Nazione: Kazakhistan
Anno: 1958
Durata: 103'


Dice molto il tipo di trasformazioni a cui Has ha sottoposto il testo del romanzo di Stanislaw Dygat Pozegnania. Nel film si vede chiaramente che il regista voleva trovare il corrispondente visivo dello stile ironico e nello stesso tempo lirico dell'autore. Questo stile è solo in apparenza semplice, in realt` è molto composito, stratificato; contiene una certa dose di nonchalance, di ironia e come di scontrosit` verso il tema toccato. La patina lirica, che crea un'apparenza di partecipazione emotiva, viene immediatamente compromessa, irrisa. Questo stile flessibile, ricco di effetti, testimonia soprattutto l'intelligenza dell'autore, che sa mantenere le distanze nei confronti dei suoi personaggi e... sì, perfino della sua scrittura. Guardando Pozegnania di Wojciech Has dopo aver letto il romanzo di Dygat si percepisce come anche il regista abbia voluto realizzare un film distaccato, ironico, costantemente in bilico fra il serio e la canzonatura. Di qui la casa dei genitori di Pawel vista attraverso gli occhi socchiusi, di qui l'assurdo viaggio di Pawel e Lidka, una ballerina del variet`, a Lesna Podkowa, e poi le ottime scenette comiche del matrimonio in una chiesetta di provincia, il pranzo nel piccolo ristorante, e infine il soggiorno nella pensione "Quo Vadis", di propriet` di una vecchia eccentrica un po' pazza, che la tiene colma di vecchie cianfrusaglie. Nella parte che si svolge durante il periodo dell'Occupazione, nella palazzina di una contessa, l'ironia del regista sembra veramente andare incontro all'ironia dell'autore del romanzo. Quella compagnia di naufraghi tutti intenti a mantenere almeno le apparenze dell'antico decoro, le loro abitudini e pose che ormai appartengono a un'epoca irrimediabilmente passata, suscita un'impressione triste e comica, che colpisce per la sua veridicit`; non si può inoltre fare a meno di notare che c'è in questa descrizione una punta di soddisfazione maliziosa, che percepiamo anche nel libro. Il ritorno alla pensione "Quo Vadis", vero museo di stranezze, pieno di suppellettili inutili lasciate lì dal tempo che fugge, rafforza l'impressione di assistere alla rappresentazione di un mondo nato da una immaginazione improntata di ironia. Sembra quindi che si possa parlare di fedelt` del regista nei confronti del testo affidatogli. Basta però considerare il film da una certa distanza, analizzare l'eco che esso lascia, per scoprire che le differenze sono molto più essenziali di quanto non si potesse supporre all'inizio. Le somiglianze si trovano piuttosto sulla superficie dell'opera cinematografica, le divergenze vanno invece a toccare i temi più essenziali. L'ironico, l'assurdo, il grottesco trapelano nelle singole scene e situazioni, ma servono soltanto come a completare qualcosa di assolutamente diverso, e precisamente il lirismo, la poeticit`. Pozegnaniaè un film poetico, un film in cui domina una vera, autentica nota di nostalgia, di quella nostalgia che immancabilmente accompagna ogni riflessione sullo scorrere del tempo. Questa poesia sfrutta naturalmente svariati impulsi, tanto il patos provocato dal crollo del "vecchio ordine" e dal sopravvento del nuovo, quanto i gingilli a buon mercato del sentimentalismo, che trovano espressione nella pur bellissima canzone di Lucjan Kaszycki "Ricordi, era autunno" (Pamietasz, byla jesien), la prima canzone di grande successo nella cinematografia polacca del dopoguerra. In Pozegnania Has gioca con il mondo che egli stesso crea, con gli eroi che prende in giro per poi scorgere in loro i riflessi di un più grande dramma generale; li obbliga a confessare i loro sentimenti, forse banali e un po' anche buffi, per accendere infine in loro la scintilla dell'autentica poesia. Alla fine del film, restiamo con la sensazione che tutto le anticaglie della pensione "Quo Vadis", le opere d'arte esposte alle scosse della storia nella palazzina, i dialoghi scherzosi e le situazioni divertenti, i gesti drammatici e le pose senza veli viene trasformato in modo singolare, e sottoposto alla riflessione sul tempo. [...].

