro o cinque della rivista quella sera dove passava, praticamente sotto silenzio per non più di una ventina di spettatori, quel capolavoro indiscusso che è Pokolenie. Al termine della proiezione ci siamo guardati tutti in silenzio, come accade davanti a una scoperta rara. Dovevamo dirlo, proclamarlo ufficialmente: per noi, quel giorno, era nato un regista. [...] Così oggi, con la massima calma e lucidit` dichiaro: Wajda può tranquillamente prendere posto accanto a Buñuel e a Bergman. Appartiene a quella stirpe che va da Feuillade a Borzage, da Vigo a Franju. Ma, soprattutto, è l'unico giovane europeo a possedere la foga e la violenza degne di Las Hurdes o di Los Olvidados; e questo, in un'epoca come la nostra di mollezza e di torpore intellettuale, di salotti effeminati e di psicologia sommaria. E, vi assicuro, non è poco..
Kanal si svolge negli ultimi giorni della tragica insurrezione del popolo polacco contro i nazisti. Un drappello di 43 insorti si batte a Varsavia ormai da settimane. Gli uomini iniziano ad avvertire il peso della stanchezza, perché questo movimento che era parso all'inizio l'ultimo passo prima della liberazione si era trasformato in una lotta senza speranza, in uno scontro foriero solo di morte. Da uno dei dialoghi centrali del film apprendiamo che gli uomini sono ormai sfiduciati. Eppure, questi coraggiosi s'impegneranno nella più terribile delle battaglie per vivere, perché conserveranno sempre, fino all'ultimo respiro, una fiducia incrollabile nella vita. [...] Circondato dai carri armati nazisti, bombardato giorno e notte dagli stukas, il gruppo sar` costretto a scendere nelle fogne per cercare di raggiungere il centro della citt`, al momento tranquillo, sebbene gi` distrutto. Tre quarti del film rappresentano l'angosciante odissea di questi uomini prigionieri nelle fogne, mentre sopra i tedeschi stanno in agguato alle uscite. La prima parte di Kanal, la più breve, si svolge invece alla luce: il sole è accecante, le pietre riarse e gli scontri nelle strade luminosi, benché disperati. Persino il sangue sembra pulito. E con calma profonda, con gravit` che i nostri si preparano ad affrontare, sotto il sole, in quel bagliore accecante, l'ultima battaglia, quella che decreter` la fine di tutti loro. [...]. È durante questi momenti di attesa che lo spettatore fa conoscenza con i personaggi principali. La prima parola che mi verrebbe spontaneo scrivere è "giusti"; ma poiché mi rendo conto che significa poco o nulla, cercherò di spiegarmi diversamente: i personaggi qui vivono, sono, la macchina da presa li scruta, d` quasi l'impressione di coglierli di sorpresa. I movimenti di macchina eseguiti con estrema maestria sanno fermare non solo gli elementi plastici, ma anche, e soprattutto, quei gesti di primo acchito senza importanza che caratterizzano inspiegabilmente un individuo, il dettaglio insolito che è la vita stessa, lo sguardo apparentemente gratuito. Ecco in che senso tutti i personaggi sono giusti, perché sono veri e non in superficie, ma nel profondo, nel tempo e nello spazio, nella vita che non appare mai semplificata né privata della sua componente di imprevisto. Wajda ha una visione poetica delle cose.
Dalla poesia violenta, dalla luminosit` ardente, passiamo alla poesia del quotidiano, trasfigurata però dal décor assurdo della casa borghese in cui trovano rifugio gli insorti, per giungere infine alla poesia nera e terribile delle fogne dove i nostri eroi andranno incontro alla morte.
Una delle punte massime di angoscia si tocca con l'entrata nelle fogne. La compagnia ha ricevuto l'ordine di fuggire attraverso il "Kanal" e si predispone a malincuore a obbedire, ma trova all'entrata centinaia di persone che si accalcano nel tentativo disperato di sottrarsi alla barbarie nazista. In un tumulto impressionante, in un'atmosfera di terrore e di panico, il gruppo del 43, fatto di uomini, donne e bambini, si cala sotto terra nei miasmi, il silenzio, l'umidit` e le tenebre della fogna. Inizia così un viaggio da incubo, interrotto solo a tratti dalle urla terrorizzate di quelli che temono che i corridoi sottostanti siano pervasi dai gas. Cadaveri galleggiano su. quel fiume di acqua nera e limacciosa, i muri trasudano terrore. È in questo scenario che ciascun personaggio scoprir` la propria verit`. Paura e voglia di vivere si scontreranno senza posa; non sempre la morte sar` una disfatta poiché (ed è qui che tocchiamo davvero l'essenza della poetica di Wajda) l'amore può essere una grande vittoria, persino nell'orribile profondit` delle fogne.
Avevo gi` scritto a proposito di Pokolenie (Generazione) che la grandezza di Wajda sta nella sua capacit` di fondere la meraviglia dell'amore con la lotta per la libert` e per la vita. In Kanal ciò emerge ancor più prepotentemente, poiché il luogo dove si svolge l'azione è atroce e le circostanze terribili.
[...] Non dobbiamo assolutamente cadere nell'errore di pensare che Wajda indulga all'idea della morte. Paradossalmente, il suo film è un vero e proprio inno alla vita. In una delle prime sequenze sentiamo dire alla ragazza che in seguito si suicider`: "È più facile morire quando si ama". "Smettila con questi luoghi comuni", le risponder` però un altro personaggio. Per Wajda, come per ogni uomo libero, è più facile, ma soprattutto più grande, vivere quando si ama. Purtroppo siamo prigionieri di un'epoca in cui è altrettanto difficile vivere e amare e siamo costretti a lottare, col rischio stesso della nostra esistenza, per conquistarci il diritto alla vita e all'amore. Ecco perché Kanal è un film terribile; perché non è pervaso né di facile ottimismo né di falso pessimismo, perché mostra con occhio disincantato la crudelt` e l'assurdo e perché da tutto ciò riesce comunque a trarre una grande voglia di vivere.
Al pari di Buñuel, Wajda è un individuo consapevole che racconta la realt` nel tentativo di cambiare il mondo e gli uomini, facendo scaturire incanto e meraviglia dalle esperienze più atroci. E racconta a tinte forti, con un talento da lasciare senza fiato. La tecnica non esiste più, gli attori non esistono più, perché la tecnica è il film, perché gli attori sono i personaggi. E tutto è poesia. Nella speranza che Kanal passi al più presto nelle sale parigine, non posso far altro che ripetere: Wajcla è il regista dell'essenziale, il cineasta del futuro.

