Nazione: Italia
Anno: 1948
Durata: 78'


Nella Berlino sconfitta e distrutta, avvolta in un'atmosfera di incubo e di fame, un ragazzo tredicenne, Edmund, deve provvedere alle necessit` della famiglia, composta dal vecchio genitore ammalato, del fratello maggiore, gi` appartenente all'esercito, ed ora fuggiasco, e dalla sorella, che la sera frequenta gli ambienti militari alleati. Il piccolo Edmund, per istigazione del suo vecchio maestro, al quale si rivolge per aiuto, avvelena il padre: i deboli e gli inutili debbono essere eliminati, perché i più forti, i migliori si salvino. Preso dal rimorso e dal dubbio, ritorna per lumi al maestro, che lo scaccia trattandolo da assassino. Abbandonato da tutti, brancola per le vie distrutte della citt`; passa di fronte ad una chiesa, dalla quale, col dolce suono di un organo, si sprigiona una promessa di vita; ma tira avanti. Salito sul campanile, vede la sua casa, dalla quale stanno portando via il padre morto e, disperato, si getta nel vuoto.

Segnalazioni cinematografiche C.C.C., vol. XXV, 1947


Germania anno zero, ultimo film del nostro più ammirato e discusso regista è di un voluto squallore e di una implacabile durezza che non possono non sconcertare quegli spettatori assuefatti da anni alle raffinatezze della celluloide californiana. Per giunta qui l'opera è stata presentata allo stato grezzo, con un montaggio non definitivo, e nell'edizione tedesca incomprensibile a molti tra i presenti. Il film vuol essere una crudele, e quasi documentariamente gelida analisi della dissoluzione di una Germania non solo prostrata ma addirittura annichilita dalla più grande sconfitta della sua storia: ed è chiaro che da un assunto del genere per nulla addolcito del "soave licor" caro al Tasso non potevano uscirne effetti spettacolarmente rasserenanti. Lo sconcerto e lo sgomento del pubblico furono tanto più sensibili in quanto si sa che ciò che mostra lo schermo non è fantasia d'un inscenatore pessimista, ma è la riproduzione spietata d'una non meno spietata realt`. In questo sinistro quadro la vivisezione di una miserabile famigliolatipo berlinese, dove una figlia giovinetta si prostituisce per le sigarette elargitele dai "sammies" e dove un bambino ammazza il genitore perché è malato e poi, compiuto il gesto orrendo, a sua volta si uccide, è l'esemplificazione tragica, il mostruoso non plus ultra di uno spaventevole sfacelo morale e materiale che il film cronisticamente documenta in pagine tremende, di una desolazione implacabile.

