Anno: 1961
Durata: 1108'


Siamo nel 1961. La banda di Himori si trova in difficolt` da quando la polizia ha imposto la chiusura della casa di tolleranza a Yokosuka, nei pressi di Tokyo, dove è di stanza una base navale americana. Si cerca di far soldi con ogni mezzo: furti, truffe, razzie, rapine, intimidazioni. Himori, dopo aver appreso che la carne suina scarseggia nella base, decide di allevare maiali per la flotta statunitense, e impiega in questa attivit` Kinta, gi` precedentemente al lavoro per lui. Kinta ha una ragazza, Haruko, che vorrebbe vederlo lontano dai gangster suoi amici; quando un giorno la ragazza rimane incinta. Kinta, che le promette sempre di cambiare vita, la fa abortire utilizzando i soldi della banda. Qualche tempo dopo viene ucciso dagli uomini della banda il capo di una banda rivale; Kinta accetta di comparire in tribunale come colpevole, con l'intesa di ricevere un ingente compenso. Ma il cadavere, gettato nella baia, viene alla superficie la notte successiva e Kinta lo scopre; il corpo viene cremato e così non restano tracce dell'omicidio.
La situazione precipita; la banda si spacca in due gruppi, uno comandato da Himori e l'altro da Gunji. Kinta nel frattempo si è riconciliato con Haruko dopo un litigio più grave degli altri, in seguito al quale la ragazza si era concessa ad alcuni marinai. Gunji gli promette ora un rapido guadagno con la vendita dei maiali rimasti, e Kinta si mette dalla sua parte. La fazione di Himori fa però il colpo per prima. Le due bande si scontrano nelle viuzze di Yokosuka, ma poi i loro capi trovano un accordo, a spese proprio di Kinta che dovrebbe risultare responsabile di un omicidio. Kinta non ci sta e si mette a sparare all'impazzata; ferito dai suoi ex amici, riesce ugualmente a liberare i maiali che si avventano terrorizzati nei vicoli, travolgendo Himori, Gunji e i loro uomini. Kinta muore mentre cerca di nascondersi all'arrivo della polizia; Haruko può vederlo solo da lontano mentre viene portato via su un'ambulanza. La ragazza decide allora di fuggire dall'ambiente in cui è vissuta fino ad allora, trasferendosi in un'altra citt`.

Adriano Piccardi, Angelo Signorelli (a cura di), Shoei Imamura, Bergamo Film Meeting, Bergamo 1987, pp. 967

