Nazione: Italia
Anno: 1949
Durata: 107'


L'azione ha luogo sul Po, nel Ferrarese, verso la fine dell'800. Sul mulino galleggiante degli Scacemi si festeggia il fidanzamento di Berta con il giovane contadino Orbino Verginesi. Le condizioni difficili dei mugnai oppressi dalle esose tasse, e l'insofferenza dei contadini verso i loro padroni, acuite dalla propaganda del nascente socialismo, determinano presto vaste agitazioni e un'aperta opposizione alle autorit`. Il giovane erculeo Princivalle, fratello di Berta, per scongiurare la confisca del mulino ad opera della finanza che ha scoperto irregolarit`, incendia la macina. In seguito a ciò e all'arresto di Princivalle gli Scacemi sono ridotti in miseria; Berta è costretta ad andare a servizio dai Verginesi. Il suo matrimonio con Orbino vien rimandato a tempi migliori. Il proprietario, deciso a piegare i suoi contadini con la forza, cerca di conquistare Orbino offrendogli una vantaggiosa mezzadria che gli consenta di sposare Berta; ma contemporaneamente intima lo sfratto agli altri Verginesi, avendo saputo della loro affiliazione alla lega socialista.
È proclamato, allora, lo sciopero generale che raggiunge fasi drammatiche. L'intervento dei soldati, richiesto dai proprietari, provoca disordini, durante i quali vengono arrestate due donne dei Verginesi. Mentre la folla tumultua perché siano rilasciate le due donne, sopraggiunge Orbino con Berta. Questa, in quanto appartenente a famiglia di mugnai non solidale con gli scioperanti, viene percossa e insultata, mentre Orbino è trattenuto a viva forza dai suoi. Berta si rifugia sul mulino, ove Princivalle decide di vendicarla.

In paese Princivalle incontra Smarazzacucco e costui, vile e malvagio, per salvarsi dalla furia minacciosa di Princivalle accusa Orbino di aver per primo dileggiato Berta. Princivalle, fuori di sé, raggiunge la fattoria dei Verginesi, ove Orbino sta preparando il bagaglio per unirsi a Berta per sempre. Princivalle, senza dargli tempo di parlare, lo aggredisce e, dopo una lotta furiosa, lo uccide. Orbino, mentre sta per spirare, gli affida un estremo saluto per Berta; allora Princivalle, disperato, si allontana senza meta fra i campi.
Smarazzacucco, conscio della sua responsabilit`, getta il cadavere nel Po. Secondo una credenza dei fiumaroli, l'anima dell'annegato può aver pace soltanto se la persona che gli ha voluto bene lo accoglier` allorché il fiume lo restituisce. La sera, in mesto corteo, la vecchia Cecilia e Berta in gramaglie, con Princivalle e un vecchio pratico del fiume si avviano verso un gomito del Po dove per solito rialfiorano gli annegati. E lì Berta raccoglie con angoscia il corpo del giovane amato.

Documentazione stampa d'epoca


Dalla lettura del romanzo di Bacchelli si ricava, alla fine, un'immagine viva e completa della vita italiana ed è questa la ragione per la quale ho accettato con entusiasmo la proposta della Lux di ridurre per lo schermo il terzo volume dell'opera.
Nella letteratura italiana moderna, anche quella dei migliori scrittori, la nostra societ` appare sempre rappresentata in caratteri individualistici o al più in caratteri di una sola classe, ed è così che nella mente dell'italiano, le nostre province sono perennemente popolate di farmacisti, medici condotti, contadini ipocriti, marescialli dei carabinieri. Può darsi che le secolari tradizioni auliche dei nostri scrittori abbiano ostacolato un vero accostamento sociale alla vita del popolo e qui, penso, sarebbero da cercarsi le cause che ritardano indefinitamente la fioritura del nostro romanzo.
L'incontro con Bacchelli mi ha dato la possibilit`, appunto, di restituire al popolo italiano un'immagine propria di dimensioni inconsuete, di grande dignit` e altezza morale, di vedere con chiarezza espressi i tormenti e le passioni di una societ` in continuo fermento, spinta e risospinta, dalla povert`, alla ricerca di impossibili assestamenti ed equilibri, di rappresentare il dramma obbiettivo che è di tutti i tempi e, ancor oggi, del nostro.
Ecco perché il protagonista del film, che è il popolo degli agricoltori italiani, esce dal racconto senza un accento di chiusura, esce gridando che vuole "giustizia" e si perde nel futuro, sempre incerto, della sua storia.
Ed anche l'amore non può trovare luogo degno d'accoglienza in tanto ribollire di odi e il frutto amaro di questa lotta senza fine, purtroppo sempre concreta nelle sue ragioni e cause, è in questa negazione tragica di requie. Che se in Manzoni prevalse un pessimismo temperato da fiducia nella superiore provvidenza, in Bacchelli, classico scrittore del nostro tempo, questa consolazione non c'è: egli riscatta la tragedia nel lirismo e si illumina della sola speranza, la quale non può spegnersi se non con la distruzione dell'uomo. Ed ecco perché il film, pur essendo in costume, mi pare attualissimo.