Achille Valdata, "Araldo dello Spettacolo", 28 luglio 1948


Nel 1947 ero a Parigi, ed ebbi l'idea di chiedere al governo francese l'autorizzazione a recarmi a Berlino per girarvi un film sulla Germania dopo l'armistizio: Germania anno zero doveva essere la terza pala del trittico sulla guerra. Misi in piedi l'affare con la Union Générale Cinématographique (UGC) e partii per la Germania senza alcun progetto preciso, ma per visitarla e trovarvi un'idea per il soggetto. Arrivai a Berlino in marzo, in auto; verso le cinque del pomeriggio, al tramonto del sole; bisognava attraversare tutta la capitale per arrivare al settore francese. La citt` era deserta, il grigio del cielo penetrava nelle strade e, all'altezza dell'occhio, si dominavano i tetti con lo sguardo; per ritrovare le strade sotto le macerie, erano stati spostati e ammucchiati i calcinacci; nelle fenditure dell'asfalto cominciava a spuntare l'erba; vi era un silenzio profondo e i pochi rumori, quasi un contrappunto, lo accentuavano ancor più; un muro spesso attraverso cui bisognava passare era costituito dall'odore dolciastro di materie organiche in decomposizione: si galleggiava su Berlino. Mi inoltrai per un'ampia strada; all'orizzonte, unico segno di vita, un grande cartello giallo; lentamente mi avvicinai a questa immensa insegna innalzata su un cubo di pietra davanti a un negozio dalla minuscola facciata e lessi: "Bazar Israel". I primi ebrei erano rientrati a Berlino, era proprio il simbolo della fine del nazismo.
L'ospitalit` dei quattro occupanti mi permise di frugare dappertutto e di ritornare a Parigi con un'idea molto chiara in testa del film. I tedeschi erano degli esseri umani come tutti gli altri: che cosa aveva potuto portarli a un simile disastro? Una falsa morale, essenza stessa del nazismo, l'abbandono dell'umilt` per il culto dell'eroismo, l'esaltazione della forza piuttosto che della debolezza, l'orgoglio contro la semplicit`? Perciò scelsi di raccontare la storia di un fanciullo, di un essere innocente che la distorsione di un'educazione utopistica spinge a compiere un crimine credendo di fare un gesto eroico. Ma la fiammella della morale non si è ancora spenta in lui: e si uccide per sfuggire al malessere e a questa contraddizione. Germania anno zero potei girarlo esattamente come volevo e oggi, quando rivedo questo film, sono ancora sconvolto dallo spettacolo; mi sembra che il mio giudizio sulla Germania fosse giusto, incompleto ma giusto.

Roberto Rossellini in L'avventurosa storia del cinema italiano, a cura di F. Faldini, G. Fofi, Feltrinelli, Milano 1979


In Germania anno zero, che gi` venne malvolentieri considerato un film neorealista, Rossellini lancia un grido (non emette un lamento: si sa quanto egli abbia sempre detestato questo atteggiamento, che assimilava alla sterile "denuncia" di tanti film impegnati tipicamente neorealisti). Questo grido, d'allarme, è provocato dalla riflessione "in negativo" su ciò da cui partiva il progetto di ricostruzione: le macerie, la citt` distrutta, bucata, lo sventramento che è la faccia "infernale" di quella estensione della casa alla strada e alla citt` che abbiamo visto in Roma citt` aperta; ed è provocato dall'eredit` culturale profonda, anch'essa di colorazione "infernale", con cui devono fare i conti le nuove generazioni, rappresentate da Edmund. Questa cultura che Rossellini analizza e critica con emotivit` tutta particolare può essere riassunta nel maestro nazista e omosessuale: è il grido d'allarme (non privo di ambiguit` che fanno di questo film uno dei più complessi ideologicamente di Rossellini) contro la perversione politica e sessuale, contro il dittatore, contro il prevalere degli istinti (bestiali) sulla ragione (umana), contro il superuomo nazista che sfida il mondo (in Stromboli, nel corso della lotta finale fra Karin e il vulcanoDio, non c'è sfida e uccisione di Dio, ma sua accettazione e incorporazione). Sulle macerie non si ricostruisce, né su ciò che ha prodotto queste macerie: è cioè il culto del dittatore che dirige bambini che non sanno né vogliono o possono sapere. Culto che però si manifesta anche come culto del padre: ed è qui che si produce un'ambiguit` in Rossellini, poiché i suoi rapporti con la cultura patriarcale sono complessi, e sostanzialmente egli è un patriarca, nonostante l'altra sua "anima", quella socratica che lo vuole né padre né madre ma puerpera, maieuta. Ma questo è uno dei discorsi importanti da fare su Rossellini e che qui per ragioni di spazio non posso sviluppare. Uccidendo suo padre, Edmund sancisce la vittoria del padre malefico, del demone ispiratore (non tanto il maestro quanto la "voce" del suo MabuseHitler, che sentiamo attraverso un disco); suicidandosi, egli si d` come vittima sacrificale, senza che un'alternativa sia posta se non dalla glaciale lunarit` del film, dal suo essere un'esplicita radiografia dell'inferno. La "colpa" di Edmund e la conseguente espiazione stanno nel parricidio; ma questo parricidio è mostrato nello stesso tempo come il gesto più avanzato, a livello morale (ma forse anche oltre la morale: si sente un'eco di Nietzsche), che un individuo potesse compiere di fronte all'apatia e al vittimismo imperanti. Edmund "resiste" a questa apatia e a questo vittimismo, ma "va all'inferno". E Rossellini, che dovrebbe logicamente condannare Edmund, scandalizzato dall'ipotesi di un tale verdetto ribalta le cose, e ne fa un santo, commette a suo modo una eresia e anticipa quelle sante eroine che saranno le protagoniste di Il miracolo, Stromboli, Europa 51. (La donna di Una voce umana invece è "dannata": ma alla sua arte è dedicato il film).
Con Germania anno zero Rossellini si stacca, per così dire, da terra. La caduta di Edmund il suo "volo" sarei anche tentato di dire sancisce l'impossibilit` di costruire sulle macerie, l'impossibilit`, per un orientamento che guarda al futuro, di restare attaccati alla poesia del neorealismo, di ostinarsi a una descrizione di fatti, di "accaduto" e di "vissuto" senza inserirlo in una prospettiva generale.