Il film mette in scena la vita quotidiana della base navale americana di Yokosuka, una vita piena di avidit`, sesso e passioni umane, dipinta a colori sgargianti. Quando una corazzata entra in porto, improvvisamente, la gente della citt` si anima, a testimonianza del fatto che essa vive, da parassita, proprio grazie alla presenza degli americani. Tutti, come dei "maiali", si radunano al porto e i marinai, simili anch'essi a dei "maiali", vanno in cerca donne nelle case di tolleranza non autorizzate. In questa citt`, come il molare che duole, esercita i suoi affari illeciti la banda di "yakuza" guidata da Himori, che decide di sfruttare a proprio vantaggio la carenza di maiali, intraprendendone l'allevamento. Il nostro protagonista, Kinta (interpretato dall'attore Nagato Hiroyuki, che ha riscosso un grande successo), viene lanciato in questo vortice nei panni di un giovane "yakuza". Kinta manca di spirito critico: avrebbe forse potuto subito rendersi conto che quelli che lo circondano sono solo dei maiali, tuttavia questa possibilit` gli viene negata dal regista Imamura Shohei. Questi ne fa un personaggio permeato da un'anormale e per certi versi deforme innocenza. Ed è proprio questo fatto a decretare il successo del film. Imamura non rivela a Kinta che cosa significhi realmente la presenza della base militare americana (che rappresenta ancora oggi uno spinoso problema per la realt` sociale del Giappone). Così le parole e le azioni, ora tragiche ed ora comiche, che nascono dall'innocenza di Kinta, sono strutturate in modo tale da far sì che la presa di coscienza del protagonista avvenga in maniera graduale. Kinta è privo di occhi, quindi è anch'egli come un "maiale". Tuttavia appartiene al gruppo dei "maiali giusti", diventati tali per ingenuit`. Una sfumatura di tristezza pervade il giovane protagonista, una tristezza che deriva dalla deformit` della sua innocenza e che lo ossessiona. Ma è probabile che egli non abbia neanche gli occhi per accorgersi di essere un uomo triste. In un certo senso è privo di qualsivoglia sentimento. Anche il film è caratterizzato da una certa tristezza, ma, nonostante ciò, procede con ritmi armonici fingendo di non rendersi conto di tale sentimento. Gli spettatori non hanno il tempo di emozionarsi.
Haruko (interpretata da Yoshimura Jitsuku, un volto nuovo del mondo cinematografico, che ha recitato bene la sua parte) è la ragazza amata da Kinta. Lei ha gli occhi che mancano a quest'ultimo. "La banda Himori e tutti gli altri sono ormai senza speranza. Lavatene le mani e inizia una vita onesta in un altro luogo". A queste insistenti parole della ragazza, Kinta prende finalmente coscienza. Ma quella stessa notte la situazione precipita. Il giovane viene coinvolto negli scontri delle gang in cui si è scissa la banda di Himori, ed è in tale occasione che scorge appieno la realt` dei "maiali" del mondo degli "yakuza" e della societ` che lo circonda. Armato di mitraglietta, come diventato pazzo, apre il fuoco. Con il sangue che sgorga dalle ferite, libera i maiali che lui stesso ha allevato. Coloro che sono vissuti come dei maiali vengono investiti e calpestati dal branco. L'ironia del regista è alquanto amara e pungente. Kinta muore nel momento in cui riesce a vedere come stanno in realt` le cose. Haruko si volge al suo corpo ormai privo di vita e lo chiama ad alta voce. Infine decide di lasciare la citt`.
Il film dura circa due ore. Ripercorriamone i punti salienti: 1) È chiaro che esso è incentrato sul problema della "coscienza attiva" e che invita ad un'analisi profonda della psicologia dei personaggi. 2) Manca complessivamente di forza di persuasione, tuttavia, rifuggendo il dialogo, affida alle riprese della cinecamera la capacit` di "narrare" e quindi di analizzare e mettere sotto accusa la realt`, con forza sufficiente da rivelarne i lati nascosti. 3) Vedendo questo film ho riso tantissimo, ma non ero l'unico. Nel piccolo mondo che era stato sbarrato dall'oscurit`, le persone ridevano con naturalezza, ed io, incoraggiato da questa spontaneit`, ridevo assieme a coloro che mi stavano vicini. La risata univa gli uomini che si sentivano soli nell'oscurit` della sala. In realt` è anche possibile che abbia esagerato nel ridere, ma non ne ero affatto preoccupato poiché il regista stesso ha nascosto nel riso i germogli dell'ironia. 4) Il film lascia dietro di sé una vaga scia poetica. Ho detto che Kinta è un personaggio triste e che non può spartire questa tristezza con le altre persone. Forse perché Kinta stesso non si rende conto del fatto di essere triste e di questa tristezza non si accorgono neppure i genitori e nemmeno Haruko. È a causa di ciò che Kinta non riesce ad esprimere i propri sentimenti, a dare piena espressione alle proprie passioni. Kinta non piange, e neanche Haruko piange davanti alla morte di Kinta. Tuttavia quando la tristezza e il dolore di Haruko giungono all'estremo, il regista fa fare al cameraman un campo lungo. La corazzata entra in porto, i marinai stranieri attraversano la citt`. Vi sono le donne giapponesi che li accolgono agitando le mani in segno di saluto. Haruko va nella direzione opposta a quella di quel gruppo di donne. La cinecamera riprende tale scena catturando la citt` con uno sguardo "a volo d'uccello".

