Nazione: Kazakhistan
Anno: 1970
Durata: 75'


Un battello percorre la Vistola. A bordo, una serie di persone che sembrano riunite lì più che per una gita per i loro tic e le loro piccole manie. In chiave di commedia, o piuttosto di parodia del collettivismo, assistiamo alle piccole discussioni quotidiane, ai giochi, ai litigi, il tutto collegato dall'organizzazione di una "festa per il capitano" che si concluder` con una mascherata.

La sua commedia ha avuto un raro successo sui nostri schermi: il pubblico rideva, applaudiva e davanti ai cinema c'erano persino i bagarini che offrivano i biglietti a 40 zloty.
- La Commissione Cinematografica per la programmazione ha deciso che Rejs non è una commedia. Durante la proiezione guardavano il film in silenzio. L'unica persona che, ad un tratto, è scoppiata a ridere ha spiegato più tardi che si era ricordato di una barzelletta. È stato stabilito dunque che il grande pubblico non sarebbe andato a vedere il film, e anche se ci fosse andato, sarebbe uscito subito. Per questo sono state stampate solo 2 copie del film, invece delle 2030 che generalmente si stampano.
Perché, a suo avviso, il pubblico ha accolto il film favorevolmente?
- Partendo da situazioni reali, cerco di trasportarle nella dimensione dell'assurdo, perché, secondo me, soltanto la formula nonsense è in grado di smascherare le reali assurdit` che esistono nella nostra vita sociale, giuridica, morale. Questa è una forma di terapia molto dolorosa, ma credo efficace, purificatrice. La gente vedendo Rejs ride, perché il film è nato da una comune coscienza della realt`, formatasi certamente molto prima del mio film. […].
Ai suoi film, soprattutto a Rejs si rimprovera la mancanza di un ordine.
- Come nei miei film precedenti, in Rejs ho applicato il metodo della provocazione di un certo esibizionismo psichico. Da questo fatto deriva la necessit` di situazioni e comportamenti naturali, di dialoghi improvvisati davanti alla macchina da presa. E qui la sceneggiatura tradizionale è semplicemente impossibile. La concezione drammatica tradizionale, che contempla il racconto di una storia o lo svolgimento di una azione, deve far posto alle nuove strutture, quelle cioè che richiamano il libero gioco delle associazioni d'idee dello spettatore, la sua intelligenza e la sua sensibilit`. Tutto ciò però può comportare una costruzione parabolica, oppure anche aperta, la più vicina alla vita stessa. Un simile materiale possiede, a mio parere, un valore intrinseco: costituisce il documento più autentico dello stato (cosciente e incosciente) dello spirito contemporaneo.
Come ha proceduto nella costruzione del film?
- Prima ho costruito il decalogo delle regole che costituiscono il film tradizionale. In seguito, gi` durante le riprese, gradualmente e secondo le possibilit`, cercavo di eliminarle. Ho visto la collettivit` con gli occhi di un solo uomo, il passeggero del battello. Ma costui non può osservare nello stesso tempo tutti i personaggi. Dir` di più: anche scegliendo alcuni di questi personaggi non è in grado di seguire il loro completo "sviluppo psicologico". Sale sul battello, vede qualcuno e poi lo perde di vista. Agendo in questa maniera non sono obbligato a dare al mio mosaico di eventi, di movimenti istintivi, di comportamenti, i tratti di una trama tradizionale. Basta la sola osservazione dei frammenti casuali, delle "microscenette", "microriprese" apparentemente staccate tra di loro. L'elemento "ordine" è solo ciò che definirei la cronologia dello sviluppo tematico: non ha comunque nulla a che fare con lo sviluppo della cosiddetta azione. Mi sembra che i miei critici sbaglino mettendo Rejs nella categoria dei classici film a soggetto ed enumerando i miei sbagli: che in realt` sarebbero tali solo se avessi fatto, appunto, un film di quel genere.
Pur riconoscendo i valori di Rejs condivido l'opinione espressa da Wajda sulla rivista "Film": "Ho visto alcune magnifiche scene alla Gombrowicz; non ho visto un film".
- Mi rendo conto di aver commesso degli errori, soprattutto allo stadio delle sceneggiatura. Avrei dovuto tener conto delle effettive possibilit` dei miei attori (non professionisti) e in base a ciò scrivere la sceneggiatura, ispirandomi a loro e nello stesso tempo tenendo presente i loro tratti individuali. Ogni scena avrebbe dovuto prevedere qualche variante, essere tracciata a priori, come un bozzetto disegnato chiaramente. Cominciando la realizzazione del film avrei dovuto avere a disposizione un certo complesso di situazioni, di eventi precisi. Avrei dovuto conoscere l'ambito delle possibilit` della gente che avrei utilizzato. Avrei dovuto prevedere come si sarebbero comportati gli attori trovandosi nelle situazioni stabilite che avevo progettato. Il resto avrebbe dovuto rimanere elementare, come il gioco del caso e dell'immaginazione.