Alberto Lattuada, Documentazione stampa d'epoca


L'idea di fare Il mulino del Po è di Gatti, della Lux, che amava l'opera di Bacchelli. Io avevo letto solo il terzo libro; ho letto ancora gli altri due, ma discutendone con Gatti ci siamo soffermati sul terzo come sul più adatto a un film, e abbiamo cominciato a carezzare questo progetto insieme. Per questo film la preparazione è stata lunga e molto accurata, e la lavorazione lunga, faticosa. Quando uscì fui attaccato da destra e da sinistra; da sinistra perché, dicevano, non avevo risolto con una indicazione precisa la strada da seguire, da destra perché avevo girato uno sciopero talmente provocatorio, per l'epoca, eravamo nel '48, per cui nei cinema l'aria vibrava di una tensione simile a quella di quelle scene, piuttosto cocente. In quel momento, insomma, ho e sono orgoglioso di avere scontentato un po' tutti, perché avevo presentato in pratica la condizione dell'Italia.
La Lux fece ricostruire un intero mulino per questo film, la cui lavorazione fu avventurosa quasi quanto quella di Senza piet`. Ci fu la piena del Po, che si trascinò via tutto il mulino con sé, ma questo era previsto, e girammo una scena molto impressionante. Un giorno si scatenò un temporale, anche questo previsto e quindi bene accetto, in una scena di mietitura, e la povera Carla ci dette sotto animatamente, in mezzo all'infuriare degli elementi, ma non avevamo previsto un fulmine, che si scaricò proprio sulla sua falce, scaraventandola a terra in un boato assordante. Dovette essere ricoverata per lo choc, e ci mise una settimana a riprendersi del tutto...

Aldo Tonti in L'avventurosa storia del cinema italiano, a cura di F. Faldini, G. Fofi, Feltrinelli, Milano 1979


Ambiziosissimo negli assunti, il film si inquadra nel Ferrarese fine Ottocento, ricco di fermenti sociali e di lotte politiche: proprietari contro i contadini e mugnai contro le gravose tasse governative e viceversa. "L'incontro con Bacchelli", riferisce Lattuada, "mi ha dato la possibilit`, appunto, di restituire al popolo italiano un'immagine propria di dimensioni inconsuete, di grande dignit` e altezza morale, di vedere con chiarezza espressi i tormenti e le passioni di una societ` in continuo fermento, spinta e risospinta, dalla povert` alla ricerca di impossibili assestamenti ed equilibri, di rappresentare il dramma obiettivo che è di tutti i tempi e, ancor oggi, del nostro". Film corale dunque, storico e sociale che, preoccupato dalla accennata obbiettivit`, Lattuada non è riuscito a costruire con una architettura precisa e "razionale", con la chiarezza necessaria alla vicenda e agli assunti. E non perché, ad esempio "il popolo degli agricoltori italiani esce dal racconto senza un accento di chiusura" quanto per il fatto che la "giustizia" che invoca e grida nasce da una umanit` non introspettivamente definita, da una visione del mondo schematica e non criticamente suggerita, dalla esposizione di fatti e non nei fatti, in modo da ricercare nell'intimo fenomeni storici e sociali. Ecco così che i personaggi diventano verbosi, appartengono più al "cliché" dialettale (e in questo si avverte l'influenza di Soldati) che a figure artisticamente elaborate e create; e la natura (il Po, il Ferrarese) non sempre si fonde con i personaggi e il loro dramma, ma serve piuttosto a far risaltare gli abbondanti valori formali del film: quei valori che erano alla base di Giacomo l'idealista, prefazione a Il mulino del Po. Non mancano comunque sequenze in cui esiste un equilibrio tra i vari elementi compositivi stilistici ed umani. Nella carriera di Lattuada questo film è significativo, gli può indicare una via.