Adriano Apr` in Il Neorealismo cinematografico italiano, a cura di Lino Micciché, Marsilio, Venezia 1975

Biografia

regista

Roberto Rossellini

Roberto Rossellini (Roma, 1906-1977) ha cominciato a lavorare nel cinema durante il fascismo. Emerso nel dopoguerra con i capolavori neorealisti Roma città aperta (1945), Paisà (1946) e Germania anno zero (1947), ha poi realizzato opere che indagano la solitudine, l’alienazione e la crisi della coppia – Stromboli terra di Dio (1950), Europa 51 (1952), Viaggio in Italia (1954) –, sempre sorretto da uno stile sperimentale e aperto su una realtà indagata con sguardo soggettivo. Negli anni Sessanta è passato alla televisione dedicandosi al cinema storico e didascalico.

FILMOGRAFIA

filmografia essenziale/essential filmography
La nave bianca (1941), Un pilota ritorna (1942), L’uomo della croce (1943), Roma città aperta (1945), Paisà (1946), Germania anno zero (1947), L’amore (ep. Una voce umana, 1948), La macchina ammazzacattivi (1948), Stromboli terra di Dio (1950), Francesco giullare di Dio (1950), Europa 51 (1952), Dov’è la libertà (1953), Viaggio in Italia (1954), Giovanna d’Arco al rogo (1954), La paura (1954), Le psychodrame (1956), India (1958), Il generale Della Rovere (1959), Era notte a Roma (1960), Viva l’Italia (1960), Vanina Vanini (1961), Anima nera (1962), La presa del potere da parte di Luigi XIV (tv, 1966), Atti degli apostoli (tv, 1968), Socrate (tv, 1970), Pascal (tv, 1971), Agostino d’Ippona (tv, 1972), Anno uno (1974), Il Messia (1975).

Cast

& Credits

Regia: Roberto Rossellini.
Soggetto: Roberto Rossellini (da un'idea di Basilio Franchina, non accreditato).
Sceneggiatura: Roberto Rossellini, Carlo Lizzani.
Fotografia: Robert Julliard.
Scenografia: Piero Filippone.
Musica: Renzo Rossellini.
Montaggio: Eraldo Da Roma.
Interpreti e personaggi: Edmund Meschke (Edmund Koehler), Ernst Pittschau (il padre di Edmund), Ingetraud Hinze (Eva, sorella di Edmund), Franz Krüger (KarlHeinz, fratello di Edmund), Erich Gühne (Enning, il maestro), Babsy Reckwell (Joe), Alexandra Manys (Christal), Hans Sangen, Heidi Blänkner (i signori Rademaker), Barbara Hintz (Thilde), il conte Franz Treuberg (il generale von Laubniz), Karl Krüger (il medico), Christi Merker, Jo Herbst.
Produzione: Tevere Film in collaborazione con Salvo D'Angelo Produzione (Roma) Sadfi (Berlino) UGC (Parigi).
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