Intervista con Marek Piwowski, a cura di Andrzej Markowslki, "Film", (Varsavia), n. 4, 1971


Un cammino creativo, coraggioso e anticonvenzionale, come quello che alcuni anni fa tracciò un altro regista, Jerzy Skolimowski, testimonia in modo indiscutibile la posizione insolita di Marek Piwowski nell'ambito della cinematografia polacca. Piwowski ha debuttato nella seconda met` degli anni Sessanta come documentarista polemico e incisivo, e ha presto raggiunto la fama, consolidata da numerosi premi (tra l'altro ai festival del cortometraggio di Amsterdam, Tours, Cracovia). La commedia Rejs segna il suo debutto nel lungometraggio, con la collaborazione, come sceneggiatore, di Janusz Glowacki, un pubblicista e saggista, che si è messo in evidenza sulla rivista "Kultura". Prima di apparire sugli schermi, il film di Piwowski è stato preceduto dai pettegolezzi su I l'eccentricit` del progetto. Ciò contribuì a seminare il panico in tutta l'amministrazione cinematografica, a conquistare il pubblico e a dividere la critica in due partiti ostili e bellicosi. Innanzitutto, il film era inconsueto, per la Polonia, per il sistema di realizzazione. Inoltre ricorreva ad associazioni d'idee quasi surrealiste e a situazioni provocate e improvvisate ad hoc sul set […].
In Rejs, Piwowski ha trasferito le sue esperienze in un campo più vasto: quello dell'osservazione sociale, dell'analisi delle forme di vita collettiva attraverso la registrazione dello stereotipo, e dell'inquietante mistero che invade la vita sociale, quando non è controllata dalla coscienza degli individui. Perché la macchina da presa è per Piwowski lo strumento "insano" della curiosit` sociale, che libera gli uomini dal fardello delle convenzioni, dai riti e dagli schemi del comportamento collettivo. Per poter realizzare il suo "sociodramma" su una nave, in una collettivit` casualmente tenuta insieme da una gita sulla Vistola, il regista doveva rifiutare le forme di realizzazione che danno al processo creativo un corso amministrativo o una routine commerciale. E questo, nelle condizioni della cinematografia polacca, dove le esigenze dell'apparato burocratico centralizzato sono onnipotenti, non era del tutto facile.
Piwowski ripeteva con ostentazione che il materiale letterario non gli era necessario, che gli attori professionisti non lo interessavano, che solo l'improvvisazione sul set può dare effetti adeguati alle sue intenzioni. Si riferiva anche al cinema cecoslovacco degli anni Sessanta, soprattutto a Forman e Passer, che sapevano registrare dal vivo le reazioni umane, le reazioni della collettivit`, e tirarne fuori una irresistibile energia comica, una dinamica totale dell'assurdo. E da ciò derivava la necessit` della forma di cui doveva servirsi l'autore del film, La realt` spontanea delle reazioni umane doveva "scrivergli" il film. Neanche parlarne della "tradizionale" drammaturgia in crescendo, dell'organizzazione matematica. Bisognava accettare "la poetica dell'opera aperta", per poter illustrare l'avvicinamento massimo tra l'imprevedibilit` della vita e il suo messaggio filmico. Piwowski ha sempre disprezzato il cinema come arte dell'illusione; si è opposto a tutte le convenzioni in favore di quello che Joyce in "Ulisse" ha chiamato "le possibili possibilit` del possibile"; cioè in questo caso in favore della verosimiglianza delle situazioni e della logica del caos vitale.
Donde la struttura aperta di Rejs, la polpa frammentaria delle immagini, che d` l'impressione di doversi sparpagliare. Il procedimento in tal modo è "voluto", e in più risponde alla visione della realt` intesa nel film e nella sua sovrastruttura riflessiva. Rejsè un film su una collettivit` dominata da una singolare incapacit` di intraprendere qualcosa, di mettere nella realt` qualsiasi ordine. Tutti invece sentono un impreciso bisogno (come si era espresso il "classico" della letteratura polacca agli inizi del '900, Stanislaw Wyspianski) di "voler volere" qualcosa. Ma qualsiasi cosa intraprenda la gente sul battello, in un batter d'occhio la loro azione diventa un assurdo, un gesto grottesco, una pantomima irresoluta, un balbettio inarticolato. Nessuno riesce ad organizzare nulla, tutti sono prigionieri dell'impotenza degli stereotipi, dai quali non riescono a liberarsi. In una prospettiva simile, Rejsdiventa un film sulla "schizofrenia collettiva", ossia sul disaccordo tra ciò che ci impone la pseudorealt` ufficiale, esteriore, con le sue convenzioni sociali, e ciò che siamo veramente. Esiste una sostanziale divisione tra quello che si pensa "che bisogna dire" (perché così "dovrebbe" essere) e la possibilit` e la capacit` di veder chiaro in ciò che è imposto e ha acquistato potere rituale o istituzionale. In questa maniera il film di Piwowski si colloca tra quelle opere caratteristiche dell'arte dell'avanguardia polacca, come i romanzi di Gombrowicz. Infatti questa "polpa di battello" è una grande deformit` sociale, un "coacervo" come direbbe Gombrowicz , un mondo nevrotico, che non ha più un'autentica coesione. Tra la sfera della realt` e la sfera delle umane intenzioni non esiste comunicabilit` né corrispondenza.
L'improvvisazione ha permesso di liberare i movimenti istintivi incoscienti, evidenti per esempio negli atteggiamenti, nei dialoghi, che svolgono qui un ruolo assai rilevante, pur sembrando intraducibili in altre lingue, a causa di tutte le loro spiritosaggini e sfumature. Esso si basa sullo scimmiottamento balbettante dei vari linguaggi (burocratico, giuridico, intellettuale, propagandistico) approfittando largamente delle forme incoscienti o reattive. Si scopre una insospettata comicit` nel linguaggio, negli atteggiamenti, nelle reazioni collettive, cioè ovunque i limiti tra la finzione e la realt`, tra l'artificialit` e la normalit`, la parola d'ordine e la possibilit`, sono invalicabili. La metaforica "gita sul battello" che ci mostra Piwowski in Rejsè quindi, nel suo significato più vasto, l'espressione della carenza di valori in un mondo dove gli stereotipi ufficiali e le convenzioni collettive d'obbligo offuscano l'autentica intesa fra gli uomini, basata sulla libera espressione dell'"io" e della coscienza.