Tonegawa Yukata, "Eiga Geijutsu", n. 2, febbraio 1961


Nianchan (1959), primo soggetto "documentaristico", con alcune velleit` di critica sociale è la storia di quattro fratelli e sorelle dopo la morte del padre, un povero minatore insiste troppo sull'elogio, venato di umanesimo, di un personaggio in preda a un sogno di evasione (bisogna forse attribuire questo atteggiamento a un'esigenza produttiva). È il film di Imamura più semplice, meglio costruito, più perfetto ma anche il meno interessante. Buta to gunkan è senza dubbio il prodotto di una autocritica, di un diniego totale del film precedente e l'accesso ad una vera e propria drammatizzazione fondata su una realt` attuale (il 1960 era stato l'anno della celebre imponente manifestazione contro il Trattato di Sicurezza e di Alleanza Reciproca tra il Giappone e gli Stati Uniti). Il film non sfugge alle insidie di un certo schematismo ideologico, per quanto aperto alle interpretazioni simboliche. Alla fine dei titoli, una didascalia ci avverte: "tutto ciò che avviene in questo film è puramente immaginario". Questo avvertimento, che ricorda quelli di Buñuel, svela, pur mascherandole fallacemente, le intenzioni dell'autore: una realt` affermata viene nello stesso tempo negata attraverso il falso ricorso agli alibi dell'immaginario, della favola. Giocando sul simbolismo letterale sarebbe possibile, a rigore, schematizzare così gli elementi principali del film: Buta (i porci): la massa brulicante del popolo giapponese, disorientato. Gunkan (le corazzate): influenza degli Stati Uniti.
I gangster: le classi dirigenti della societ` giapponese che, corteggiando gli americani, opprimono la gente del popolo, burattini di cui manovrano i fili. Kinta, il giovane teppista: seguace dei precedenti, vittima del "movimento popolare".
Attraverso il movimento peristaltico di questi porci-gangster si rivelano sempre più chiaramente l'immagine della verit` umana e il meccanismo della realt` sociale. Il film è una sorta di racconto parabola narrato da un cronista sociologo: cronaca del tempo del disprezzo, del tempo dell'ingratitudine... Imamura analizza spietatamente i suoi personaggi, mostra tutta la loro bruttezza, li caccia nelle situazioni meno favorevoli: i "porci" calpestati a morte dai porci, l'arrivo trionfale delle corazzate americane, le ragazze che ne fanno l'accoglienza, impazzite di gioia...
C'è almeno un personaggio nel film che sfugge allo schematismo segnalato in precedenza, un essere reale, vivo, forte, che evoca Tome (Nippon konchu ki) e Sadako (Akai satsui), e che in più possiede un carattere positivo: quello della giovane Haruko. Innamorata di Kinta, cerca di dissuaderlo dal frequentare i gangster, allo scopo di vivere insieme una vita normale in seno alla societ`, Dopo la morte di Kinta, riparte sola, senza un lamento. In un'altra scena viene violentata da un gruppo di soldati americani. Mentre, dopo lo stupro, si toglie il rossetto con il dorso della mano, Imamura indica così che l'affronto subito è più di ordine fisico che morale. E quando lascia il suo quartiere dicendo: "ovunque vada, non potr` mai capitarmi nulla di peggio", la scena, girata con un superteleobiettivo, risulta impressionante in virtù di questa soppressione della distanza spaziale e il primo piano così ottenuto ha valore di interiorizzazione: sul suo volto si leggono la volont`, la speranza, e nello stesso tempo la tristezza [...] .

Yamada Koichi, "Cahiers du Cinéma", n. 166167, maggio-giugno 1965, trad. it. in AAVV., Cinema giapponese degli anni '60 , Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro 1972,
Quaderno informativo n. 42, pp. 37-9

Biografia

regista

Imamura Shohei

Cast

& Credits

Regia: Imamura Shohei.
Sceneggiatura: Yamauchi Hisashi
Fotografia: Himeda Shinsaku (Scope).
Luci: Iwaki Yasuo.
Scenografia: Nakamura Kimihiko.
Montaggio: Tanji Mutsuo.
Musica: Mayuzumi Toshiro.
Suono: Hashimoto Fumio.
Assistente alla regia: Urayama Kiriro.
Interpreti e personaggi: Nagato Hiroyuki (Kinta), Yoshimura Jitsuko (Haruko), Mishima Masao (Himori), Tanba Tetsuro (Tetsuji), Ozawa Shoichi (Gunji), Minamida Yoko, Osaka Shiro, Nakahara Sanae, Kato Takeshi.
Produzione: Nikkatsu.
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