Anno: 1969
Durata: 105'


Protagonista del film è Edi, "regina" di un bar di Shinjuku frequentato da omosessuali. Egli uccide Leda, l'intrattenitrice che convive col padrone del locale. Prendendone poi il posto soddisfa le proprie brame. Ma ben presto scopre che il padrone è suo padre. Questi si suicida ed Edi si cava gli occhi con le sue stesse mani.

Il primo lungometraggio di Matsumoto Toshio, Bara no soretsu, è un'opera che si può vedere con tranquillit`. Lo penso innanzitutto perché, contrariamente ai film di produzione e distribuzione indipendente, apparsi in rapida successione a partire da questa primavera, che hanno tradito le mie attese deludendomi enormemente, Matsumoto, il miglior regista della sua generazione, riesce a mantenere interessante il suo lavoro senza mai annoiare. Devo anche dire che all'anteprima del film l'atmosfera era inusuale, tanto da sembrarmi di essere capitato ad una assemblea del mondo omosessuale di Tokyo. In mezzo a quel vociare carezzevole e a quegli odori, se non di cosmetici femminili, di indumenti intimi profumati, mi sentivo tutt'altro che rilassato.
La storia di Bara no soretsu è una sorta di tragedia di Edipo al rovescio. E viene subito in mente un possibile parallelo col famoso film di Pasolini, Edipo re. Forse, con consapevolezza, il regista usa anche Pasolini come mezzo per calarsi con sagacia nelle profondit` del racconto. E non solo Pasolini, ma anche Godard, Buñuel, Resnais, gli stessi Oshima Nagisa e Hani Susumu. [...]
Ne è venuto fuori un film che ci d` un certo sollievo perché in grado di far parte del cinema mondiale contemporaneo, piuttosto che del passato cinematografico giapponese, per il suo essere, insomma, internazionale, o, nella peggiore delle ipotesi, di nazionalit` indeterminata. […] Il regista ha creato uno spettacolo superbo, assemblando una trama semplice e lineare con un montaggio ritmato come da una mitragliatrice, attraverso cui passa dal presente al passato e viceversa. Matsumoto è in armonia col cinema d'avanguardia internazionale, tende ad una cinematografia universale, ci offre quel riso, quel brivido, di tanto in tanto anche quella noia, con cui, in un paio d'ore immersi nel buio, scopriamo noi stessi.
Matsumoto dichiara che la sua ambizione era quella di proporre una tenace riflessione ontologica sul mondo omosessuale. Non condensa fors'egli la repulsione e l'attrazione verso l'omosessualit` in quel momento in cui i ruoli si capovolgono e che in fondo conosciamo un po' tutti? Parlo in sostanza di quell'invertire il ruolo del maschio, che finora ha interpretato la parte maschile, per calarlo di colpo nella parte femminile e farlo uccidere da un uomo che invece ha valenza femminile. Mi sembra improbabile che un regista tanto scrupoloso nell'usare finzione e realt` non vi abbia fatto caso, ma i personaggi intervistati nel film, secondo lo stile del cinema verit`, sono tutti omosessuali femminei, e non c'è scena dove appaiano reminiscenze di quei tipi duri, un po' violenti, cui si deve molto della segregazione in cui versa l'omosessualit`.
La possibilit` di avvicendare senza limiti mascolinit` e femminilit` avvicina entrambi i sessi al divino, ma finché non si osa invadere e calpestare il giardino dei frutti proibiti dell'esistenza umana molte mani geniali, per quanta diversit` esprimano, forse non danno che un buffetto alla morale comune.
È così che vedo il fascinoso protagonista di questa opera, Edi, alias Pita, che è anche un autoritratto del nostro bravo regista. Pita, ammaliato dalla sua immagine allo specchio, si trucca vividamente e con una cura eccessiva anche per una vera donna. Le incarnazioni del narcisismo talora possono essere tranquillizzanti.

Matsuda Masao, "Kinema Junpo", n. 499, luglio 1969


L'altro giorno nella metropolitana c'era vicino a me una donna molto truccata e con un kimono molto costoso, tanto che ho pensato potesse essere una geisha. Tutti i passeggeri hanno iniziato a fissarla dalla testa ai piedi. Certo oggigiorno le geishe non sono viste con simpatia ma negli sguardi dei passeggeri, specialmente in quelli delle donne, c'erano lampi di odio.
Anche Edi, il protagonista di Bara no soretsu, è una presenza anormale, forse ancor più di una geisha. Se analizzassimo le reazioni della gente di fronte a realt` come queste, ci renderemmo conto di quanto siano semplici la sua mentalit` e il suo comportamento. Mi sembra doveroso lodare il regista Matsumoto per la scena in cui Edi, disperato e coperto di sangue, ormai quasi cieco, si scaglia contro la folla, una folla rappresentata come una massa stupida, malvagia e priva di valore. È una massa facilmente influenzabile, prigioniera di una logica di gruppo. È uno schiaffo al cinema millenario e sfacciato. Gli uomini, le donne, i ricchi, la feiicit` dei poveri, gli schiavi, tutto secondo una logica che non lascia spazio. E nella figura di Edi ho intravisto il poeta. Non il poeta inquadrato, ma il poeta che lavora secondo una logica diversa. Non il poeta che è al servizio delle masse, ma che si scontra con esse per far conoscere il loro destino. Il poeta che è solo. È l'idea del poeta senza famiglia che si avvicina ala figura di Edi. […]
Quando Shinoda Masahiro e Kuritsu Kiyoshi entrano nel locale di Edi, rappresentando la logica defle masse, ne escono sconfitti, senza essere riusciti a reggere il confronto. Anche se il regista talvolta ci lascia un po' delusi, si riscatta poi in un finale stupendo. Quando Edi si trafigge gli occhi, io stesso ho provato la sua identica sensazione di dolore.

Iijima Koichi, "Eiga Geijutsu", n. 9, settembre 1969

Biografia

regista

Matsumoto Toshio

Cast

& Credits

Regia e sceneggiatura: Matsumoto Toshio.
Fotografia: Suzuki Tatsuo.
Scenografia: Asakusa Setsu.
Musica: Yuasa Yoji.
Suono: Katayama Mikio.
Interpreti e personaggi: Pita (Edi), Osagasawara Osamu (Eda), Jo Yoshimi (Jimi), Nakamura Koichi (Juju), Tsuchiya Yoshio, Azuma Emiko.
Produzione: Matsumoto Puro/A.T.G.
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