Nazione: Kazakhistan
Anno: 1961
Durata: 65'


Il venti settembre 1961 è perito in un incidente stradale Andrzej Munk, uno dei registi polacchi più significativi, autore di Eroica e Zezowate szczescie (La fortuna strabica), film che sono entrati una volta per sempre nella storia della cinematografia polacca. Munk si stava recando da Varsavia a Lódz, dove stava girando Pasazerka. La scomparsa del regista ha interrotto la lavorazione del film, troppo originale e caratteristico perché chiunque altro potesse tentare di ultimarlo.
Ciò malgrado il 20 settembre 1963, nel secondo anniversario del tragico incidente, a Varsavia si è svolta la proiezione di Pasazerka opera postuma dell'artista. È stata una delle "prime" più particolari cui mi sia capitato d'assistere. Il film è stato preceduto da una serie di foto del regista: Munk al lavoro, Munk che passeggia nella piazza del suo quartiere, Nowe Miasto, Munk radioso e sorridente, che non sa cosa lo aspetta. C'è poi un commento che racconta cosa è successo quel giorno di due anni fa e spiega che un gruppo di suoi amici, capeggiati dal regista Witold Lesiewicz, ha deciso di presentare al pubblico quel che è rimasto di quest'opera incompiuta. Si noti la differenza di termini: non "finire" il film, ma "presentare" ciò che di esso è rimasto. Pasazerka, basato sulla sceneggiatura del regista e della scrittrice Zofia Posmysz, avrebbe dovuto avere due diversi piani temporali. Il presente è una coppia di sposi tedeschi che naviga su un transatlantico: lui, più anziano, è emigrato ormai da tempo negli USA, lei, più giovane, invece è arrivata in America alla fine della guerra. Durante la navigazione la donna incontra una persona che all'improvviso la riporta al passato, alla guerra. Si tratta di una giovane polacca, ex detenuta del lager di Auschwitz. La rispettabile dama in crociera sul transatlantico si rivela così una sorvegliante del campo. Questo meccanismo retrospettivo è servito a Munk per cercare di spiegare ciò che era accaduto vent'anni prima nell'abisso dell'inferno di Auschwitz, dal punto di vista di una viaggiatrice europea, una giovane moglie desiderosa di occultare, di mettere in ordine e di rendere accettabile dal punto di vista delle categorie morali altrui il proprio passato. Della parte retrospettiva del Lager Munk ha girato 1700 metri, completandola, mentre non ha lasciato che qualche centinaio di metri appena di quella che si svolge sulla nave. Chi ha presentato il suo film non ha voluto aggiungere neanche un metro, ha concepito la propria funzione come quella di un archeologo che non completa una statua danneggiata, non vi aggiunge degli elementi, ma cerca solo di rimettere insieme i frammenti ritrovati e di ricostruire con essi la forma dell'intero film. La parte incompiuta del film, quella che si svolge ai nostri giorni, è statica. Tra i materiali lasciati dal regista è stata scelta una serie di fotografie fisse: i gesti bloccati a met`, le smorfie congelate sui volti, le espressioni lasciano intuire il dramma che si compie tra i personaggi. Un commento aiuta poi a capire il senso della retrospezione. Dal passato Munk ci racconta con le immagini e le scene che ha ultimato. Ed ecco che dallo schermo spira l'affiato di un grande film, forse il migliore tra quelli che il regista abbia mai realizzato.
Il lager di Auschwitz, il sadismo nazista non sono certo un tema nuovo per il cinema, basti pensare al nostro film Ostatni etap (L'ultima tappa), ai russi o al recente Kapò, un film italiano assai interessante. Munk invece ha mostrato qualcosa di nuovo, mai comparso finora. A cercarne le ascendenze artistiche bisogna guardare al surrealismo, un surrealismo che non nasce dalla maniera, dalla speculazione intellettuale, ma che è la vita stessa a suggerire. Immaginatevi ad esempio un'area di varie decine di ettari, l'area di una media industria: ecco che per quell'angolo di mondo passano milioni di uomini. Giungono dalla parte della vita, sperando nella vita, vestiti come sempre, con le loro mogli, i loro bambini, le loro valigie. Ed ecco che trovano invece la morte nella "fabbrica" di Auschwitz, una morte all'ingrosso, industrialmente organizzata, senza cerimonie, una morte nuda e senza nome. Questa morte di massa lascia dietro di sé il suo lezzo orrendo, tutto ciò che vediamo sullo schermo mucchi di oggetti lasciati dai morti, assurde pile di cesti, piramidi di valigie, mandrie di carrozzine per bambini tutto questo sa di morte. Da questo deriva un'atmosfera assurda, un senso ipnotico di distruzione, per tutto il tempo si ode il calpestio degli eserciti del Reich che risuona da qualche parte fuori campo in marcia [...] dalla vita verso la nonvita, dal ricordo all'oblio. Sullo sfondo del lager Munk abbozza così il dramma della sorvegliante e della sua prigioniera, che si sviluppa in complessi meandri psicologici, in un chiaroscuro. Il boia di un tempo cerca oggi di assumere una forma umana, cercando di convincere se stesso di aver avuto dei sentimenti. Ma il fango di Auschwitz, il fango calpestato da milioni, il fango che li ha ricoperti protesta contro la menzogna. È lui il testimone più importante.
Munk ha mostrato questo nel suo film: forse avrebbe mostrato qualcosa di più se avesse potuto finirlo. Oggi noi che lo possiamo guardare, grazie a quanti hanno ricostruito questi nobili frammenti, intuiamo il capolavoro, e rimaniamo in attesa della sua parola incompiuta.

