Nazione: Italia
Anno: 1945
Durata: 100'


Durante i nove mesi dell'occupazione nazista di Roma, la polizia tedesca è sulle tracce di un ingegnere che è a capo di un movimento della resistenza. Il giovanotto sfuggito in tempo alla perquisizione nel suo appartamento, trova rifugio nella casa di un parroco della periferia, benemerito della lotta contro l'oppressore. Ma la delazione di una attricetta che ebbe una relazione con l'ingegnere, attratta dal miraggio di lauti guadagni, porta all'arresto dell'ingegnere e del parroco. Sottoposti a crudeli sevizie perché rivelino i nomi dei loro compagni i due resistono eroicamente e, mentre il giovane perde la vita sotto i ferri di tortura, il prete, contro il quale si sfoga inutilmente la bestiale ira dei poliziotti, viene condannato alla fucilazione.

Segnalazioni cinematografiche C.C.C., vol. XIX, 1945


A quali motivi si deve il successo di questo film di Rossellini? Soprattutto, secondo noi, alla limpidezza del caso. Troppo spesso i film italiani non sono riferibili ad una formula estetica ben definita. In Roma citt` aperta, invece, il principio dell'arte veristica è chiaramente e vigorosamente applicato. I personaggi parlano in romanesco oppure in tedesco, gli ambienti sociali ci sono presentati testualmente come appunto nelle commedie e i drammi dialettali interpretati da Fabrizi e dai De Filippo, gli stessi fatti sono coordinati e raccontati in maniera cronachistica, senza omissioni neppure dei particolari più crudi come per esempio la tortura, senza intrusioni della fantasia o della retorica. Il film che vuole descrivere un episodio della resistenza a Roma e precisamente quello di Don Morosini, segue la linea semplice e sicura seppure poco immaginosa di una documentazione esauriente ai fini della propaganda patriottica e politica. Il successo di questo genere di film si deve soprattutto al maggiore o minor numero di fatti da elencare: nel caso, per fortuna di Rossellini, i fatti erano molto precisi. Roma citt` aperta è l'ottima requisitoria di un accusatore che non ha alcun bisogno di frasi retoriche o di argomenti capziosi per convincere gli spettatori.
Alcuni episodi, come per esempio quello della perquisizione nel casamento popolare nella prima parte, alcune riprese di strade e di interni romani hanno tuttavia un potere di suggestione poetica. I personaggi sono evidenti ed elementarmente scolpiti. Degli attori vanno particolarmente ricordati la Magnani appassionata ed efficace, Fabrizi assai sobrio, Feist, e l'esordiente ma gi` sicuro Pagliero. Grandjacquet, Maria Michi, Giovanna Galletti, in parti minori, non sono da meno. Bravissimo il ragazzo Vito Annichiarico.

Alberto Moravia, "La Nuova Europa", n. 9, 30 settembre 1945


È un film notevole. Gi` ai tempi del regime, Rossellini aveva dato della propria regia un paio di saggi che lo allineavano tra i più dignitosi cineasti nostri, non solo dal punto di vista estetico, ma anche da quello politico. Resistere alla retorica, allora, era difficile; ma forse ancora più arduo era opporvisi all'indomani della liberazione in un film sulla resistenza. Non nascondiamo che, affrontando la prova, eravamo noi stessi prevenuti. Invece, non c'è nulla da eccepire. E crediamo di non dire niente di esagerato, affermando che questa è forse la prima pellicola europea del dopo guerra che può reggere vittoriosamente il confronto con quelle americane sulla lotta antifascista. Delle due ore di spettacolo solo dieci minuti ci sono dispiaciuti: quelli della tortura, che avremmo preferito più sottintesa. Per il resto, Rossellini ha diretto con implacabile mano, senza mai consentire agli attori di recitare, senza nulla concedere alla propaganda, senza nemmeno lasciar pronunciare una sola volta la parola "fascismo". Anche i tedeschi sono stati resi con una generosit` da grande sportivo: belli, crudeli e corretti. Tutti bravi: anche i ragazzini, anche Fabrizi. Insomma, quasi un miracolo.