Krzysztof Metrak, Su "La crociera", in "Quaderno informativo", n. 26, Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro, 1971

Biografia

regista

Marek Piwowski

Regista, sceneggiatore. Nato a Varsavia il 24 ottobre 1935. Inizia a lavorare come giornalista, Nel 1968 si laurea alla Scuola Superiore di Cinema di Lódz. L anche regista di teatro televisivo. Recita anche come attore, come ad esempio in Walkower (1965) di Skolimowski, Trzeba zabic te milosc (Bisogna uccidere questo amore, 1972) di Morgenstern, Bilans kwartalny (Bilancio trimestrale, 1975) di Zanussi e nel suo film Przepraszam, czy tu bija? (1978).
Film: 1966: Przedial na sto i wieej osób (Lo scompartimento per cento e più persone), cm.; 1967: Mucholuk (Moschicida), cm; Kirk Douglas, cm.; Pozar, pozar, cos nareszcie dzieje sie (Al fuoco, al fuoco, finalmente succede qualcosa), cm. doc.; 1968: Dwie lewe rece (Due mani sinistre), cm. doc.; Sukces (Successo), cm. doc.; 1969: Psychodrama czyli bajka o Ksieciu i Kopciuszku wystawiona w zakladzie dla nieletnich dkiewczat w D. (Psicodramma o la favola del Principe e di Cenerentola messa in scena nel riformatorio per ragazze minorenni di D.), cm. doc.; Szesnascie miec lat (Avere sedici anni), cm. doc.; 1970: Rejs (La crociera); 1971: Korkociag (Il cavatappi), cm. doc.; Hair, cm. doc., tv; 1972: Psychodrama - edycja '72 (Psicodramma - edizione '72), cm. doc.; Tylko dla doroslych (Solo per adulti), cm, doc.; 1973: Zanim doszlo do smierci (Prima di arrivare alla morte), cm. doc.; 1975: Nalog (Vizio), cm. doc.; 1976: Przepraszam, czy tu bija? (Scusi, è qui la rissa?); 1980: Chomeini (Khomeini), cm. doc. tv; 1982; Magister Pólchlopek (Il Dott. Bifolco), cm. doc.; 1983: Bulgot (Gorgoglio), cm. doc.

Cast

& Credits

Regia: Marek Piwowski.
Sceneggiatura: Marek Piwowski, Janusz Glowacki.
Fotografia: Marek Nowicki.
Riprese: Andrzej Barszczynski.
Musica: Zygmunt Konieczny.
Interpreti: Stanislaw Tyrn, Jerzy Dobrowolski, Zdzistaw Maklakiewicz, Ryszard Pietruski, Jolanta Lothe, Wanda LotheStanislawska.
Produzione: "Iluzjon".
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