Ado Kyrou, Canaux sanguins, "Positif", n. 2526, luglioagosto 1957


Certo queste ellissi ardite, questi movimenti di macchina a dir poco magistrali, questo uso degli elementi casuali della scena fanno pensare a Pais` di Rossellini; l'amore per il dettaglio feroce tradisce l'influenza di Buñuel; la ricerca sottile degli effetti sonori, questo isolare il gesto caratteristico lontano mille miglia dalla teoria del montaggio di Pudovkin sono forse riconducibili all'esempio di Bresson, molto seguito oggi in Polonia. Ma tutte queste fonti, pur così dissimili tra loro, si sono fuse armoniosamente in un tutto unico che non tradisce mai la minima confusione. Wajda ha uno stile tutto suo di dire ciò che vuole dire. E una cosa è certa: ha qualcosa da dire.
In Kanal, il regista fa quasi sempre centro perché rifugge il facile trabocchetto della tesi, perché si serve delle sole armi di un cinema che milita a favore di una verit` più generale di quella di un semplice sistema filosofico o politico. L'unica grande "idea" di questo film è il riferimento spaziale, concreto, grazie al quale il simbolo mantiene inalterata la propria forza proprio perché mai direttamente esplicitato. Quel labirinto sotterraneo e nauseabondo, quella sorta di Stige, non ha alcun bisogno di parole per corroborare la propria eloquenza. Quando, sulle ali di una magnifica carrellata in avanti, scopriamo, riemergendo dalle fetide tenebre, imprigionati sotto grate inviolabili, le acque limacciose della Vistola, pure così chiare agli occhi dei fuggitivi che non possono guardarle senza sbattere le palpebre, abbiamo la netta sensazione che sia stato pienamente raggiunto lo scopo di un'arte che non ha, non ha avuto, né mai avr` proposito più degno di quello di ritrarre per parafrasare il titolo di un libro il cui spirito è del tutto affine a quello di questo film la condizione umana.