Indro Montanelli, "Corriere d'informazione", 24 ottobre 1945


L'idea del mio primo film importante, Roma citt` aperta, me l'hanno suggerita gli eventi di quei giorni. Insieme al mio sceneggiatore, Sergio Amidei, ho cominciato a buttare giù il soggetto. Abbiamo incominciato a girare appena due mesi dopo la liberazione di Roma. Nonostante la mancanza quasi totale di pellicola, abbiamo girato la maggior parte delle scene in esterni, nei luoghi dove si erano effettivamente svolti i fatti che noi ricostruivamo. Per poter cominciare il film ho venduto il letto. Poi è stata la volta di un cassettone e di un armadio a specchi. Il resto ha fatto la stessa fine. Ho dovuto prendere soldi a prestito e ho capito abbastanza in fretta che ne avrei potuti prendere altri a condizione di renderli a tempo debito. È stato così che con l'aiuto di un gruppo di amici sono riuscito a mettere insieme i 7 o 8 milioni di lire che ci servivano. Siamo persino riusciti ad affittare uno studio per le scene ambientate nella sede della Gestapo. Inizialmente Roma citt` aperta era un film muto, non per scelta ma per necessit`. La pellicola costava 60 lire al metro e per ogni scena avremmo dovuto spendere centinaia di lire in più se avessimo voluto registrare il sonoro. Una volta finito e montato il film, abbiamo chiesto agli attori di doppiarsi, e siccome sono un tecnico molto negligente, confesso che ci sono alcuni passaggi in cui il movimento delle labbra non coincide sempre con le parole...

Roberto Rossellini, Intervista a cura di Georges Sadoul, "L'Ecran Français", n. 72, 12 novembre 1946


Finalmente. Un nostro film che è "nostro", sentito e sincero, meditato e sofferto; un film che affonda le sue radici nel nostro più recente passato, e sa esprimerlo con una semplicit` pensosa, immune d'incrostazioni retoriche, di virtuosistiche variazioni. Roma citt` aperta ci rievoca. l'inverno che Roma dovette subire durante l'occupazione nazista; e quelle ore, quelle ansie e quelle angosce rivivono nella vicenda una e molteplice che è ogni giorno vissuta in un grosso casamento di un rione popolare. Film corale, d'ambiente; e con lo spicco di questo o quel protagonista prescelto dal dramma e dalla morte, consacrato dalla resistenza ferma, disperata, suprema. Si sta delineando, in alcuni Paesi, la cosiddetta "letteratura della Resistenza"; se avesse a delinearsene anche un cinema, possiamo fin d'ora essere certi che il film di Rossellini ne sar` ai primissimi posti. I maggiori difetti che gli si potrebbero imputare sono in tutto e per tutto dei piccoli nèi; e le sequenze perfette di taglio, di ritmo, d'atmosfera costituiscono gran parte del film. Andatevelo a vedere, non lasciatevi sfuggire quest'ottima occasione per sinceramente ricredervi sulle più vere possibilit` del nostro cinema.

Mario Gromo, "La Nuova Stampa", 18 novembre 1945


Roma citt` aperta fu salutato, retrospettivamente, come il film che diede origine al cosiddetto neorealismo cinematografico italiano, a quella "scuola", o "tendenza", o "movimento", che soprattutto all'estero riscosse un'attenzione critica viva e partecipe: a Parigi dove Roma citt` aperta e Pais` furono proiettati nel 1946 , negli Stati Uniti dove Roma citt` aperta uscì nel febbraio del 1946 , altrove, in Gran Bretagna, in Germania. Si parlò allora, esplicitamente, di una scuola italiana, di un modello cinematografico che aveva proprie caratteristiche contenutistiche e formali, alquanto diverse da quelle consuete, non soltanto del cinema hollywoodiano, ma anche di quello europeo, francese in particolare. L'americano Ira Peck poteva scrivere che il film comunicava il senso dell'autenticit` del cinegiornale e possedeva un realismo "che i film di Hollywood erano solo disposti a suggerire"; ma si compiaceva anche del fatto che il Centro Cattolico Cinematografico aveva definito il film "molto spirituale" e che il Vaticano ne aveva acquisito una copia per i suoi archivi. E il francese Jean Desternes, che a Roma citt` aperta e a Pais` dedicò nel 1946 un'ampia recensione, poteva sostenere che "la grande qualit` di questi film è di agganciare al supporto dell'intrigo il massimo di verit`, di sorprendere la vita nel suo farsi, di autenticare la minima immagine proiettata".