Konrad Eberhardt, Wojciech Has, WAiF, Varsavia 1967


Ultimamente vige la pessima abitudine di giudicare i film polacchi basandosi unicamente su criteri politici. Si rimane dunque estasiati davanti al sussulto di libert` così contrario ai film di staliniana memoria, al ritmo, all'erotismo. Nel cinema polacco contemporaneo non esiste solo il superamento dello stalinismo o lo sposalizio perfetto tra rivoluzione sociale e morale, ma emerge anche la natura stessa del popolo polacco, fatta di cultura occidentale e di sommessa passione slava.
[…]Pozegnania è prima di tutto un film polacco nel senso più profondo del termine. Vi si incontrano uomini presi nella realt` di tutti i giorni, ma in Polonia (come del resto ovunque) ci si imbatte tutti i giorni in persone straordinarie calate, per effetto di una scelta più o meno volontaria, in situazioni eccezionali, all'interno di un preciso contesto sociale. Ciò d` origine a una temperatura poetica alquanto strana, a un ritmo nuovo, scandito da lentezze e da avvenimenti insoliti.
[…] In questo film certamente strano, che non coglie tuttavia di sorpresa in quanto il più polacco di quelli che mi sia mai capitato di vedere, nulla è esplicitato. Le allusioni, il non detto costituiscono il tessuto connettivo della narrazione cinematografica. I dialoghi strani o semplicemente assurdi non spiegano nulla, i personaggi appaiono e scompaiono senza apparente nesso drammatico, mossi solo dal caso e dalla necessit` poetica e sociale, gli avvenimenti più straordinari non sono necessariamente i più "drammatici" e il ritmo generale è quello del fiume di Eraclito. Da sempre il cinema ci ha abituati a reazioni scontate. Così, se ad esempio, un uomo e una donna dormono nella stessa stanza, debbono fare l'amore, a meno di non spiegare in maniera molto esplicita le motivazioni di un comportamento diverso. In Pozegnania fatti e reazioni sono imprevedibili come nella vita di tutti i giorni e possono coglierci impreparati proprio come nella vita di tutti i giorni. "Romantico" potrebbe forse definirsi questo modo di trattare eroi e fatti, ma ci troviamo in questo caso in presenza di un romanticismo che nasce dalla realt` più concreta, l'equivalente di un primissimo piano che fissa la particella minuscola di un'asse di legno e che trasforma il legno ora in suolo arido, ora in brulichio di mostri, o in griglia matematica o in mille altre cose che nulla hanno a che fare con la volgarissima asse. Sono convinto che il cinema polacco del futuro potrebbe trovare proprio in questo approccio una delle sue direzioni principali.

Ado Kyrou, Le charme slave: Les adieux, "Positif", n. 40, luglio 1961

Biografia

regista

Wojciech Jerzy Has

Regista e sceneggiatore. Nato il 1 0 aprile 1925 a Cracovia. Studia all'Accademia di Belle Arti e contemporaneamente frequenta i Corsi di Avviamento alla Cinematografia di Cracovia. E assistente di S. Wohf e J. Wyszomirski per il film Dwie godziny (Due ore, 1948). Dal 1948 lavora alla WFD (Casa di Produzione dei Film Documentari) e dal 1950 alla WFO (Casa di Produzione dei Film Didattici), dove realizza numerosi cortometraggi. Docente alla Scuola di Cinema di Lódz. Dal 1981 direttore artistico del gruppo "Rondo". Film (esclusi i cortometraggi documentari): 1948: Harmonia, mm.; 1957: Petla (Il cappio); 1958: Pozegnania (Gli addii); 1959: Wspólny pokój (La stanza comune); 1960: Rozstanie (L'addio); 1961: Zloto (L'oro); 1962: Jak byc kochana (Come essere amata); 1964: Rekopis znaleziony w Saragossie (Il manoscritto trovato a Saragozza); 1966: Szyfry (Codici cifrati); 1968: Lalka (La bambola); 1973: Sanatorium pod Klepsydra (La clessidra); 1982: Nieciekawa historia (Una storia poco interessante); 1984: Pismak; 1986: Osobisty pamietnik grzesznika (Diario intimo di un peccatore), 1988: Niezwykla podróz Baltazara Kobera (L'insolito viaggio di Balthazar Kober), Polonia-Francia.

Cast

& Credits

Regia: Wojciech Jerzy Has.
Soggetto: dal racconto omonimo di Stanislaw Dygat.
Sceneggiatura: Stanislaw Dygat, Wojciech J. Has.
Fotografia: Mieczyslaw Jahoda.
Scenografia: Roman Wolyniec.
Musica: Lucjan M. Kaszycki.
Montaggio: Zofia Dwornik.
Interpreti e personaggi: Maria Wachowiak (Lidka), Tadeusz Janczar (Pawel), Gustaw Holoubek (Mirek), Stanislaw Jaworski (Janowski), Stanislaw Milski (professore/commesso), Zdzislaw Mrozewski (padre di Pawel) Irena Netto (padrona della pensione "Quo Vadis"), Józef Pieracki (prof. Michniewicz), Irena Starkówna (contessa), Helena Sokolowska (zia Walerka), Hanna Skarzanka (Maryna), Jarema Stepowski (cameriere), Saturnin Zórawski (Feliks).
Produzione: "Syrena"
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