Krzysztof Teodor Toeplitz, Niedopowiedziane slowo, "Polska" (Varsavia), n. 12, 1963

Biografia

regista

Andrzej Munk

Regista, sceneggiatore e operatore. Cracovia 16 settembre 1921, Lowicz 20 settembre 1961. Studia architettura e legge all'Università di Varsavia. Nel 1950 si laurea alla Scuola Superiore di Cinema di Lódz, Dal 1950 al 1955 lavora come operatore alla Casa di Produzione dei Documentari (WFD), prima per cinegiornali poi per documentari. Dal 1957 al 1961 è insegnante alla Scuola di Cinema di Lódz. Muore in un incidente d'auto.
Film: 1949: Sktuka mlodych (L'arte dei giovani) cm. doc.; 1950: Zaczelo sie w Hiszpanii (È cominciato in Spagna), mm. doc.; 1951: Nauka blizej zycia (La scienza più vicina alla vita), cm. doc.; Kierunek Nowa Huta (Direzione Nowa Huta), cm. doc.; 1952: Poemat symfoniczny "Bajka" Stanislawa Moniuszki. Koncert w klubie fabrycznym Zakladow "Ursus" (Poema sinfonico "La fiaba" di Stanislaw Moniuszko. Concerto nel club di fabbrica degli stabilimenti "Ursus"), cm. doc.; Pamietniki chlopów (Diari di contadini), cm. doc.; 1953: Kolejarskie slowo (Parola di ferroviere), cm. doc.; 1954 Gwiazdy musza plonac (Le stelle devono ardere), mm. doc., co-regia W. Lesiewicz; 1955: Niedzielny poranek (Una domenica mattina), cm. doc.; Blekitny krzyz (La croce azzurra), mm.; 1956: Czlowiek na torze (Un uomo sui binari); 1957: Eroica. Symfonia bohaterska w dwóch czesciach (Eroica. Sinfonia eroica in due parti): I. "Scherzo alla Polacca", II. "Ostinato lugubre" (l'episodio "Con bravura", concepito come prima parte del film, non fu inserito nell'opera e fu mostrato per la prima volta in televisione nel 1973); 1958: Spacerek staromiejski (Passeggiata nella città vecchia), cm. doc.; 1959: Zezowate szczescie (La fortuna strabica); Polska kronika filmowa nr 52 A-B (Cinegiornale n. 52 A-B), cm. doc.; 1961: Pasazerka (La passeggera), interrotto a causa della morte del regista, montato sotto la direzione di W. Lesiewicz, distribuito nel 1963.

Cast

& Credits

Regia: Andrzej Munk.
Soggetto: dall'omonimo racconto di Zofia Posmysz.
Sceneggiatura: Zofia Posmysz, Andrzej Munk.
Fotografia: Krzystztof Winiewicz.
Scenografia: Tadeusz Wybult.
Musica: Tadeusz Baird.
Interpreti e personaggi: Aleksandra Slaska (Liza), Anna Ciepielewska (Marta), Jan Kreczmar (Walter), Marek Walczewski (Tadeusz), Irena Malkiewicz (ispettrice del Lager), Maria Koscialkowska (Inga), Leon Pietraszkiewicz (comandante del Lager), Janusz Bylczynski (kapò), Kazimierz Rudzki, Boguslaw Sochnacki, Krzesislawa Dubielówna, Barbara Horawianka, Andrzej Krasicki, Zbigniew Szymborski, Barbara Walkówna, Elzbieta Czyzewska, Anna Jaraczówna.
Produzione: "Kamera".
Interrotto a causa della morte del regista, montato sotto la direzione di Witold Lesiewicz, distribuito nel 1963. Commento di Wiktor Woroszylski, letto da Tadeusz Lommicki. Montaggio: Zofia Dwornik.
Altri collaboratori: Wlodzimierz Kaminski, Andrzej Piotrowski, Maria Rytkowska, Wladyslaw Tomaszewski, Henryk Wasilewski.
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