Gianni Rondolino, Roberto Rossellini, UTET, Torino 1989


In Roma citt` aperta il titolo stesso rivela un'apertura inconsueta: la gente, non i borghesi (che vivono nascosti nei loro uffici) ma la gente del popolo, vive all'aperto, nella citt`. Se il film è la storia di un caseggiato, lo è in quanto questo è un microcosmo che sintetizza (come un palcoscenico en plein air) la citt` intera: le nostre case gi` sono per Rossellini, nel '45, le nostre strade, e non più degli interni; la vita privata, le storie d'amore, coinvolgendo gli altri, si svolgono alla luce del sole; e la clandestinit` della lotta partigiana è una nuova prassi, che passa attraverso i tetti e non si cela nel basso delle cantine, e che collega in una rete articolatissima ciò che il nemico fa fatica a percepire, con le sue più vecchie coordinate culturali (ma gi` il nazista meglio del fascista: si veda la scena del maggiore Bergmann che "legge" la citt` nel suo ufficio attraverso le fotografie quotidiane: il suo è però un sapere improduttivo). Rossellini, gi` oltre la guerra, vive nello spazio della modernit`. Il centro, l'accentramento e l'accerchiamento sono combattuti e battuti: alla fine del film i bambini hanno ereditato l'esperienza di un decentramento, e la cupola di San Pietro non funziona più da meta ma da sfondo per un cammino "aperto", poiché bisogna sempre tenere presente la nostra eredit` culturale, che per Rossellini è soprattutto quella cattolica.

Adriano Apr` in Il neorealismo cinematografico italiano, a cura di Lino Micciché, Marsilio, Venezia 1975

Biografia

regista

Roberto Rossellini

Roberto Rossellini (Roma, 1906-1977) ha cominciato a lavorare nel cinema durante il fascismo. Emerso nel dopoguerra con i capolavori neorealisti Roma città aperta (1945), Paisà (1946) e Germania anno zero (1947), ha poi realizzato opere che indagano la solitudine, l’alienazione e la crisi della coppia – Stromboli terra di Dio (1950), Europa 51 (1952), Viaggio in Italia (1954) –, sempre sorretto da uno stile sperimentale e aperto su una realtà indagata con sguardo soggettivo. Negli anni Sessanta è passato alla televisione dedicandosi al cinema storico e didascalico.

FILMOGRAFIA

filmografia essenziale/essential filmography
La nave bianca (1941), Un pilota ritorna (1942), L’uomo della croce (1943), Roma città aperta (1945), Paisà (1946), Germania anno zero (1947), L’amore (ep. Una voce umana, 1948), La macchina ammazzacattivi (1948), Stromboli terra di Dio (1950), Francesco giullare di Dio (1950), Europa 51 (1952), Dov’è la libertà (1953), Viaggio in Italia (1954), Giovanna d’Arco al rogo (1954), La paura (1954), Le psychodrame (1956), India (1958), Il generale Della Rovere (1959), Era notte a Roma (1960), Viva l’Italia (1960), Vanina Vanini (1961), Anima nera (1962), La presa del potere da parte di Luigi XIV (tv, 1966), Atti degli apostoli (tv, 1968), Socrate (tv, 1970), Pascal (tv, 1971), Agostino d’Ippona (tv, 1972), Anno uno (1974), Il Messia (1975).

Cast

& Credits

Regia: Roberto Rossellini.
Soggetto: Sergio Amidei.
Sceneggiatura: Sergio Amidei, Federico Fellini, Roberto Rossellini, Alberto Consiglio.
Fotografia: Ubaldo Arata.
Scenografia: Renato Megna.
Musica: Renzo Rossellini.
Montaggio: Eraldo Da Roma.
Interpreti e personaggi: Aldo Fabrizi (don Pietro Pellegrini), Anna Magnani (Pina), Marcello Pagliero (ingegnere Giorgio Manfredi alias Luigi Ferraris), Francesco Grandjacquet (Francesco), Vito Annichiarico (Marcello, figlio di Pina), Nando Bruno (Agostino, sacrestano), Harry Feist (il maggiore Fritz Bergmann), Maria Michi (Marina Mari), Giovanna Galletti (Ingrid), Carla Rovere (Lauretta, sorella di Pina), Edoardo Passarelli (brigadiere), Akos Tolnay (il disertore austriaco), Carlo Sindici (il questore), Joop Van Hulzsen (il capitano Hartmann), Amalia Pellegrini (Nannina, la padrona della pensione), Alberto Tavazzi (il prete confessore all'esecuzione di don Pietro).
Produzione: Excelsa Film.
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