Nazione: Italia
Anno: 1945
Durata: 94'


Un presunto assassino sta per essere condannato a morte in base alla deposizione di un testimone assolutamente convinto della infallibilità del proprio orologio. Ma quando si accorge che l'orologio, come tutte le cose umane, è soggetto ad errori e difetti, il testimone si affretta a rimangiare la deposizione e a battersi perché l'imputato venga assolto. Questi viene infatti prosciolto dall'accusa e rimesso in libertà ma, benché la vita gli sia facile, la sua coscienza gli rimorde e la presenza del testimone che è stato arbitro della sua vita lo ossessiona al punto che si decide a sopprimerlo. Ma non può porre in esecuzione l'insano gesto e dopo una crisi interiore, ritorna spontaneamente in prigione per espiare la propria colpa.

Segnalazioni cinematografiche C.C.C., vol. XX, 1946


Pietro Germi, regista del Testimone, è scevro da calcoli e da furberie. Anzi, uno dei suoi più perentori impegni sembra sia di scartare ogni blandizia. Ha cominciato a scegliere una prim'attrice tutt'ossa. Marina Berti, e un tetro primo attore, Roldano Lupi (che c'è anche in Malia, ma vi fa da "spalla" al Brazzi incantatore) e li ha messi a patire in case di miseria, in uffici scalcinati, nell'aule dei,tribunali, in prigione: proprio nel regno dei condannati a morte. Quel po'di campagna che ai due dà ristoro, è come un'arida landa intricata; il fiume, su cui per un'ora respirano di sollievo, ha l'acqua densa e torbida. Nessuno di fuori interviene mai ad allentare l'incubo a cui soggiacciono la sguattera sventurata, l'ossessionato meccanico omicida, il vecchio maniaco, i quali si girano spietatamente d'intorno facendosi, senza volerlo, sempre più male.
Ne convengo: la storia non è divertente. Ma è appunto nell'accoramento che riesce a comunicare, che si riconoscono l'intelligenza e il sentimento di chi la racconta. Se mai, si può trovar da ridire che non sia addirittura ossessionato come vorrebb'essere; ma siccome l'incompleta comunicativa dipende massimamente dalla soggezione dell'autore a illustri ricordi letterari, dalla suggestione che gli viene da eccellenti modelli cinematografici (troppo evidenti per prendersi la briga di enumerarli), l'appunto si risolve in una lode a chi mostra l'ambizione di trovare la sua strada orientandosi fra gli egregi esempi. Anche il naturale impaccio dell'esordiente attenua o disperde parecchi effetti drammatici o patetici, ma la tecnica non dev'essere molto difficile da imparare, se la sanno ormai tanto bene in tanti.

Carlo A. Felice, "Film", n. 25, 1946


Il testimone sembra un film molto ambizioso e insomma piuttosto riuscito. C'è una città che si ignora, provvista di un fiume (Torino?), c'è un condannato a morte che lasciano andare perché l'unico testimonio a carico ha dei dubbi, e non si sa sino all'ultimo se è colpevole; c'è insomma un film d'atmosfera, che vuoi dire un tentativo ardito, almeno qui in Italia, di non fare del cinema solito. A noi il film è piaciuto [...].
Il racconto, sincero e ossessionato, pesa tutto sulle spalle di Roldano Lupi che in certi momenti è costretto a piegare, spossato, sotto l'eccessivo peso; mentre Marina Berti (ci rifiutiamo di chiamarla Melrose!) se la cava benissimo. È una donna puntuta (Dio mio, com'è magra) con un sexappeal formidabile, un tipo di donna come ce ne sono poche nel mondo: intendiamo quel tipo di brutte che alla fine dei conti rendono di più di Rita Hayworth.

p.b. [Pietro Bianchi], "La Critica Cinematografica", n. 2, 1946

Cast

& Credits

Regia e soggetto: Pietro Germi.
Supervisione: Alessandro Blasetti.
Sceneggiatura: Diego Fabbri, Pietro Germi, Cesare Zavattini, Enrico Ribolsi.
Fotografia: Aldo Tonti.
Scenografia: S. D'Angelo, A. Tomassini.
Musica: Enzo Masetti, diretto da Franco Ferrara.
Montaggio: Gisa Radicchi Levi.
Interpreti e personaggi: Roldano Lupi (Pietro Scotti), Maurine Melrose [Marina Berti] (Linda), Ernesto Almirante (Giuseppe Marchi), Sandro Ruffini, Cesare Fantoni, Arnoldo Fo`, Dino Maronetto, Marcella Melnati, Alfredo Salvatori, Pietro Sciarò, Carlo Fuelli.
Produzione: ORBIS.
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