Guido Aristarco, "Cinema", n. 19, 31 luglio 1949


Ne Il mulino del Po Berta (Carla Del Poggio, qui molto bella e molto brava, diretta come neppure John Ford ha mai diretto Maureen O'Hara) è "anche" (e soprattutto?), rompiscatole, lagnosa, ed è lei che con le sue parole sprona l'ignorante Princivalle ad uccidere Orbino (biondo e delicato come un santino, con le mani esili da Sant'Antonio iconografico). Bacchelli la fa star più zitta. Nel film combina guai, soprattutto nel finale; prima, durante il ballo sull'aia, interrotto dalla crisi isterica di Dina Sassoli (la sorella di Jacques Sernas, Orbino) che gliene dice quattro, neppure tutte sbagliate. E intorno ad un asse pietistico, "popolare" secondo il codice del cinema italiano del secondo dopoguerra, che Lattuada fa ruotare l'altro film delle verifiche. Tuttavia, dal romanzo di Bacchelli viene tolto quanto non sembri filmico nell'economia dell'opera. Berta, come la Jezebel di Wyler o la Rossella di Fleming, è una "dramatis persona" che funge anche da "deus ex machina": fa sciogliere intrecci del dramma, d` a suo modo una soluzione rapida, ed anche schematica, all'insieme.

Giuseppe Turroni, Alberto Lattuada, Moizzi, Milano 1977

Biografia

regista

Alberto Lattuada

Alberto Lattuada (Milano, 1914), figlio di un noto compositore, studia architettura e si dedica all'attività di critico d'arte e cinematografico. Negli anni '40 fonda, insieme con Gianni Comencini e Mario Ferrari, la Cineteca Italiana di Milano. Collabora come sceneggiatore a Piccolo mondo antico (1941) di Mario Soldati e a Sissignora (1941) di Ferdinando Maria Poggioli. Esordisce nella regia con Giacomo l'idealista (1942), seguito poi da La freccia nel fianco (1945). Con la Lux realizza alcuni dei più importanti film del dopoguerra, come Il bandito (1946) e Il mulino del Po (1949). Nel 1951 dirige con Federico Fellini Luci del varietà. La spiaggia appartiene ad uno dei generi più amati da Lattuada, quello della satira di costume.

FILMOGRAFIA

Giacomo l'idealista (1942), La freccia nel fianco (1945), Il bandito (1946), Il delitto di Giovanni Episcopo (1947), Senza pietà (1948), Il mulino del Po (1949), Luci del varietà (1951), Anna (1952), Il cappotto (1952), Amore in città (1953), La lupa (1953), La spiaggia (1953), Scuola elementare (1954), Guendalina (1957), La tempesta (1958), Dolci inganni (1960), Mafioso (1962), Don Giovanni in Sicilia (1967), Fraulein Doktor (1969), Venga a prendere il caffè… da noi (1970), Sono stato io (1973), Le farò da padre (1974), Cuore di cane (1976), La cicala (1980), Cristoforo Colombo (tv, 1985), Una spina nel cuore (1986).

Cast

& Credits

Regia: Alberto Lattuada.
Sceneggiatura: Federico Fellini, Tuilio Pinelli, Riccardo Bacchelli, Mario Bonfantini, Alberto Lattuada, Carlo Musso, Sergio Romano, dal romanzo omonimo di Riccardo Bacchelli.
Fotografia: Aldo Tonti.
Scenografia: Aldo Buzzi.
Soggetto: Maria de Matteis.
Musica: Ildebrando Pizzetti.
Montaggio: Mario Bonotti.
Interpreti e personaggi: Carla Del Poggio (Berta), Jacques Sernas (Orbino), Mario Besesti (il Clapassòn), Giulio Calì (Smarazzacucco), Anna Carena (L'Argia), Giacomo Giuradei (Princivalle), Leda Gloria (la Sniza), Nino Pavese (Raibolini), Isabella Riva (Cecilia), Dina Sassoli (Susanna), Domenico Viglione Borghese (Luca), Edith Bieber, Mario Cavicchioni, Pina Gallini, Luigi Lazzarini, Enrico Mazzoli, Pasquale Misano, Annamaria Pinti, Tazio Pozzi, Alfredo Ragusa, Bruno Salvalai, Gildo Spaggiari.
Produzione: Carlo Ponti per Lux Film.
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