Nazione: Italia
Anno: 1946
Durata: 84'


Ernesto e Carlo, due amici, tornano in patria dalla prigionia. Ma mentre Carlo ritrova la sua bambina e riprende il lavoro nella segheria, in montagna, Ernesto precipita nella vita convulsa della città. La madre è morta, la sorella, Maria, scomparsa. Invano Ernesto tenta di ricostruirsi una vita: il destino lo spinge verso l'abisso. Una sera egli incontra Maria in una casa equivoca. Vuole salvarla, ma l'uomo che ha sfruttato la ragazza gli sbarra il passo. Una lotta disperata, che culmina con la morte dell'uomo. Ma anche Maria muore. Ernesto è ormai un fuorilegge: diventa capo di una banda di malviventi, alleato a una donna equivoca, Lydia. Unico raggio di luce, le lettere di Carlo e della bambina, Rosetta. Finché un giorno, braccati dalla polizia, Ernesto e i suoi uomini, nel tentativo di passare il confine, rubano un'automobile in cui viaggia Rosetta. Ernesto difende la piccina contro i suoi stessi compagni e, postala in salvo, va volontariamente incontro alla morte, come per purificarsi e redimersi.

Dal visto di censura del 8 novembre 1946


Se Lattuada ambiva, come sembra in principio, a darci il dramma diffuso del ritorno angosciante, non lo doveva far sboccare nel caso singolare, tutto coincidenze e combinazioni accomodate e per nulla sufficienti a spiegare il subitaneo trapasso dalla bontà all'efferatezza. Se preferiva rappresentare il rigurgito postbellico dei bassi istinti nelle indoli già bacate, disancorate violentemente da ogni fondo morale, bisognava che non si desse la briga di attutirne l'esplosione con il silenziatore del sentimentalismo. Guardando un po' di qua e un po' di là, il suo film ha un incedere sbilenco dopo la prima parte, che è la sola che conti come prova di coerente costruzione cinematografica su stati d'animo sentiti.
Si potevano ancora ottenere, forse, una certa unità psicologica e un risentito risalto spettacolare nel contrapporre crudamente ai motivi interiori iniziali un'aperta brutale violenza, segno d'un totale esasperato traviamento scaturito da avverse esperienze. Alle sparatorie, allora, non si dovevano intercalare i ritornelli patetici del furto a scopo filantropico, dell'accorata tenerezza per una bimba ignota, del volontario sacrificio espiatorio, dell'agonia con nella mano, stretto, il balocco infantile, che dànno a vedere negli sceneggiatori e nel regista la proficua intenzione di appagare il gusto corrente, non il lodevole proposito di veder chiaro in un'anima.
Anche dopo questo Bandito di composita superficiale ispirazione francoamericana, che segue la salottiera e romanzesca Freccia nel fianco, davvero inaspettata dall'autore di Giacomo l'idealista, è giocoforza rimandare a un prossimo incontro la valutazione delle effettive possibilità dell'autentico temperamento di Lattuada, dal quale mi picco aspettare qualcosa di convinto e di convincente.
Non voglio invece lasciar passare la fortunata occasione per dire d'aver visto un Amedeo Nazzari insolitamente contenuto, inconsuetamente vigilato proprio laddove c'era da aspettarsi che si lasciasse andare senza ritegno ai suoi impeti facinorosi. Anna Magnani rifà a memoria il suo tipo obbligatorio di donnaccola volgare nel quale va sciupando le parecchie doti che madre natura le ha fornite, degnandola a diventare una delle nostre attrici di maggior rendimento. Di Carla Del Poggio si rammenta doverosamente una gamba sgusciata dall'inguine in giù di egregia fattura.

Carlo A. Felice, "Film", n. 37, 1946


Con la cultura cinematografica che Lattuada ha maturato nel periodo milanese, il regista fa del Bandito un film unico nel panorama dell'immediato dopoguerra: certamente un film neorealista sui generis, ma soprattutto il film di un cinefilo, di uno studioso, che accoglie ciò che proviene dallo schermo e lo utilizza per raccontare le sue storie (l'interesse del film sta proprio in questa estrema capacità di funzionalizzazione di pratiche filmiche provenienti da generi, autori e culture differenti). Su un altro versante, la continua attenzione al momento "formale" (è curioso però che Lattuada sia stato classificato come "formalista" per Giacomo l'idealista e non per Il bandito) ha il suo rovescio nella eccessiva approssimazione con cui le suggestioni della realtà del dopoguerra sono organizzate in racconto e personificate nel protagonista: un eroe romantico, anacronistico, che uccide ma porta nel taschino la foto della sorella morta, rapina e poi distribuisce il bottino ai poveri della città e manda il paccodono al suo commilitone. Molto tempo dopo (ma francesi e sovietici lo fanno subito) la critica distinguerà i valori cinematografici del film dalla frettolosità e dall'incongruenza di certe proposte "di contenuto" [ ... ].

Claudio Camerini, Alberto Lattuada, La Nuova Italia, Firenze 1981

Biografia

regista

Alberto Lattuada

Alberto Lattuada (Milano, 1914), figlio di un noto compositore, studia architettura e si dedica all'attività di critico d'arte e cinematografico. Negli anni '40 fonda, insieme con Gianni Comencini e Mario Ferrari, la Cineteca Italiana di Milano. Collabora come sceneggiatore a Piccolo mondo antico (1941) di Mario Soldati e a Sissignora (1941) di Ferdinando Maria Poggioli. Esordisce nella regia con Giacomo l'idealista (1942), seguito poi da La freccia nel fianco (1945). Con la Lux realizza alcuni dei più importanti film del dopoguerra, come Il bandito (1946) e Il mulino del Po (1949). Nel 1951 dirige con Federico Fellini Luci del varietà. La spiaggia appartiene ad uno dei generi più amati da Lattuada, quello della satira di costume.

FILMOGRAFIA

Giacomo l'idealista (1942), La freccia nel fianco (1945), Il bandito (1946), Il delitto di Giovanni Episcopo (1947), Senza pietà (1948), Il mulino del Po (1949), Luci del varietà (1951), Anna (1952), Il cappotto (1952), Amore in città (1953), La lupa (1953), La spiaggia (1953), Scuola elementare (1954), Guendalina (1957), La tempesta (1958), Dolci inganni (1960), Mafioso (1962), Don Giovanni in Sicilia (1967), Fraulein Doktor (1969), Venga a prendere il caffè… da noi (1970), Sono stato io (1973), Le farò da padre (1974), Cuore di cane (1976), La cicala (1980), Cristoforo Colombo (tv, 1985), Una spina nel cuore (1986).

Cast

& Credits

Regia e soggetto: Alberto Lattuada.
Sceneggiatura: Oreste Biancoli, Mino Caudana, Ettore Maria Margadonna, Alberto Lattuada, Tullio Pinelli, Piero Tellina.
Fotografia: Aldo Tonti.
Scenografia: Luigi Borzone.
Musica: Felice Lattuada.
Montaggio: Mario Bonotti.
Interpreti e personaggi: Amedeo Nazzari (Ernesto Bruneri), Anna Magnani (Lydia), Carla Del Poggio (Maria), Carlo Campanini (Carlo), Eliana Banducci (Rosetta), Foleo Lulli (Andrea), Gianni Appelius (Calligaris), Aimaretti (la padrona), Mino Doro (Mirko), Mario Perrone (il Gobbo), Amato Garbini (il tenutario), Madrigali (il negriero).
Produzione: Dino De Laurentiis per Lux Film.
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