Eric Rohmer, "Arts", 19 marzo 1958.

Biografia

regista

Andrzej Wajda

Regista e sceneggiatore. Nato il 6 marzo 1926 a Suwalki. Studente dell'Accademia di Belle Arti a Cracovia. Nel 1953 si laurea alla Scuola Superiore di Cinema di Lódz. Negli anni 1972-83 direttore artistico del gruppo "X". Negli anni 1978-82 presidente dell'Associazione dei Cineasti Polacchi. Nel 1981 ottiene la laurea Honoris Causa dall'Università di Washington. È anche regista di teatro.

FILMOGRAFIA

Film: 1951: Ceramika ilzecka (La ceramika di Ilz), cm. doc.; 1954: Pokolenie (Generazione); 1956: Kanal (I dannati di Varsavia); Ide do slonca (Vado verso il sole), cm. doc.; 1958: Popiól i diament (Cenere e diamanti); 1959: Lotna; 1960: Niewinni czarodzieje (Ingenui perversi); 1961: Samson (Sansone); Sibirska ledi Magbet (Lady Macbeth Sibiriana), Jugoslavia; 1962: Warszawa (Varsavia), ep. di L'amour à vingt ans (L'amore a vent'anni); 1965: Popioly (Ceneri); 1967: Vrata raja - The Gates to Paradise, Jugoslavia - GB; 1968: Przekladaniec (Garbuglio), mm. tv; Wszystko na sprzedaz (Tutto in vendita), 1969: Polowanie na muchy (Caccia alle mosche); 1970: Brzezina (Il bosco di betulle), tv; Krajobraz po bitwie (Paesaggio dopo la battaglia); 1971: Pilatus und andere (Pilato e gli altri), tv, RFT; 1972: Wesele (Le nozze); 1974: Ziemia obiecana (La terra promessa); 1976: The Shadow Line / Smuga cienia (La linea d'ombra), Polonia-GB; Czlowiek z marmuru (L'uomo di marmo); 1977: Umarla klasa (La classe morta), mm. doc. tv; 1978: Bez znieczulenia (Senza anestesia); Zaproszenie do wnetrza (Invito a entrare) mm. doc.; 1979: Panny z Wilka (Le signorine di Wilko); Dyrygent (Il direttore d'orchestra); Pogoda domu niechaj bedzie z Toba.. . (Che la pace della casa sia con voi...), mm. doc. tv; 1980: Z biegiem lat, z biegiem dni (Nel corso degli anni, nel corso dei giorni), serie tv, co-regia Edward Klosinski; 1981: Czlowiek z zelaza (L'uomo di ferro); 1982: Danton (id.), Francia-Polonia; 1983: Eine Liebe in Deutschland / Un amour en Allemagne (Un amore in Germania), RFT-Francia; 1986: Kronica wypadków milosnych (Cronaca di avvenimenti amorosi); 1988: Les possédés (I demoni), Francia.

Cast

& Credits

Regia: Andrzej Wajda.
Sceneggiatura: Jerzy Stefan Stawinski, dal suo racconto omonimo.
Fotografia: Jerzy Lipman.
Scenografia: Roman Mann, Roman Wolyniec.
Musica: Jan Krenz.
Montaggio: Halina Nawrocka.
Suono: Jósef Bartczak.
Assistenti alla regia: Janusz Morgenstern, Kazimierz Kutz, Maria Starzenska, Anna Janeczkowa.
Interpreti e personaggi: Teresa Izewska, (Stokrotka), Tadeusz Janczar (Korab), Emil Karewicz (Madry), Wienczyslaw Glinski (Zadra), Wladyslaw Sheybal (compositore), Tadeusz Gwiazdowski (Kula), Stanislaw Mikulski (Smukly), Teresa Berezowska (Halinka), Zofia Lindorf, Janina Jablonowska, Maria Kretz, Kazimierz Dejunowicz, Jan Englert, Zdzislaw Lesniak, Maciej Maciejewski, Adam Pawlikowski.
Produzione: "Kadr".
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